La visita di Papa Bergoglio la scorsa settimana ha rappresentato per la Georgia «un evento molto importante perché il paese si sta avvicinando all’Europa e all’Occidente», e non c’era alcun motivo di criticarla o boicottarla, come hanno fatto alcuni esponenti del clero ortodosso locale: «Non vedo alcuno spazio per la protesta. Dovremmo essere ospitali. L’Europa è la nostra casa, culturalmente e storicamente». Così il premier di Tbilisi Giorgi Kvirikashvili – che ha accompagnato Papa Francesco alla Cattedrale di Svetitskhoveli a Mtskheta, insieme al patriarca ortodosso di Georgia Ilia II – ha commentato alcune polemiche sulla visita del Pontefice a Tbilisi, prima tappa del suo viaggio nel Sud Caucaso. Alla vigilia delle importanti elezioni parlamentari di sabato 8 ottobre, Vatican Insider lo ha intervistato.
Il Papa ha espresso la propria «profonda gratitudine» per la calorosa accoglienza ricevuta in Georgia. Quale valore ha avuto la visita per Tbilisi? Potrà aiutare in futuro ad alleviare le tensioni presenti nel Caucaso meridionale?
«Papa Bergoglio è arrivato da noi in un momento importante e delicato per la Georgia, col voto legislativo alle porte. La visita ruotava attorno ai temi della pace e della fratellanza: ha rinnovato quindi il messaggio di inclusione, tolleranza e rispetto che è alla base delle nostre politiche sociali. La Georgia è un paese ortodosso, ma la libertà di religione per noi non è solo un diritto legale, è anche una scelta storica del nostro popolo. Questa visita conferma che accogliamo la diversità a braccia aperte. Il dialogo interreligioso è fondamentale per il funzionamento di una democrazia inclusiva. I capi della Chiesa ortodossa georgiana e della Chiesa cattolica romana condividono questo obiettivo, e lavorano per realizzarlo concretamente: la visita del Papa ne è stata la dimostrazione».
Sono passati 13 anni dalla “Rivoluzione delle rose”, sei dalla guerra contro la Russia. Quali speranze oggi ha la Georgia di aderire alla UE?
«Il nostro sogno è costruire una società libera e ancorare la Georgia a una Europa unita sulla base di stessi valori e aspirazioni. Speriamo che le imminenti elezioni siano pluraliste, libere ed eque, e costituiscano un altro passo avanti verso lo sviluppo democratico e l’Occidente. Nel momento in cui l’unità dell’Unione Europea è messa a dura prova, il nostro cammino verso la UE è saldo, la maggior parte dei georgiani appoggia la scelta europea. L’esenzione dal visto ci avvicinerà maggiormente alla famiglia europea. Dimostrando che anni di riforme faticose hanno dato frutti: speriamo che Bruxelles riconosca i nostri sforzi e la conceda senza ritardo».
Siete uno dei paesi più filo-occidentali dell’ex Urss. Ma la vostra richiesta di entrare nell’Alleanza non è ancora soddisfatta…
«NATO e Georgia condividono rapporti stretti se non privilegiati. Come paese aspirante, contribuiamo attivamente alle operazioni a guida NATO: abbiamo meno di 4 milioni di cittadini, ma dispieghiamo il terzo più grande contingente di militari in Afghanistan. Ad agosto 2015 abbiamo aperto un Centro congiunto di Formazione e Valutazione NATO-Georgia. L’ammissione recente del Montenegro indica che la Nato persegue ancora una politica delle “porte aperte”: siamo determinati a seguirne le orme».
Con Mosca i rapporti diplomatici sono interrotti dall’agosto 2008, dopo il riconoscimento russo dell’indipendenza di Abkhazia e Sud Ossezia. Papa Francesco ha chiesto il rispetto del diritto internazionale e della sovranità del paese, aggiungendo che i rifugiati dovrebbero poter tornare liberamente alle loro case. Com’ è la situazione oggi nelle due regioni separatiste?
«I valori europei (diritti civili, libertà di scelta e stato di diritto) per noi sono fondamentali a contrastare ogni propaganda e disinformazione russa, e garantire la reintegrazione di tutti i cittadini, compresi quelli che vivono nei territori occupati, in una società democratica. Anche se la Russia continua a occupare il nostro territorio – in flagrante violazione del diritto internazionale – Abkhazia e Ossezia del Sud sono parte integrante della Georgia. Non abbiamo rinunciato a riunificare il nostro paese. Ma lo faremo soltanto attraverso mezzi pacifici e diplomatici, con il sostegno della comunità internazionale, per costruire fiducia tra chi vive su entrambi i lati della linea di occupazione. In questo contesto, la liberalizzazione dei visti sarà fondamentale per ricordare alla popolazione dei territori occupati i benefici dell’integrazione europea».