Come fanno i sofferenti ad essere comunque gioiosi?Stavo gironzolando senza scopo su Facebook quando mi sono imbattuta in una battuta che ha colpito nel segno, e mi sono messa a ridacchiare sorpresa. Ho alzato gli occhi per guardare mio figlio, che stava studiando la mia faccia, come fa spesso, proprio mentre la sua si illuminava con un sorriso deliziato. Poi anche lui ha iniziato a ridere, prorompendo nella sua dimostrazione di gioia, che è due parti di risate e una parte di grida, per il puro piacere di fare rumore.
All’improvviso ho pensato che forse avevo appena scoperto com’è possibile che le persone che soffrono possano comunque essere gioiose: ha a che vedere con il modo in cui tengono gli occhi rivolti verso Dio, come hanno orientato tutto il proprio io verso di Lui.
Per via della sua recente canonizzazione, ho visto il volto splendido e raggiante di Madre Teresa un po’ ovunque, e i miei occhi vengono sempre attirati dal suo grande sorriso. E ora ricordo, al di là dell’orrore, della morte e del dolore a cui era esposta in modo costante, come Madre Teresa abbia vissuto la notte oscura dell’anima per la maggior parte della sua vita. Arrossisco paragonando la sua gioia con il mio cattivo temperamento nei confronti di qualsiasi contrattempo si possa immaginare.
Conosco, e probabilmente conoscete anche voi, persone che sembrano avere parte della gioia che aveva Madre Teresa. Queste persone hanno la misteriosa capacità di vivere la propria giornata sempre con un sorriso, indipendentemente da quello che viene riservato loro. Non hanno una vita più facile della nostra, anzi, spesso è molto più complicata. Qual è il segreto? Come riescono a sorridere?
A volte sono tentata di dire “Oh, per loro è naturale”. E sì, può essere che la loro gioia dipenda da una buona disposizione naturale, ma so perfettamente che non è tutto qui.
Una voce cinica dentro di me a volte si è chiesta se questi miei amici gioiosi, e perfino la stessa Madre Teresa, siano davvero autentici. E se, suggerisce astutamente, queste persone sante stessero solo compiendo un atto eroico di volontà, assumendo un’espressione felice soltanto per far sembrare il cristianesimo più affascinante per chi ancora non vi si è convertito?
Ma poi non riesco a guardare l’immagine di Madre Teresa senza vedere chiaramente che era ben più autentica di quanto possa essere io. Sapeva qualcosa che io non so? Dio le ha offerto qualche consolazione segreta?
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No. Leggeva gli stessi Vangeli che leggiamo noi. Era un essere umano, niente di più. Non conosceva il progetto di Dio per il mondo, e non ce n’era bisogno.
La risata di mio figlio non era meno autentica della mia perché non sapeva perché stessi ridendo. Anche se non coglieva lo scherzo, poteva sentire il mio piacere e rifletterlo. Poteva partecipare alla mia gioia perché mi stava guardando da vicino. Si stava concentrando sul mio viso. Era concentrato su di me con tutta la sua attenzione, con l’amore e lo stupore con cui qualsiasi bambino guarda la mamma. In questo momento io sono tutto il suo mondo.
Forse è questo che i santi fanno con Dio. Forse è questo che fa chiunque nutre la gioia: riflettere la gioia di Dio.
Mio figlio non aveva bisogno di sapere perché fossi felice. Doveva solo sapere che lo ero. Se non si fosse concentrato sul mio volto se lo sarebbe perso. Forse le persone tanto vicine a Dio, la cui vita è orientata verso il volto divino, vedono anche la Sua gioia e la riflettono nel mondo, come la luce dei diamanti.
La loro gioia non è meno autentica per via della loro sofferenza, e il fatto che siano gioiosi non significa che non soffrano. Visto, però, che più di ciascuno di noi guardano con attenzione il volto di Dio, possono partecipare alla Sua gioia indipendentemente dalla loro sofferenza.
Solo Dio conosce il segreto della Sua gioia. Dio non ci ha detto cosa farà per guarire il dolore e rendere giusto ciò che è sbagliato, e a volte non ho idea di come qualcuno possa vedere il male in questo mondo ed essere comunque felice. Ma non c’è bisogno di conoscere il Suo progetto per partecipare davvero alla gioia di Dio. Basta tenere gli occhi rivolti verso di Lui, concentrarsi su di Lui con tutta la propria attenzione, la propria volontà e il proprio essere.
[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]