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L’ordinario militare: occorre custodire le persone, non i confini

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Vatican Insider - pubblicato il 21/09/16
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È il messaggio lanciato da monsignor Santo Marciano’ al Congresso dell’Apostolato Militare Internazionale, in corso in Olanda. «Lo scarto dei rifugiati inizia proprio da una cultura che divide il mondo in ricchi e poveri»Custodire persone, non confini! È il messaggio lanciato dall’ordinario militare per l’Italia, monsignor Santo Marciano’, al Congresso dell’Apostolato Militare Internazionale, in corso a Vught (Olanda). Il presule ha relazionato ieri sul tema: «I rifugiati alla luce della Laudato Sì e dell’Anno della Misericordia».

«Lo scarto dei rifugiati – ha ribadito – non è solo il rifiuto che può esserci alle frontiere ma inizia proprio da una cultura che divide il mondo in ricchi e poveri, potenti e deboli, facendo sempre ricadere sui deboli le conseguenze di ogni ingiustizia e discriminazione, anche quella contro il creato».

«C’è però anche chi, come l’Italia, – ha aggiunto il vescovo castrense – si è assunta una tale responsabilità di soccorso e di accoglienza? Ed in questa `responsabilità´ si colgono, dunque, inedite sfumature della missione dei militari, quasi un `nuovo profilo´, disegnato sul serio e significativo impegno di combinare l’accoglienza con la sorveglianza, la protezione dei cittadini con il soccorso agli stranieri. Se la Chiesa tutta non può non essere inquietata da questa emergenza umanitaria, ancor più la Chiesa che è tra i militari se ne deve sentire interpellata».

L’accoglienza pastorale dei rifugiati, per Marciano’ «porta alla luce un nuovo, vasto, e direi entusiasmante campo di evangelizzazione e carità per l’Apostolato Militare Internazionale, attento all’annuncio evangelico e alla promozione della cultura della pace».

Ecco, dunque, la missione consegnata oggi ai militari cristiani e a tutto il mondo militare: «trasformare quei confini, che altri vogliono serrare, in varchi di accoglienza nella nostra «casa comune»; in Porte Sante, attraversando le quali i rifugiati possano «fare esperienza della Divina Misericordia anche grazie alle persone che li aiutano».

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