Tra comuni tradizioni storiche e inconciliabilità dottrinali, quale ruolo ha avuto il cristianesimo nella nascita e nello sviluppo della spiritualità islamica?L’Islam e il cristianesimo hanno delle connessioni storiche e delle tradizioni in comune, benché ovviamente a livello teologico e dottrinale vi siano diversi punti di inconciliabilità. Entrambe sono nate in Medio Oriente, si considerano monoteistiche e vengono classificate come religioni abramitiche, cioè rivendicano Abramo (in arabo ابراهيم, Ibrahim) come parte della propria storia sacra.
Ebrei e cristiani sono considerati dai musulmani “popoli del libro”, cioè fedeli di quelle religioni che fanno riferimento a testi che lo stesso Islam ritiene di origine divina: la Torah per gli ebrei, l’Injil (Vangelo) per i cristiani, l’Avesta per gli zoroastriani e i Veda per gli induisti.
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Muhammed (محمد) visse in Arabia tra il VI e il VII sec. Ebbe numerosi contatti con ebrei e cristiani, parte di un più vario insieme di comunità monoteistiche con cui il profeta maturò alleanze politico-militari alternate a periodi di conflittualità. Nel suo Ashtiname – o Testamento – Muhammad indicò come fondamentale la tutela dei cristiani. Riportiamo una piccola parte della lettera (rimandiamo alla lettura di questo articolo per approfondire il dibattito sulla sua autenticità), che lo stesso Muhammad avrebbe “firmato” in calce con l’impronta della sua mano:
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Questa lettera è indirizzata agli ambasciatori dell’Islam, come alleanza data ai seguaci del Nazareno in Oriente e Occidente, a quelli vicini e lontani, agli arabi e agli stranieri, al noto e all’ignoto.
Questa lettera contiene il giuramento dato loro, e chi disobbedisce ciò che vi è scritto, sarà considerato un disobbediente e un trasgressore a quella Fede alla quale egli è comandato.
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Ogni volta che monaci, fedeli e pellegrini si riuniscono, sia in una montagna o valle, o tana, o luogo frequentato, o semplice, o la chiesa, o in luoghi di culto, in verità Dio è su di loro e li protegge, e protegge le loro proprietà e la loro morale, anche da me stesso, dai miei amici e dai miei assistenti, perché sono dei soggetti sotto la mia protezione.
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A nessuno è permesso di saccheggiare i pellegrini, o distruggere o rovinare una delle loro chiese, o case di culto, o di prendere una qualsiasi delle cose contenute all’interno di queste case e portarlo alle case dell’Islam.
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Le loro chiese devono essere onorate e non devono esserci impedimenti nella costruzione di luoghi di preghiera o la riparazione dei loro conventi.
Spetta a ognuno della nazione dell’Islam non contraddire e a rispettare questo giuramento fino al Giorno della Resurrezione e della fine del mondo.
Sono stati scritti saggi estremamente ricchi e approfonditi sulla molteplicità di rapporti tra i primi musulmani e i monoteisti a loro contemporanei. Non mi dilungherò dunque nella descrizione di tale affascinante seppur complesso argomento. È però interessante conoscere meglio quali siano, al di là delle influenze delle comunità giudeo-cristiane con cui entrò in contatto Muhammad, le convergenze storiche e di tradizione tra le due fedi. Quali siano, cioè, le radici cristiane dell’Islam.
Per usare le parole della celebre orientalista ed islamologa danese Patricia Crone, “le nuove religioni non sono mai il frutto assoluto della mente dei profeti, perché è impossibile spazzare via la cultura delle civiltà precedenti”. L’Islam non fece eccezione. Dal diciannovesimo secolo gli studiosi europei (soprattutto tedeschi, ma anche italiani, francesi, ungheresi e britannici) iniziarono ad esaminare il Corano con lo stesso approccio riservato al Vecchio e al Nuovo Testamento. Ci si iniziò a chiedere dunque se fosse l’ebraismo oppure il cristianesimo ad aver contribuito maggiormente allo sviluppo della teologia islamica come a noi nota.
Nel suo libro The Origin of Islam in Its Christian Environment [Edinburgh, 1925], Richard Bell scrisse: “Sia l’ebraismo che il cristianesimo svolsero un ruolo importante nella formazione della dottrina dell’Islam. È pacificamente riconosciuto che queste due fedi abbiano spiritualmente preparato il terreno per la ricezione del messaggio islamico in Arabia. È difficile stabilire una predominanza di influenza dell’una o dell’altra fede. Perché le stesse hanno tantissimo in comune, e dobbiamo ricordarci che vi erano diverse forme di cristianesimo considerabili in una posizione intermedia tra la Chiesa Ortodossa del VII sec. e l’ebraismo da cui nacque. Ed è proprio in Oriente, lungo i confini dell’Arabia, che queste correnti giudaiche del cristianesimo sono state a lungo preservate nella loro forma. Alcuni elementi coranici ed islamici che possono apparire squisitamente ebraici, potrebbero in realtà essere stati diffusi da canali nominalmente cristiani. Ma resta comunque impossibile negare l’ampia influenza esercitata dall’ebraismo”.
