Così il pontefice a Santa Marta prima di partire per l’incontro di Assisidi Alessandro De Carolis
In ginocchio a pregare il Dio della pace, insieme, “oltre le divisioni delle religioni”, fino a sentire la “vergogna” della guerra e senza “chiudere l’orecchio” al grido di dolore di chi soffre. Lo spirito col quale il Papa è partito per Assisi è stato spiegato da Francesco stesso all’omelia della Messa celebrata prima della partenza in Casa S. Marta.
“Non esiste un dio di guerra”. La guerra, la disumanità di una bomba che esplode facendo morti e feriti, tagliando la strada “all’aiuto umanitario” che non può arrivare a bambini, anziani, malati, è solo opera del “maligno” che “vuole uccidere tutti”. Per questo, è necessario pregare, anche piangere per la pace, tutte le fedi unite nella convinzione che “Dio è Dio di pace”.
Non chiudiamo l’orecchio
Il grande giorno di Assisi, 30 anni dopo Giovanni Paolo II, parte dalla piccola cappella di Casa S. Marta. “Oggi, uomini e donne di tutte le religioni, ci recheremo ad Assisi. Non per fare uno spettacolo: semplicemente per pregare e pregare per la pace”, sono le prime parole del Papa all’omelia. E ovunque, ricorda Francesco – come da lui chiesto in una lettera “a tutti i vescovi del mondo – oggi sono organizzati “raduni di preghiera” che invitano “i cattolici, i cristiani, i credenti e tutti gli uomini e le donne di buona volontà, di qualsiasi religione, a pregare per la pace”, giacché – esclama nuovamente – “il mondo è in guerra! Il mondo soffre!”:
“Oggi la Prima Lettura finisce così: ‘Chi chiude l’orecchio al grido del povero, invocherà a sua volta e non otterrà risposta’. Se noi oggi chiudiamo l’orecchio al grido di questa gente che soffre sotto le bombe, che soffre lo sfruttamento dei trafficanti di armi, può darsi che quando toccherà a noi non otterremo risposte. Non possiamo chiudere l’orecchio al grido di dolore di questi fratelli e sorelle nostri che soffrono per la guerra”.
La guerra parte dal cuore
Noi la guerra “non la vediamo”, sostiene Francesco. “Ci spaventiamo” per “qualche atto di terrorismo” ma “questo non ha niente a che fare con quello che succede in quei Paesi, in quelle terre dove giorno e notte le bombe cadono e cadono” e “uccidono bambini, anziani, uomini, donne…”. “La guerra è lontana?”, si chiede il Papa. “No! E’ vicinissima”, perché “la guerra tocca tutti”, “la guerra incomincia nel cuore”:
“Che il Signore ci dia pace nel cuore, ci tolga ogni voglia di avidità, di cupidigia, di lotta. No! Pace, pace! Che il nostro cuore sia un cuore di uomo o di donna di pace. E oltre le divisioni delle religioni: tutti, tutti, tutti! Perché tutti siamo figli di Dio. E Dio è Dio di pace. Non esiste un dio di guerra: quello che fa la guerra è il maligno, è il diavolo, che vuole uccidere tutti”.
Sentire la vergogna
Di fronte a questo non possono esserci divisioni di fede, ribadisce Francesco. Non basta ringraziare Dio perché magari la guerra “non ci tocca”. “Sì, ringraziamo per questo – dice – ma pensiamo anche agli altri”:
Pensiamo oggi non solo alle bombe, ai morti, ai feriti; ma anche alla gente – bambini e anziani – alla quale non può arrivare l’aiuto umanitario per mangiare. Non possono arrivare le medicine. Sono affamati, ammalati! Perché le bombe impediscono questo. E, mentre noi oggi preghiamo, sarebbe bello che ognuno di noi senta vergogna. Vergogna di questo: che gli umani, i nostri fratelli, siano capaci di fare questo. Oggi giornata di preghiera, di penitenza, di pianto per la pace; giornata per sentire il grido del povero. Questo grido che ci apre il cuore alla misericordia, all’amore e ci salva dall’egoismo.