Sembra che non solo tra le guide nella Chiesa ma anche nel mondo della cultura laica sempre più persone percepiscano un possibile passaggio dal razionalismo da tavolino, dalle ideologie, dallo spiritualismo e dal moralismo alla ricerca comune, per esempio per il cristiano in Cristo, dell’umanità semplice, autentica, in un cammino sempre più profonda, dell’uomo. Dunque nella cultura laica ci si accorge sempre più di frequente che la gente può segnalare naturalmente, con la sua stessa vita, il bisogno di un po’ di umanità, liberata da questo sovraccarico di fasulli pesi ideologici, moralistici, schematici e anche dai vuoti di semplice significato umano che ne possono poi conseguire. Vi è una crisi più integrale di quella solo economica di cui si parla. Certo il problema del lavoro, il problema economico, incide profondamente ma si può affrontare un problema in mille modi diversi ed in mille modi diversi si possono cercare le soluzioni.
Non può già di per sè interrogare l’osservare che talora sembra si voglia ridurre tutto a economia? Ormai talora lo pseudoneutralismo tecnico e individualista sembra il vero catechismo di non pochi politici. Un catechismo che talora può apparire in fondo in linea con quello dei potentati più o meno palesi della terra. Dunque talora sembra che da un lato si deprechi la selvaggia deriva populista da un altro lato, ci si guardi bene dal cercare le autentiche vie della libera maturazione delle persone. Allo stesso modo, per esempio, può sembrare che da un lato si desideri la pacifica integrazione degli immigrati da un altro lato si vorrebbe che questo avvenisse nell’azzeramento omologante e tecnicizzante delle identità invece che per le adeguate vie di una loro maturazione, anche nello scambio.
Proprio la gente, le persone concrete, come dicevo, possono costituire un aiuto nel cercare l’umano, nel cercarlo insieme. Pongo un possibile esempio di questa ricerca comune. Il neutralismo razionalista, tecnicista, individualista, può tendere a preferire una scuola appunto razionalista, neutralista, ben poco attenta ad aiutare la maturazione nelle identità scelte e nello scambio. Anzi, in una tale scuola per esempio il crocifisso va tolto dalle aule per rispettare i non cristiani. Un certo possibile spiritualismo, un certo possibile razionalismo, cristiani possono forse reagire un po’ meccanicamente, senza un grande ascolto, e cercare i possibili appigli logici per non togliere il crocifisso. Un dialogo non tra ideologie, che può risultare un dialogo tra sordi, ma un dialogo alla vissuta ricerca dell’umano può anche qui forse aprire possibili piste nuove di ricerca e di soluzione. Per esempio un amore rispettoso, attento, accogliente, può, intanto, nell’attesa di più profonde soluzioni, forse non togliere il crocifisso dalla classe azzerando sottilmente anche la diversa identità religiosa, culturale, per esempio dei nuovi arrivati ma, magari, cercare soluzioni adeguate come, in qualche caso, il domandare a tutti, per esempio ai nuovi arrivati, se hanno piacere si esponga in classe anche un simbolo, un’immagine, del loro credo, della loro filosofia, etc.. O comunque cercare insieme soluzioni veramente accoglienti e pacifiche, per quanto possibile, per tutti, senza calpestare e rimuovere le identità. Si possono dunque, tra l’altro, cercare forse, talora, nuove forme di interazione tra le normative e la partecipazione dal basso, delle persone, nelle situazioni, concrete. Mi pare cosa buona cercare tutte le possibili, adeguate, vie per favorire l’autentica maturazione, partecipazione, di ogni persona, comunità, etc., al tempo stesso cercando altrettanto adeguata protezione, per esempio, da ogni forma di sopruso, etc., dall’alto e dal basso.