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Nella nona bolgia dell’ottavo cerchio, Dante incontra un uomo col corpo lacerato e con le interiora da fuori, che descrive così: «Or vedi com’ io mi dilacco! vedi come storpiato è Mäometto!» (XXVIII, vv. 30-31). Dante colloca Mäometto ed ‘Ali tra i seminatori di discordia, rimproverando loro non tanto di professare una falsa religione, quanto di aver provocato la separazione della comunità degli uomini. Come diversi altri cristiani medievali, anche Dante Alighieri tendeva a vedere nell’Islam una forma scismatica del cristianesimo, piuttosto che una religione nemica.
Uno dei principi fondamentali dell’Islam è l’unicità assoluta (in arabo Tawhid, ﺗﻮﺣﻴﺪ) che rende inaccettabile per la fede islamica (come anche per l’ebraismo) il concetto di Trinità. Nell’Islam Gesù è considerato Messia, profeta e messaggero di Dio da rispettare e amare, ma non è Figlio dell’Altissimo, né tantomeno viene riconosciuta a lui alcuna divinità; lo Spirito Santo invece è identificato con l’angelo Gabriele (in arabo Jibril, جبريل) che – benché non abbia alcun attributo di divinità – è incaricato di trasmettere la Rivelazione ai profeti.
Ma al netto di questi e molti altri aspetti intrinsecamente diversi tra Islam e cattolicesimo (che provocano a mio avviso una difficile conciliabilità teologica, dottrinale e soteriologica tra le due fedi), vi sono alcune riflessioni che vanno fatte in merito alla considerazione che il Corano ha di “coloro che vi hanno preceduto“, locuzione con cui il libro sacro dell’Islam si riferisce a cristiani ed ebrei (cfr. “O voi che credete, vi è prescritto il digiuno come era stato prescritto a coloro che vi hanno preceduto. Forse diverrete timorati” – Sura 2:183).
In particolare, come accennato inizialmente, Torah e Vangelo vengono considerati mandati da Dio. Sono diversi i versetti che lo dimostrano:
– “Abbiamo dato il Libro a Mosè, e dopo di lui abbiamo inviato altri messaggeri” (Sura 2:87)
– “Ha fatto scendere su di te il Libro, con la verità, a conferma di ciò che era prima di esso. E fece scendere la Torâh e l’Ingîl in precedenza, come guida per le genti” (Sura 3:3)
– “Facemmo scendere la Torâh, fonte di guida e di luce” (Sura 5:44)
– “Facemmo camminare sulle loro orme Gesù figlio di Maria, per confermare la Torâh che scese prima di lui. Gli demmo il Vangelo, in cui è guida e luce, a conferma della Torâh che era scesa precedentemente: monito e direzione per i timorati. Giudichi la gente del Vangelo in base a quello che Allah ha fatto scendere … Ad ognuno di voi abbiamo assegnato una via e un percorso. Se Allah avesse voluto, avrebbe fatto di voi una sola comunità” (Sura 5:46-48)
Un altro aspetto degno di riflessione è la considerazione che il Corano riserva a Maria, alla cui figura è dedicata l’intera sura 19 (è inoltre citata molte volte nella sura 3).
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Alcune osservazioni:
– I musulmani venerano Maria come una delle “donne eccellenti”, insieme ad Asiya (madre di Mosè), a Khadija (prima moglie di Muhammad), e a Fatima (unica figlia sopravvissuta di Muhammad);
– Nel Corano Maria è nominata più volte che nell’intero Nuovo Testamento;
– Uno degli appellativi con cui i musulmani chiamano Maria è al-Sayyidah (السيدة), cioè “signora” o “padrona”. Madonna (dal latino Mea Domina) significa proprio “mia signora”;
– Nel Corano a Maria viene dato l’appellativo di al-Siddiqah (صِدِّيقة), cioè “colei che è sempre veritiera”, attributo riservato a coloro – dopo i profeti – che vengono considerati più vicini a Dio;
– A lei sono dedicate la moschea “Mary Mother of Jesus Mosque” di Victoria, in Australia, e la “Mosque Maryam” di Chicago.
Appare dunque innegabile una forte permanenza, soprattutto ma non esclusivamente nelle prime comunità di musulmani, delle nozioni religiose cristiane.
