«Pensate alla sacra famiglia – Maria, Giuseppe e al bambino Gesù – nel loro lungo viaggio in Egitto come rifugiati, mentre scappavano dalla violenza e trovavano rifugio tra gli stranieri…». Papa Francesco ricorda ciò che persino i cristiani rischiano a volte di dimenticare e cioè che il loro Dio fatto uomo è stato migrante, è nato in condizioni precarie e ha avuto salva la vita perché c’era un Paese che non aveva alzato muri per fermare i rifugiati. Lo fa concludendo il suo discorso ai partecipanti all’Incontro europeo degli ex alunni dei Gesuiti, che si sta svolgendo a Roma e ha per tema: «Migrazione globale e crisi dei rifugiati: è tempo di contemplare e agire».
Ricevendoli nell’sala del Concistoro, il Papa ha ribadito che quella dei migranti e rifugiati è «la crisi umanitaria più grande, dopo la seconda guerra mondiale». «Tragicamente – ha aggiunto – nel mondo oggi più di 65 milioni di persone sono state costrette ad abbandonare i loro luoghi di residenza. Questo numero senza precedenti va oltre ogni immaginazione. Il numero complessivo dei profughi è ora più grande dell’intera popolazione dell’Italia!».
Ma Francesco invita ad andare oltre «la mera statistica», per scoprire che i rifugiati «sono donne e uomini, ragazzi e ragazze che non sono diversi dai membri delle nostre famiglie e dai nostri amici. Ognuno di loro ha un nome, un volto e una storia, come l’inalienabile diritto di vivere in pace e di aspirare a un futuro migliore per i propri figli». Bergoglio ha quindi ricordato che l’Associazione mondiale degli ex alunni dei gesuiti è dedicata alla memoria di padre Pedro Arrupe, superiore generale dei gesuiti e il fondatore del Jesuit Refugee Service, l’organizzazione che nacque per rispondere alla situazione dei “boat people” sud-vietnamiti.
«Purtroppo, il mondo oggi – ha detto ancora il Pontefice – si trova ancora coinvolto in innumerevoli conflitti. La terribile guerra in Siria, come le guerre civili nel Sud-Sudan e altrove nel mondo possono sembrare irrisolvibili. Questa è proprio la ragione per cui il vostro incontro “per contemplare e agire” relativamente alla questione dei rifugiati è così importante».
«Più che mai oggi – ha aggiunto – mentre la guerra imperversa in diverse parti del mondo, mentre un numero mai raggiunto prima di rifugiati muore tentando di attraversare il Mar Mediterraneo – che è diventato un cimitero -, oppure trascorre anni e anni nei campi, la Chiesa ha bisogno che voi attingiate al coraggio e all’esempio di padre Arrupe». Perché «in questo frangente della storia, c’è un grande bisogno di persone che ascoltino il grido dei poveri e che rispondano con compassione e generosità».
Francesco ha quindi incoraggiato i presenti «a dare il benvenuto ai rifugiati nelle vostre case e comunità, in modo che la loro prima esperienza d’Europa non sia quella traumatica di dormire al freddo nelle strade, ma quella di un’accoglienza calda e umana. Ricordate che l’autentica ospitalità è un profondo valore evangelico, che alimenta l’amore ed è la nostra più grande sicurezza contro gli odiosi atti di terrorismo».
Dopo aver citato il «dato di fatto preoccupante» delle statistiche, e cioè che meno del 50% dei bambini rifugiati hanno accesso alla scuola primaria, un numero che si riduce al 22% per gli adolescenti rifugiati iscritti a scuole secondarie e a meno dell’1% che può accedere ad un’istruzione universitaria, Francesco ha ricordato la situazione della sacra famiglia, con Maria, Giuseppe e il piccolo Gesù che hanno vissuto l’esperienza dei rifugiati. E ha infine fatto riecheggiare le parole di Gesù: «Ho avuto fame e mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e mi avete dato da bere, ero straniero e mi avete accolto».