Potrebbe accadere che a qualcuno che, per esempio, vuole sottilmente imporre la visione tecnicista di cui sopra queste strade piacciano poco. Ma non gli sarebbe forse, in qualche caso, nemmeno così facile obiettare qualcosa di sensato che non possa apparire poco accogliente. Si può facilmente immaginare che si possano ugualmente professare molte obiezioni a queste piste di ricerca ma qui può emergere un altro punto. La comune ricerca dell’umano orienta alla fondamentale accettazione dell’altro nella sua diversità. Il dialogo aiuta comunque, anche dove non produce immediati evidenti cambiamenti. Il dialogo, specie talora quello dal vivo, nella vita, nella varia condivisione, vissute, può orientare a mille vive sfumature, liberare tendenzialmente dagli schematismi. Questo tendenziale orientamento verso l’umano, liberato da riduzionismi, distorsioni, etc., può incamminare verso un buonsenso nei valori sempre più desideroso di intuire le possibili istanze di verità che possono talora anche essere mescolate ad errori. Ci si può tendenzialmente incamminare verso soluzioni sempre nuove ai problemi, sempre più capaci di considerare con equilibrio spirituale e umano mille possibili sfumature. Soluzioni dunque che aiutano, stimolano, una maturazione, una ricerca, autentiche, orientando alla comprensione, alla pace. Dunque soluzioni verso le quali in varia misura molti, almeno talora, potrebbero convergere. Un dialogo dunque tendenzialmente meno grossolano, schematico, più orientato all’umano, meno astratto, disincarnato. Proprio anche su questa via potendo scoprire una semplicità di fondo, liberata da pesantezze intellettualistiche, spiritualistiche. Una semplicità del cuore in cammino. L’esempio sopra del crocifisso può forse mostrare come stiamo appena entrando in un discernimento più vivo, umano, che può aiutare sempre più le persone a comprendersi, incontrarsi. Dunque più profondo, attento, dialogo, ma questa via umana si può rivelare, mi pare, tendenzialmente anche più serenamente libera da evidenti, pericolose, panzane, come quella che sostiene non vi sia differenza nel dare in adozione un bimbo ad un papà ed una mamma o ad una coppia omosessuale. La ragione astratta, a tavolino, può inventarsi la verità che vuole, la realtà però prima o poi può presentare il conto. Gesù, tendo a pensare, vuole bene con tutto il cuore, dà la vita, per le coppie omosessuali ma vuole bene anche ai bambini da adottare. Un altro esempio è quello di una certa possibile abitudine in politica a demolire l’avversario con ogni mezzo: sono sistemi che semplicemente squalificano la politica, la mostrano nella sua triste essenza, in certi casi, di lotta per il potere. Quando poi si ha il potere o lo si vuole rafforzare, ecco magari inviti pelosi alla responsabilità, alla governabilità, etc.. Non è così che si può costruire una società di persone sempre più mature, dunque una società sempre più autenticamente democratica.
Anche all’interno della stessa esperienza della fede si aprono vie per un dialogo rinnovato. Per esempio qualcuno può domandarsi perché per ricevere il perdono dei peccati deve andare a confessarli ad un altro uomo, il prete. Qualcun altro potrebbe rispondere che così ci ha detto Gesù e così si deve fare. Ma proprio i vangeli ci mostrano come Gesù insegnava i riferimenti, le vie, del cammino cristiano ma poi anche accompagnava ogni persona che lo volesse per le sue personalissime, graduali, tappe in quella tendenziale direzione. Dio perdona in mille modi secondo il cammino graduale della persona. Ma orienta tendenzialmente alla fonte stessa del perdono che è nel sacramento della riconciliazione. Ogni persona può scoprirsi compresa, amata, aiutata in modo adeguato a lei. Prima, per esempio, il sacramento della riconciliazione poteva apparire un peso, ora, a tempo debito, lo si può liberamente scoprire come un dono meraviglioso. Anche, tra l’altro, per l’aiuto che può costituire il confidarsi con un sacerdote serio e sereno, sempre più capace di ascoltare, di comprendere, di partecipare, di aiutare a trovare le autentiche graduali tappe della propria crescita, magari gradualmente anche sempre più preparato, su questa via del cuore nella luce, ad aiutare a sciogliere i nodi spirituali e umani della propria vita. Un altro aspetto che su questa via si può talora scoprire è proprio che non bisogna per forza confessarsi col primo sacerdote che capita. Qualcuno può sentirsi obbligato in tal senso mentre è bene sentirsi liberi di scegliere. Cosa tra l’altro particolarmente consigliabile quando si è in un momento delicato, etc.. Ecco allora che il sacramento della riconciliazione, che poteva apparire un peso, si può gradualmente scoprire, come dicevo, come un dono meraviglioso. Così come, sopra, un’occasione di tensione, di lotta di interessi, come può talora diventare quella del crocifisso nella scuola, può scoprirsi anch’essa un percorso di crescita verso una fratellanza profonda, che tendenzialmente orienta ad una crescita autentica. Sta dunque forse sempre più germogliando una via semplice, dell’umano, che apre alla sempre nuova scoperta del bene, della bellezza della vita, dei suoi doni, delle sue sfumature, della liberazione di pesi, ferite, anche nei particolari della vita personale.
