Si leva domani in tutte le chiese cattoliche della Thailandia una preghiera commossa e devota per ricordare re Bhumibol Adulyadej, scomparso il 13 ottobre all’età di 88 anni, dopo oltre 70 anni di regno nella terra del Siam.
Mentre nel paese è stato proclamato un anno di lutto nazionale, su invito ufficiale della Conferenza episcopale, tutti i battezzati della piccola comunità cattolica thai – lo 0,1% su una popolazione di 67 milioni di abitanti in larga maggioranza buddisti – si riuniscono domenica 16 ottobre nelle loro cattedrali per commemorare un sovrano definito «modello di verità, di giustizia e di misericordia».
A Bangkok sarà il cardinale Francis Xavier Kriengsak Kovithavanij a celebrare la messa solenne di suffragio, in una giornata che anche altre comunità religiose del paese dedicheranno a riti funebri per ricordare l’amato monarca.
Il cardinale darà conto del messaggio di cordoglio inviato da Papa Francesco al Premier thailandese, in cui Bergoglio, «profondamente addolorato», esprime vicinanza spirituale ai membri della famiglia reale e a tutto il popolo. Il Pontefice prega perché, «come un giusto tributo al patrimonio di saggezza, forza e fedeltà del defunto re, tutti i thailandesi possano lavorare insieme per promuovere la via della pace».
La Chiesa cattolica thai ricorda oggi con orgoglio che il re, da bambino, ha frequentato l’asilo Mater Dei delle suore Orsoline. E che c’era, dunque, anche un pizzico del Vangelo della misericordia nella sua formazione e nel suo agire.
Un messaggio di condoglianze diffuso dai vescovi thailandesi celebra «il contributo del re alla società e al benessere della popolazione». E, nel tempo del Giubileo, i Pastori chiedono a tutti i fedeli di «ricordare le buone opere del re e riflettere sulla sua grande misericordia». Il sovrano, infatti, è noto per aver avviato oltre tremila progetti di sviluppo economico e sociale, specialmente nelle zone più povere del paese.
I vescovi ricordano che re Bhumibol ha visitato Papa Giovanni XXIII in Vaticano nel 1960 e ha poi accolto Giovanni Paolo II nel 1984 a Bangkok. Nel 2014, quando la Chiesa cattolica in Thailandia ha ricevuto le reliquie dei nuovi papi santi Giovanni XXIII e Giovanni Paolo II, il re le ha volute nel suo palazzo per rendere omaggio ai due pontefici da lui conosciuti.
Alla figura del sovrano i cattolici sono legati quanto tutti gli altri cittadini che oggi piangono la sua scomparsa: «Con la messa di commemorazione, i fedeli thai esprimono la loro piena partecipazione emotiva e affettiva», dice a Vatican Insider Peter Watchasin, docente al Seminario maggiore di Ratchaburi e Direttore nazionale delle Pontificie opere missionarie in Thailandia.
Dopo la scomparsa di un personaggio che per anni è stato un garante dell’ordine costituito e un elemento di forte stabilità per il sistema politico e sociale, secondo alcuni osservatori potrebbe aprirsi nel paese del Sudest asiatico una stagione di incertezza.
Il suo erede dinastico, infatti, il principe ereditario Maha Vajiralongkorn, ha dichiarato di non voler succedere al trono immediatamente, ma di aspettare la fine del periodo di lutto.
Vajiralongkorn ha mostrato poca attitudine ad essere re, avendo ripetutamente scandalizzato la nazione per una vita sregolata, anche se si è sempre cercato di non fare troppa pubblicità sulla sua discutibile condotta di vita.
Il figlio di re Bhumibol, inoltre, per anni ha vissuto all’estero e oggi non sembra riscuotere grande favore della popolazione, che letteralmente adorava suo padre.
Di questa situazione potrebbe approfittare la giunta militare, che è al potere dal maggio 2014: è probabile che, nei prossimi mesi, i generali cercheranno di focalizzare l’attenzione della popolazione, tirando a lungo il più possibile il «profondo dolore collettivo» che oggi percorre la nazione, mirando intanto a consolidare il proprio potere.
Secondo la roadmap disegnata dai militari, con il referendum tenutosi nell’agosto scorso i cittadini hanno approvato la Costituzione proposta dalla giunta (accogliendo, tra l’altro, la proposta di un Senato di 250 membri non eletti ma tutti nominati dal governo). Nel contempo il Primo ministro Prayut Chan-O-Cha ha annunciato che le elezioni generali si terranno nell’autunno del 2017.
Ora, con la mutata situazione del panorama istituzionale, i generali terranno fede a questi impegni? «Dovranno farlo – conclude Watchasin – altrimenti la popolazione thai non esiterà a levarsi e a indire una protesta di massa. Siamo fiduciosi nel ritorno della democrazia».