Nè per «punire i peccatori». All’udienza generale il Pontefice mette in guardia dal rischio di usare il Signore per una fede «fai da te», per giustificare la violenza«Dio non ha mandato il suo Figlio nel mondo per punire i peccatori né per annientare i malvagi». Il Papa è partito dall’episodio evangelico di Giovanni il Battista, che attendeva un Messia «giudice», per sottolineare che la giustizia che questi poneva al centro della sua predicazione «in Gesù si manifesta in primo luogo come misericordia», nel corso dell’udienza generale,e mettere in guardia dalle false «immagini di Dio» che ancora oggi possono imporsi: una fede «fai da te», Dio utilizzato «per giustificare i propri interessi o addirittura l’odio e la violenza», come «rifugio psicologico», quale semplice «buon maestro di insegnamenti etici» o tralasciando la «spinta missionaria capace di trasformare il mondo e la storia» che nasce dalla fede cristiana.
Francesco ha riepilogato l’episodio raccontato dall’Evangelista Matteo nel quale Giovanni il Battista, che attendeva un Messia «descritto a tinte forti, come un giudice che finalmente avrebbe instaurato il regno di Dio e purificato il suo popolo, premiando i buoni e castigando i cattivi», invia i suoi discepoli a chiedere a Gesù, che ha iniziato la sua predicazione: «Sei tu colui che deve venire o dobbiamo aspettare un altro?». Egli, ha ricordato il Papa,«risponde di essere lo strumento concreto della misericordia del Padre, che a tutti va incontro portando la consolazione e la salvezza, e in questo modo manifesta il giudizio di Dio. I ciechi, gli zoppi, i lebbrosi, i sordi, recuperano la loro dignità e non sono più esclusi per la loro malattia, i morti ritornano a vivere, mentre ai poveri è annunciata la Buona Notizia. E questa diventa la sintesi dell’agire di Gesù, che in questo modo rende visibile e tangibile l’agire stesso di Dio. Il messaggio che la Chiesa riceve da questo racconto della vita di Cristo è molto chiaro. Dio non ha mandato il suo Figlio nel mondo per punire i peccatori né per annientare i malvagi. A loro è invece rivolto l’invito alla conversione affinché, vedendo i segni della bontà divina, possano ritrovare la strada del ritorno». La «giustizia che il Battista poneva al centro della sua predicazione, in Gesù si manifesta in primo luogo come misericordia», ha sottolineato Francesco, «e i dubbi del Precursore non fanno che anticipare lo sconcerto che Gesù susciterà in seguito con le sue azioni e con le sue parole».
«Beato è colui che non trova in me motivo di scandalo!», conclude Gesù: «Scandalo significa “ostacolo”», ha chiosato il Papa. «Gesù perciò ammonisce su un particolare pericolo: se l’ostacolo a credere sono soprattutto le sue azioni di misericordia, ciò significa che si ha una falsa immagine del Messia». E «l’ammonimento di Gesù è sempre attuale», ha proseguito: «Anche oggi l’uomo costruisce immagini di Dio che gli impediscono di gustare la sua reale presenza. Alcuni si ritagliano una fede “fai da te” che riduce Dio nello spazio limitato dei propri desideri e delle proprie convinzioni. Ma questa fede non è conversione al Signore che si rivela, anzi, gli impedisce di provocare la nostra vita e la nostra coscienza. Altri riducono Dio a un falso idolo; usano il suo santo nome per giustificare i propri interessi o addirittura l’odio e la violenza. Per altri ancora Dio è solo un rifugio psicologico in cui essere rassicurati nei momenti difficili: si tratta di una fede ripiegata su sé stessa, impermeabile alla forza dell’amore misericordioso di Gesù che spinge verso i fratelli. Altri ancora considerano Cristo solo un buon maestro di insegnamenti etici, uno fra i tanti della storia. Infine, c’è chi soffoca la fede in un rapporto puramente intimistico con Gesù, annullando la sua spinta missionaria capace di trasformare il mondo e la storia. Noi cristiani crediamo nel Dio di Gesù, il cristiano crede nel Dio di Gesù Cristo, e il suo desiderio è quello di crescere nell’esperienza viva del suo mistero di amore».
Francesco ha concluso la catechesi con un augurio: «Impegniamoci dunque a non frapporre alcun ostacolo all’agire misericordioso del Padre, ma domandiamo il dono di una fede grande per diventare segni e strumenti di misericordia».
Tra i saluti in lingua a conclusione dell’udienza, il Papa si è rivolto in tedesco, a braccio, ai fedeli della diocesi di Passau. «Domenica scorsa – ha poi detto rivolto ai pellegrini italiani – abbiamo celebrato la canonizzazione di Madre Teresa di Calcutta. Cari giovani, diventate come lei degli artigiani di misericordia, cari ammalati, sentite la sua vicinanza compassionevole specialmente nell’ora della croce, e voi, cari sposi novelli, invocatela perché non manchi mai nelle famiglie la cura e l’attenzione per i più deboli».