«Il cambiamento è il processo con il quale il futuro invade le nostre vite», diceva il saggista statunitense Alvin Toffler. Lo sa bene la città di Savigliano, provincia di Cuneo, uno dei centri più importanti del Piemonte per la produzione e lo studio delle erbe officinali e aromatiche. Il cambiamento risale all’inizio del ’700, quando furono abbattute le mura cittadine. La demolizione favorì la creazione di orti e giardini nei terrapieni tra la prima e la seconda cinta muraria. Appezzamenti di varie dimensioni, molti di proprietà degli ordini religiosi.
Le coltivazioni
A metà secolo si contavano almeno nove comunità. Tre erano monasteri femminili: quello di Santa Caterina, quello di Santa Monica e quello di Santa Chiara. Quattro maschili: il monastero di San Pietro, il convento di San Domenico, quello di San Francesco (oggi sede del Museo Olmo con l’antica farmacia ospedaliera) e il convento Casa dei Filippini. Fuori città, invece, trovavano dimora gli agostiniani e i cappuccini. Dal chiostro di San Francesco cunicoli segreti portavano alle due giornate di terreno possedute dai francescani nella zona delle ex mura cittadine. Tinture, tisane, unguenti, ma anche bevande e liquori a scopi terapeutici e degustativi. Vasta la produzione delle comunità religiose: a quel tempo erano i monaci a offrire cure alla popolazione. «Le coltivazioni erano quelle tipiche della cultura occidentale soprattutto erbe aromatiche e officinali – spiega Rosalba Belmondo, direttrice del museo Olmo -. Avevano un concetto produttivo degli spazi verdi e hanno tramandato le conoscenze agricole e botaniche degli antichi Greci, Romani e Arabi».
«Quintessenza»
Il legame con il mondo delle erbe coltivate non appartiene solo al passato di Savigliano, ma è fortemente legato a presente e futuro. A maggio la città ospita una manifestazione dedicata al settore, «Quintessenza», giunta alla diciannovesima edizione. Nell’ex convento di Santa Monica è attivo da 15 anni il corso triennale «Tecniche Erboristiche» dell’Università di Torino con 120 iscrizioni l’anno. E a Palazzo Taffini d’Acceglio, l’anno scorso, è stato aperto un polo museale tecno sensoriale unico in Italia, il «Múses». L’edificio in cui sorge risale a metà Seicento e fu residenza della famiglia Taffini, militari di professione alla corte dei Savoia ai quali gradualmente fu affidato il governo della città.
Nelle dodici sale del Múses è offerto un viaggio trasnazionale tra essenze, profumi e arte contemporanea. Punto di forza è l’aula didattica. «Visitatori, esperti o semplici curiosi imparano da giovani laureati, chef e artieri di successo cosa si può creare con erbe officinali e aromatiche – spiega Umberto Pecchini, procuratore legale di Terre dei Savoia, associazione che ha creato il polo – l’obiettivo comune è valorizzare i consumi dei prodotti naturali, sapori e profumi del Mediterraneo e dell’Europa».