Giovanni Battista era cresciuto in una certa visione della legge, attendeva un Messia che mettesse tutti in riga. Ma Dio gli aveva manifestato che l’uomo sul quale avrebbe visto “scendere e rimanere lo Spirito è colui che battezza in Spirito Santo” (Gv 1, 33). Il graduale superamento di una schematica legge è per Giovanni (e, in molte cose, implicitamente, per tanti profeti prima di lui) il lasciarsi portare dallo Spirito di Cristo. È così che può passare dall’attesa di un “risolutore” con la forza della legge all’amore della colomba e dell’agnello (cfr Gv 1, 29-36). Il superamento di una schematica legge è un dono della grazia. Ma può far riflettere che qualche guida, qualche intellettuale, profondamente strutturati nello spiritualismo o nel razionalismo o in un certo rapporto con la legge (per esempio qui con gli, non di rado, annessi e connessi della dignità, sacralità, etc., variamente formalistiche) possono restare a lungo impigliati su queste vie mentre la grande maggioranza delle persone si ritrova subito, essenzialmente, sulla via semplice e tendenzialmente sempre più profonda dell’umano. L’umanità stessa dell’uomo è in vario modo un dono della grazia, un certo antidoto alle strutturazioni fasulle. Gesù, che spesso si definisce figlio dell’uomo, continuamente mostra un amore con tutto il cuore, ben al di là degli schemi, dei formalismi, delle sacralità fasulle, (di alcune guide) orientamenti di cui anzi non di rado evidenzia la vacuità e anche la varia pericolosità.
Talora possiamo immaginare la sequela di Cristo come un diventare più buoni. Ma in realtà è lo Spirito di Cristo, Dio e uomo, che si può, in un cammino nell’accoglierlo, manifestare sempre più profondamente donandoci vita e luce nuove, come non potevamo immaginare. Che non potevamo darci da soli. Il dono dello Spirito è Cristo, Dio e uomo. Come discerneva, nell’essenziale, il Gesù dei vangeli, la sua umanità oggi, il suo cuore divino e umano, tutto ciò è un dono, che può farsi sempre più profondo, dello Spirito. Si può ancora oggi, per una grazia che deve più profondamente maturare nella persona, porre talora minore attenzione a questi doni dello Spirito, essere di conseguenza, per esempio, spiritualisti e/o razionalisti. Tutte cose che, mi pare, meno hanno a che vedere col Gesù stesso dei vangeli.
Il vangelo mi pare possa mettere continuamente in difficoltà chi pensa di impostare il rapporto con Cristo sul piano della legge, della degnità, etc.. Gesù ha dato la vita per tutti, con amore infinito. Negli episodi del vangelo vediamo che Gesù dona, con delicatezza, discrezione, il suo amore e ogni possibile aiuto ad ogni persona. “Tutto ciò che il Padre mi dà, verrà a me; colui che viene a me, non lo respingerò, perché sono disceso dal cielo non per fare la mia volontà, ma la volontà di colui che mi ha mandato. E questa è la volontà di colui che mi ha mandato, che io non perda nulla di quanto egli mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno. Questa infatti è la volontà del Padre mio, che chiunque vede il Figlio e crede in lui abbia la vita eterna; io lo risusciterò nell’ultimo giorno” (Gv 6, 37-40). Al versetto 39 di questo brano il testo letterale, in greco, recita: “E questa è la volontà di chi mi ha mandato, che tutto quello che mi ha dato, non perda da esso”. Vi è dunque una forte sottolineatura della comunione. Della comunione donata dal Padre in Cristo. Ai versetti 53-58 Gesù aggiunge: “In verità, in verità vi dico: se non mangiate la carne del Figlio dell’uomo e non bevete il suo sangue, non avrete in voi la vita. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue ha la vita eterna e io lo risusciterò nell’ultimo giorno. Perché la mia carne è vero cibo e il mio sangue vera bevanda. Chi mangia la mia carne e beve il mio sangue dimora in me e io in lui. Come il Padre, che ha la vita, ha mandato me e io vivo per il Padre, così anche colui che mangia di me vivrà per me. Questo è il pane disceso dal cielo, non come quello che mangiarono i padri vostri e morirono. Chi mangia questo pane vivrà in eterno”. Gesù in tutti i modi dice e testimonia con i fatti che dà la vita per noi, che solo lui ci dà vita. Come potremmo fare con le nostre forze, con la nostra degnità? Non è proprio, domando, sotto certi aspetti, questione di dignità, ci metteremmo su una pista errata e pericolosa. Gesù ci ama così come siamo, con i doni che abbiamo ricevuto da lui e che abbiamo accolto, con le eventuali chiusure anche volontarie, con i nostri limiti, il nostro bisogno di crescere. È lui che fa la comunione, sempre più profondamente. Chi si ritiene degno ed esclude altri la vede come Gesù? Anche il cammino della Chiesa, comunque, è graduale, tendenzialmente a misura, con i timonieri che, uomini della sintesi, cercano il giusto passo e altri che, in un certo senso, in modo si spera corretto, più liberamente possono animare una comune ricerca. In definitiva è Cristo stesso che tiene unita la Chiesa e la fa crescere nel vissuto approfondimento della, virtualmente piena, rivelazione.
