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Cresce il «global south» tra i gesuiti che scelgono il nuovo superiore

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Iacopo Scaramuzzi - Vatican Insider - pubblicato il 27/09/16
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Dal tre ottobre al via a Roma la 36esima congregazione generale sulla scelta del successore di padre Adolfo Nicolas. E’ la prima volta con un Papa gesuita. Lombardi: «Sentiamo una sintonia spirituale e di prospettive piuttosto forte con quello che dice e propone alla Chiesa, ma viviamo questo con grande libertà»Cresce il «global south», e in particolare Africa e Asia, tra i gesuiti che, da lunedì prossimo, tre ottobre, terranno a Roma la 36esima congregazione generale dalla fondazione del più grande ordine religioso della Chiesa cattolica romana da parte di sant’Ignazio di Loyola (1540), convocata per eleggere il successore del dimissionario Adolfo Nicolas, 30esimo superiore generale della Compagnia di Gesù.

Nella sede rinnovata della Curia generalizia, a poca distanza del Vaticano, si riuniranno 212 elettori (206 sacerdoti e sei «fratelli» laici), a loro volta eletti dalle rispettive provincie (tre sono stati nominati dal superiore), provenienti da 62 paesi. Rispetto all’ultima congregazione generale, che si è svolta nel 2008, ha sottolineato nel corso di un briefing padre Antonio Moreno, provinciale delle Filippine, il «global south» è aumentato del cinque per cento, passando dal 54% al 59% degli elettori. In particolare, la percentuale di elettori africani è passata da otto a dieci, quella di elettori di Asia e Oceania da 28 a 33, mentre è rimasta stabile al 15% la presenza dell’America del nord ed è calata quella degli altri continenti (Europa dal 31% al 26%, America del sud dal 18% al 16%). Una configurazione che rappresenta piuttosto fedelmente le tendenze statistiche in seno alla Compagnia di Gesù.

I gesuiti, ha ricordato nel corso del briefing padre Federico Lombardi, ex direttore della sala stampa della Santa Sede, sono oggi 16.740, suddivisi all’incirca così: 5000 in Europa, 5000 in America del nord e del sud, 5600 in Asia e Oceania (una grande maggioranza, 4000, solo in India), 1600 in Africa. Se le vocazioni, nel corso dell’ultimo mezzo secolo, sono molto calate, sono però aumentate in Africa e Asia, anche tra i più giovani: il 63% dei novizi (coloro che hanno chiesto di divenire gesuiti), ad esempio, ed il 65% degli scolastici (i gesuiti studenti) vengono da questi due continenti. Solo in Vietnam, è ancora un esempio citato da padre Lombardi, se nel 1975, anno in cui i gesuiti stranieri furono cacciati dal paese, erano 26, oggi sono 210. «Non sappiamo se il prossimo superiore verrà dal global south», ha precisato padre Moreno, «l’importante è che sia la persona adatta a guidare la compagnia in base alle priorità che la congregazione generale individuerà».

La 36esima congregazione generale è stata convocata dal superiore, padre Adolfo Nicolas, che ha deciso di rassegnare le dimissioni raggiunti gli ottant’anni di età, con una lettera a tutti i gesuiti del dicembre di due anni fa, preannunciata nel maggio precedente , che ha innescato la preparazione dell’organo supremo di governo dell’ordine da parte del comitato di preparazione (Coetus Praevius). Per la prima volta nella storia dei gesuiti, questa volta gli elettori si sono incontrati nelle sei conferenze (Africa, Asia-Pacifico, Asia meridionale, Europa, America latina e Canada-Usa nell’ottobre del 2015 per dare avvio alle 36esima congregazione generale con una sorta di lavoro istruttorio. Il ruolo di superiore generale è tradizionalmente vitalizio, ma già padre Peter-Hans Kolvenbach nel 2008 e padre Perdo Arrupe nel 1983 (le dimissioni, in realtà, furono rifiutate una prima volta da Giovanni Paolo II, ma Arrupe l’anno successivo fu colpito da ictus e, una volta dimessosi, Karol Wojtyla commissariò di fatto i Gesuiti) si sono dimessi prima di padre Nicolas.

La presenza, per la prima volta, di un Papa gesuita, rende la 36esima congregazione «un incontro speciale» e «c’è il progetto di un incontro» con Francesco, ha detto padre Moreno senza fornire dettagli. Le indicazioni che il Papa, in diverse occasioni dal Conclave del 2013, ha indirizzato ai gesuiti, ha sottolineato padre Orlando Torres, rettore del Collegio Internazionale del Gesù, sono ben compendiate in un articolo recentemente apparso sulla Civiltà cattolica a firma di padre Elias Royon («Che cosa ha detto Papa Francesco ai gesuiti?»).

