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Quando ansia e preoccupazione possono diventare un “peccato”

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Adenilton Turquete - pubblicato il 11/10/16
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Il mondo è malato, ma la malattia più grave non è provocata da infezioni, virus o epidemie, per quanto possa essere contagiosa. Le malattie psicosomatiche sono il segno di una società emotivamente frustrata e mentalmente malata. Milioni di persone sono schiacciati da problemi di ansia, e la preoccupazione provoca problemi domestici, fallimenti lavorativi, ingiustizie sociali e morti premature.

Una delle caratteristiche della preoccupazione è la sua natura contagiosa. Vari psichiatri credono che la preoccupazione sia molto più contagiosa di malattie infettive come la poliomielite e la difterite. La preoccupazione ha effetti devastanti non solo in chi ne soffre, ma in tutti coloro che circondano la persona interessata.

La parola “preoccupazione” deriva dalla parola greca “merimnao”, che è una combinazione di due parole: “merizo”, che significa “dividere”, e “nous”, che significa “mente” (includendo le facoltà percettive, di comprensione, sentimento, giudizio e determinazione).

Preoccupazione, quindi, significa “dividere la mente”. La preoccupazione divide la mente tra interessi degni e pensieri dannosi.

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Una persona con la mente divisa tra il successo e il fallimento fallirà sicuramente. Una mente divisa non raggiunge le sue mete, perché è sempre rosa dal dubbio.

La mente divisa è la sfiducia nei confronti di se stessi, è sentirsi incapaci anche quando si è pienamente qualificati a svolgere un certo compito. San Giacomo parla dello stato infelice della persona che ha la mente divisa, che definisce “un uomo che ha l’animo oscillante e instabile in tutte le sue azioni” (Giacomo 1, 8).

L’uomo non risoluto, dall’animo diviso, è incostante in tutto ciò che fa. È incostante nelle sue emozioni. È instabile nelle sue decisioni. È instabile nei suoi giudizi.

La preoccupazione è PECCATO

Preoccupandosi, la persona accusa Dio di falsità.

La Parola di Dio dice: “Sappiamo che tutto concorre al bene di coloro che amano Dio, che sono stati chiamati secondo il suo disegno” (Romani 8, 28).

La preoccupazione dice: “Tu menti, o Dio!”

La Parola di Dio dice: “Ha fatto bene ogni cosa” (Marco 7, 37).

La preoccupazione dice: “Tu menti, o Dio!”

La Parola di Dio dice: “Tutto posso in colui che mi dà la forza” (Filippesi 4, 13).

La preoccupazione dice: “Tu menti, o Dio!”

La Parola di Dio dice: “Non affannatevi di quello che mangerete o berrete, e neanche per il vostro corpo, di quello che indosserete… il Padre vostro celeste infatti sa che ne avete bisogno” (Matteo 6,25a, 32b).

La preoccupazione dice: “Tu menti, o Dio!”

La preoccupazione è un’ipocrisia, perché professa fede in Dio e allo stesso tempo attacca la sua fedeltà.

Come vincere la preoccupazione

Il nostro obiettivo in questo articolo è quello di sviluppare non un sistema di autoaiuto, ma un rapporto di fiducia reciproca tra noi e il nostro Dio. Siamo esseri con un’enorme carenza affettiva, abbiamo bisogno di relazionarci, di vivere in comunità, di essere parte della società. Spesso Dio è solo l’“agente supremo” della religione che pratichiamo, non l’autore della nostra vita e colui che ci fornisce tutto ciò di cui godiamo.

Dio è la persona più accessibile su cui possiamo contare, in ogni tempo e in qualsiasi momento. Basta una parola di preghiera, anche solo un gemito senza speranza, inesprimibile, per richiamare l’attenzione del Padre verso i figli.

Dobbiamo stabilire un equilibrio nel nostro rapporto con Dio, far sì che diventi una strada a doppia corsia, in cui entrambi possano avere accesso l’uno all’altro. La fiducia è la base di qualsiasi rapporto. Dobbiamo confidare nel fatto che le nostre preghiere stiano raggiungendo il loro obiettivo e che Dio, a Suo tempo, compirà i disegni e i propositi della nostra fede.

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Bibliografia: Haggai, John – Como vencer a preocupação, Copyright © 1981 by EDITORA VIDA

[Traduzione dal portoghese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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