Penso che Madre Teresa abbia voluto farmi incontrare una delle sue bambine a Calcutta Qualche giorno fa sono andato alla Casa Madre delle Missionarie della Carità. Non sapevo cosa aspettarmi, ma sapevo che sarei dovuto essere lì. Durante la mia permanenza a Calcutta ho pregato Madre Teresa chiedendole di dirigermi e guidarmi… di dirmi cosa volesse mostrare attraverso ciò che faccio.
La mattinata è trascorsa in modo tranquillo. Ho partecipato alle 6.00 alla messa con le suore e con i volontari, per poi passare qualche momento ai piedi della tomba di Madre Teresa. Ho pregato, scattato qualche fotografia e ho scritto qualcosa riguardo al guardare il volto di Cristo nei poveri.
Ma ciò che è avvenuto dopo mi ha letteralmente sconvolto.
Sono andato a iscrivermi come volontario per il giorno dopo, pensando di poggiare per un po’ la macchina fotografica e fare qualcosa che possa aiutare gli altri in modo tangibile. Perché è Cristo stesso che servo, quando servo qualcuno che Lui ha messo sul mio sentiero. Ma non avrei dovuto aspettare fino a sabato per poterlo fare.
Stavo per andare via, quando ho visto un’equipe televisiva che avevo già notato prima. Ho quindi deciso di capire cosa stessero facendo lì. Voglio dire, altri giornalisti nei paraggi? E seguendoli mi sono trovato nella Casa dei bambini delle Missionarie della Carità; lì ho potuto essere testimone della grande opera portata avanti ogni giorno da Suor Giovanna D’Arco, dalle novizie e dai volontari.
In quel momento è entrata Suor Ita, il cui aiuto era stato fondamentale per farmi entrare a Calcutta. Mi ha preso da parte e mi ha detto di volermi portare dove erano i bambini disabili.
“Certo!” ho risposto, e abbiamo abbandonato l’equipe dirigendoci, da soli, al secondo piano della Nirmala Shishu Bhavan (la Casa dei bambini), nel reparto handicappati.
Quando siamo entrati, ho visto decine di bambini gravemente disabili. Con loro c’erano delle novizie e delle suore. Stavano ridendo e giocando. Era un luogo di felicità. Benché vi fossero bambini poverissimi e disabili. Un luogo di felicità? Sul serio?
Una ragazzina mi ha guardato negli occhi. Non ho potuto fare a meno di inginocchiarmi vicino a lei. Non riusciva a muoversi granché, ma era totalmente concentrata su di me. Ho iniziato a giocare a “bubu-settete“, coprendomi gli occhi con le mani e poi mostrandoli di nuovo, all’improvviso. Lei sorrideva. Abbiamo continuato a giocare per un po’, fino a quando è successo quello a cui facevo riferimento prima:
Le ho toccato le braccia… e lei ha toccato il mio cuore.
Ha sorriso così tanto che temevo si potesse far male al volto.
Non avevo fatto altro che toccarla… soltanto quello.
A volte un tocco può cambiare il mondo… perlomeno è quello che è successo tra quella bambina e questo signore malridotto.
In quel momento mi sono sentito sopraffatto (sì, va bene, sono molto emotivo, lo ammetto). Sopraffatto dalla sua gioia genuina, ma anche dal fatto che non avrei potuto far nulla per aiutarla, dal fatto che le sue possibilità di essere adottata erano di una su un milione (così mi è stato detto) a causa delle sue condizioni.
Il mio cuore era contemporaneamente pieno di gioia e a pezzi. La mia presenza e il mio tocco l’hanno resa molto felice… così come lo è Gesù…
“Ho sete”, diceva Madre Teresa…
Questa è la realtà di chi è nel bisogno più disperato: “Hanno sete…”
Prendete in considerazione l’idea di venire a Calcutta per sperimentare cosa voglia dire fare un incontro del genere. E non lo sto dicendo a cuor leggero. Il solo fatto di essere lì, accanto a loro, significa tantissimo… per loro e per voi che sarete lì.
Non dimenticherò mai quell’incontro. Lo ricorderò fino a quando vivrò.
Penso che sia questo ciò che Madre Teresa ha voluto farmi vedere l’altro giorno. Grazie, Madre…
[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]