Padre Lombardi ha sottolineato, in risposta a chi domandava se ci sia un «effetto Bergoglio» tra le vocazioni dei gesuiti: «Abbiamo un Papa gesuita e ne siamo contenti, sentiamo una sintonia spirituale e di prospettive piuttosto forte con quello che dice e propone alla Chiesa, ma viviamo questo con grande libertà. Ignazio ha messo la Compagnia a servizio del Papa, vicario di Cristo, chiunque egli fosse. La Compagnia di Gesù ha lavorato da più di 400 anni a servizio della Chiesa in base alle missioni indicate dal Papa e continuerà a farlo anche in futuro a prescindere da chi sia il Papa perché il Papa è il Papa e la Compagnia è a sua disposizione sempre».

Il giorno prima l’avvio dei lavori, domenica due ottobre alle 17.30 nella chiesa del Gesù, verrà celebrata una messa di apertura presieduta, come è tradizione dal maestro dell’ordine domenicano, padre Bruno Cadore. Il primo punto all’ordine del giorno, è stato sottolineato al briefing moderato da padre Patrick Mulemi, direttore dell’ufficio Comunicazioni e Pubbliche Relazioni della Compagnia, sarà l’elezione del nuovo superiore, prevedibilmente all’inizio della seconda settimana, dopo quattro giorni di preghiera, raccoglimento e penitenza durante le quali gli elettori si interrogano, si scambiano informazioni, si incontrano, cercando di individuare, con colloqui personali (da qui il nome «murmurationes» di queste quattro giornate) il candidato ideale per guidare la Compagnia di Gesù. «Non ci sono candidati, e una apposita commissione de ambitu vigila sull’ipotesi che qualcuno, mosso dall’ambizione, stia promuovendo se stesso o qualcun altro», ha raccontato nel corso del briefing padre Torres. L’elezione avviene con la maggioranza semplice e, solitamente, dopo le quattro giornate di discernimento avviene in modo piuttosto rapido e «sereno»: l’elezione di padre Nicolas avvenne al secondo scrutinio, quella di padre Kolvenbach al primo. Il Papa sarà la prima persona informata dell’elezione (non deve dare la sua approvazione ma solo essere informato) e il nome verrà poi reso pubblico. La congregazione generale, a quel punto, proseguirà con la scelta dei collaboratori del nuovo superiore e discuteranno di «problematiche centrali per la Compagnia, tra cui la missione, la struttura, la vita e il lavoro dei gesuiti». Non vi è una durata prefissata del capitolo, che, hanno spiegato i gesuiti nel briefing, «durerà quanto durerà», e prevedibilmente non finirà prima di novembre (nel 2008 la durata fu di 58 giorni). Una messa di chiusura presso la chiesa di Sant’Ignazio segnerà la fine dei lavori.

A quel punto padre Nicolas, a lungo missionario in Giappone, potrà prendere congedo dalla Curia generalizia di Roma. In una recente intervista al direttore della Civiltà cattolica, padre Antonio Spadaro, il superiore dimissionario dei gesuiti ha espresso alcuni auspici per la prossima congregazione generale: «In primo luogo che venga eletto un buon Superiore generale, cosa non troppo difficile, dato che la Compagnia è sopravvissuta a me», ha esordito. «Mi attendo che la Congregazione discernerà su come migliorare la nostra vita religiosa e come migliorare il nostro servizio alla Chiesa e al Vangelo nel «servizio delle anime», come voleva sant’Ignazio. Così, mi auguro che il frutto della Congregazione sia una migliore vita religiosa nello spirito del Vangelo e una rinnovata capacità d’immaginazione. Rispetto alla precedente Congregazione i tempi sono cambiati. Abbiamo bisogno di audacia, fantasia e coraggio nell’affrontare la nostra missione come parte della più grande missione di Dio nei confronti del nostro mondo. Poi spero che il Papa si rivolga alla Congregazione presentando i suoi sentimenti e le sue preoccupazioni». Quanto al futuro del cristianesimo, padre Nicolas fa propria una tripartizione suggeritagli da un vescovo giapponese: «Quanto più viaggio in giro per il mondo, tanto più penso che quel vescovo avesse ragione: l’Asia è la Via; l’Europa e gli Usa si preoccupano della Verità; l’Africa e l’America Latina sono Vita e mantengono vivi i valori (amicizia, famiglia, bambini ecc.) che in altre parti del mondo abbiamo dimenticato. Per noi gesuiti è significativo che — se ben capisco — sant’Ignazio fosse più interessato alla Via, cioè a come crescere ed essere trasformati in Cristo, che ad altre cose. La sfida, per noi cristiani, è che abbiamo bisogno di tutti, di tutte le sensibilità di tutti i Continenti, per raggiungere la pienezza di Cristo, che è anche la pienezza della nostra umanità. Questa visione è presente dietro tutti gli appelli di Papa Francesco a favore di migranti e rifugiati».

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