La scoperta dell’umano semplice e, in un cammino, sempre più profondo sta aprendo ad una nuova attenzione, anche culturale, verso l’uomo vivo, tutto intero. Ma secoli di razionalismo possono rendere questo passaggio talora graduale, faticoso. Per esempio sempre più spesso si parla non più solo di ragione ma, poniamo, di cuore e ragione o di ragione, sentimenti, mani (= operatività concreta). Ma la cosa può significare che non ci si riesce facilmente a staccare da un’astratta, inesistente, ragione, alla quale ora si giustappongono altri aspetti della persona umana. Così ad un aspetto ancora intellettualistico si può ora per esempio giustapporre un aspetto pratico, operativo. Ciò può costituire un progresso ed anche uno stimolo in parte positivo ma ancora forse, talora, in varia misura a rischio di meccanicismo. Staccarsi da tale razionalità può apparire a qualcuno come perdersi nel vuoto. In realtà la sintesi della persona umana la troviamo nella sua coscienza spirituale e psicofisica, nel suo cuore, nella serena luce dello Spirito che scende gradualmente, a misura. Si passa da uno schematico ragionare al senso delle cose, maturando vissutamente nel quale appunto si vive e si vede ogni cosa in modo sempre nuovo. La riflessione qui non è una riduttiva logica astratta, quasi come a tavolino, variamente schematica ma una riflessione nell’umanità vissuta, sempre dunque viva e nuova, piena di sfumature.
Potrebbe accadere di sentire da parte di qualche guida parole di sfiducia verso la Chiesa, per esempio in Europa. Non mi soffermo qui sulle possibili interpretazioni, con le loro varie sfumature, di queste affermazioni. Comunque, tra l’altro, anche i santi possono vivere momenti di confusione, di buio, di sfiducia, etc. (cfr Mt 11, 2-6). San Paolo ci esorta a tenere “fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede” (Eb 12, 2). Gesù afferma che lo Spirito ci condurrà alla verità tutta intera ricordandoci quello che lui, Cristo, ci ha detto (Cfr. Gv 16, 13; Gv 14, 26). Un aiuto in questa speranza può venire anche, per esempio, dalle promesse di Fatima e anche, altro esempio, dalle parole di padre Kolbe, che aveva parlato di un’era dell’Immacolata. Vi è l’eventualità che qualche guida potrebbe porre talora meno una sempre più profonda, prudente, dettagliata, attenzione alla profezia. E anche ai profeti: talora nascosti nelle pieghe della storia, magari in lotta con il Male che non vuole che la vita si diffonda, in varia misura ostacolati e incompresi. In qualche guida vi potrebbe essere talora una minore ricerca degli aiuti di Dio, un vivere dei propri, magari anche sanamente innovativi, orientamenti, un pensare espertissimo ai pericoli, alle prudenze, invece di cercare Dio, e in lui l’uomo, il mondo, con tutto il cuore, con ogni impegno.
Un cuore che si lascia portare dalla serena, a misura, luce dello Spirito di Cristo, Dio e uomo. Come il cuore di Maria. Dunque un cuore gradualmente liberato da orientamenti che non provengono da Cristo, come uno schematico legalismo, con gli annessi e connessi sopra accennati; come uno spiritualismo variamente disincarnato; come uno schematico razionalismo. La vittoria del cuore immacolato di Maria, l’era dell’Immacolata di cui parlava padre Kolbe, ci indicano forse questa liberazione, questa sempre più profonda, piena, redenzione. Liberazione, redenzione, che aprono, rendono nel profondo sempre più disponibile, il cuore alla sempre nuova venuta di Cristo. Un’umanità gradualmente liberata e assunta in Cristo, Dio e uomo. Al punto che possiamo forse parlare, sviluppando le affermazioni di padre Kolbe, di un’era dell’Immacolata e dell’Assunta. Nella cappella, piccolissimo santuario, della Madonna della Fiducia, al seminario romano maggiore vi è dipinta una Madonna in trono, col bimbo, ai lati due angeli e sotto (se non ricordo male anche a fianco) papi (e forse vescovi). E una scritta: “Praesidet (o Presidet, non ricordo bene, NdR) aethereis pia virgo Maria choreis”. La pia vergine Maria presiede i cori celesti. Ricordo ancora una volta che quanto scrivo sono domande in una ricerca comune, nella Chiesa e con tutti.