«Implorano pace le vittime delle guerre, che inquinano i popoli di odio e la Terra di armi». Papa Francesco pronuncia la sua meditazione durante la preghiera ecumenica dei cristiani nella basilica inferiore di San Francesco ad Assisi. È uno dei momenti di preghiera che ha visto i credenti delle diverse religioni pregare in gruppi separati, ognuno secondo le proprie tradizioni.
È iniziato così il pomeriggio pubblico della visita papale nella città di Francesco. Bergoglio era arrivato alle 11.30 e aveva salutato uno ad uno i duecento partecipanti alle tavole rotonde del meeting organizzato dalla Comunità di Sant’Egidio nel trentennale di quella convocata da Giovanni Paolo II. Quindi c’è stato un pranzo all’interno del convento francescano, con quattrocento persone, al quale hanno partecipato anche alcuni profughi e si è festeggiato con una torta il 25° anniversario dell’elezione di Bartolomeo I quale Patriarca ecumenico di Costantinopoli.
Il Papa ha poi incontrato singolarmente lo stesso Bartolomeo, il patriarca siro-ortodosso di Antiochia Aphrem II, l’arcivescovo di Canterbury Justin Welby, il filosofo Zygmut Bauman, il presidente degli ulema indonesiani Din Syamsuddin e il gran rabbino David Rosen. Quindi ha raggiunto i cristiani radunati nella basilica inferiore per la preghiera comune.
Il primate anglicano Justin Welby ha detto che «noi viviamo in un mondo che fatica a distinguere ciò che costa da ciò che vale… Guardiamoci intorno in Europa oggi», le «nostre economie possono permettersi di spendere tanto, ma non sono altro che fondamenta di sabbia. Malgrado tutto, siamo comunque preda dell’insoddisfazione e della disperazione: nello sfascio delle famiglie; nella fame e nelle disuguaglianze; nel rivolgerci agli estremismi». «Dobbiamo ascoltare Dio» che spesso ci parla «attraverso la voce dei più abbandonati e dei più poveri».
Il Patriarca Bartolomeo, nella sua meditazione, ha detto: «Marana-Thà – “Vieni Signore Gesù” è la massima testimonianza di ogni cristiano… e più che mai risuona oggi in troppe aree del mondo e soprattutto in Medio Oriente. Ma per poter gridare anche noi “Vieni Signore Gesù” con i nostri fratelli assetati di pace, dobbiamo come Chiese attraversare una metànoia, una conversione intrinseca, un cambio radicale di mentalità, un profondo ravvedimento, ed essere capaci come cristiani di attuare ciò che in sintesi ci richiama il Libro dell’Apocalisse: ascolto, conversione, testimonianza profetica».
Prendendo la parola, Papa Francesco ha detto: «Le parole di Gesù ci interpellano, domandano accoglienza nel cuore e risposta con la vita. Nel suo “Ho sete” possiamo sentire la voce dei sofferenti, il grido nascosto dei piccoli innocenti cui è preclusa la luce di questo mondo, l’accorata supplica dei poveri e dei più bisognosi di pace. Implorano pace le vittime delle guerre, che inquinano i popoli di odio e la Terra di armi; implorano pace i nostri fratelli e sorelle che vivono sotto la minaccia dei bombardamenti o sono costretti a lasciare casa e a migrare verso l’ignoto, spogliati di ogni cosa. Tutti costoro sono fratelli e sorelle del Crocifisso, piccoli del suo Regno, membra ferite e riarse della sua carne. Hanno sete».
«Ma a loro – ha continuato – viene spesso dato, come a Gesù, l’aceto amaro del rifiuto. Chi li ascolta? Chi si preoccupa di rispondere loro? Essi incontrano troppe volte il silenzio assordante dell’indifferenza, l’egoismo di chi è infastidito, la freddezza di chi spegne il loro grido di aiuto con la facilità con cui cambia un canale in televisione».
«Di fronte a Cristo crocifisso noi cristiani siamo chiamati a contemplare il mistero dell’amore non amato e a riversare misericordia sul mondo… Accostandoci a quanti oggi vivono da crocifissi e attingendo la forza di amare dal Crocifisso Risorto, cresceranno ancora di più l’armonia e la comunione tra noi».
Nel corso dell’incontro di preghiera sono stati letti i nomi di 27 paesi in Guerra. Subito dopo il Pontefice, insieme agli altri leader cristiani, ha raggiunto il palco sulla piazza della basilica inferiore dove si sono radunati anche gli altri esponenti delle religioni del mondo per la cerimonia conclusiva.