Il Corano contiene le rivelazioni che, stando alla narrativa islamica, Dio avrebbe dato a Muhammed tra il 609 e il 632 tramite l’angelo Gabriele. Fu Othmàn ibn Affàn, il terzo califfo ben guidato, a ordinare la raccolta e la sistemazione di tali rivelazioni in un unico testo.
Ma vi sono opinioni contrastanti circa la sua effettiva origine. L’orientalista tedesco Christoph Luxenberg (pseudonimo), nel suo libro Die Syro-Aramäische Lesart des Koran ( “L’interpretazione siro-aramaica del Corano”), sostiene che il testo sacro dell’Islam sia stato fortemente influenzato dalla letteratura e dalla cultura ebraico-cristiana. Il libro, pubblicato nel 2000, ha ricevuto una pesante opposizione da parte di molte autorità politiche di paesi a maggioranza musulmana.
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Una delle tesi centrali di Luxenberg è che il Corano provenga da una traduzione in lingua araba di un testo originale in siriaco. Come ricordato da Peter J. Leithart su First Things, alcune parole che non hanno radice araba sarebbero delle arabizzazioni di termini siriaci. Luxenberg citò il Corano stesso per giustificare la sua ipotesi di traduzione in arabo di alcuni temi religiosi pre-esistenti: “Abbiamo reso facile questo [Corano], nel tuo idioma, affinché riflettano” – Sura 44:58
Su Avvenire Lorenzo Fazzini cita lo studioso Joan Van Reeth, che mette a confronto i versetti evangelici in cui Gesù si auto-presenta come inviato del Padre e l’auto-presentazione di ‘Isa (عيسى, il nome arabo di Gesù) nella sura 3: «Il redattore del Corano aveva il testo evangelico davanti a sé, o almeno lo aveva presente in testa, dal momento che il Profeta cita le affermazioni di Gesù con le loro caratteristiche formali proprie. Maometto e la sua comunità conoscevano dell’ebraismo, del cristianesimo, del manicheismo e dello gnosticismo molto più di quello che spesso erano disponibili a riconoscerlo»
Per Fazzini “i residui biblici, sia apocrifi che canonici (tra cui i Salmi), così come di testi cristiani più recenti, sono numerosi nel Corano: il Vangelo dello pseudo Matteo, frammenti delle profezie di Montano e delle sue profetesse, gli scritti siriaci di San Efrem segnalano le contaminazioni che l’islam ha ricevuto dal primo cristianesimo”.
Nel libro The Hidden Origins of Islam: New Research into Its Early History, lo storico Karl-Heinz Ohlig analizza con lo stesso metodo l’iscrizione della Cupola della Roccia, che presenta una quasi totale aderenza alla Shahada, la testimonianza di fede islamica (Testimonio che non c’è divinità se non Dio e testimonio che Maometto è il Suo Messaggero – أشهد أن لا إله إلا الله وأشهد أن محمدا رسول الله ).
La scritta presente nel santuario islamico di Gerusalemme recita: “Non c’è altra divinità all’infuori di Dio… Muhammed servo di Dio e messaggero”. Luxenberg segnala che Muhammed, solitamente inteso come nome proprio, in arabo ha il significato di “esaltato” o “grandemente lodato”, e che i cristiani siriaci guardavano con scetticismo il Credo di Nicea, preferendo per Gesù il titolo di “servo”, piuttosto che “figlio” di Dio.
L’iscrizione dovrebbe dunque essere letta così, secondo Luxenberg: “Non c’è altra divinità all’infuori di Dio… Sia esaltato il servo di Dio, Suo messaggero”. Dove il riferimento sarebbe a Gesù, figlio di Maria. Ohlig sostiene inoltre che “la concezione di Dio, la Cristologia, l’escatologia e molte altre affermazioni teologiche presenti nel Corano, siano sorte in seno alla tradizione cristiana siriaca”.
Chiunque studi arabo sa benissimo che sì, la radice triconsonantica Ḥ-M-D da cui deriva il nome Muhammad abbia il significato di “lode” in arabo (si consideri l’esclamazione araba alhamdulillah – للهالحَمْد – sia lode a Dio, utilizzata anche da ebrei e cristiani arabofoni) e “desiderio” in ebraico. Potrebbe apparire difficilmente difendibile, esclusivamente in base a tale evidenza linguistica, l’ipotesi di Ohlig in merito all’iscrizione di Gerusalemme. Ma la sua posizione globale sull’argomento, benché estremamente minoritaria (se non addirittura singolare), ha comunque il ruolo indispensabile di alimentare il dibattito sull’intricata questione delle origini del testo della spiritualità islamica.