Venire gradualmente chiamati da Dio a camminare con lui è un’esperienza meravigliosa, piena di doni, di sorprese. Scopriamo gradualmente un Dio che nel suo amore per noi è pieno di mille attenzioni, sfumature, capace di darci gioia e pace come non pensavamo. Un Dio pieno di poesia, il suo amore è poesia e anche questo ci fa comprendere come può essere grigio, arido, lo schematismo, il moralismo. Non si può sperimentare sempre più Dio con una riduttiva logica a tavolino. È la serena coscienza spirituale e umana, ossia il cuore, che può accogliere la grazia sempre nuova del venire di Dio.
A chi conosce solo un’astratta ragione a tavolino questo può apparire sentimentalismo, incapacità varia di riflettere. Ma la via del cuore viene invece proprio a superare la scissione dell’intellettualismo tra anima disincarnata, logica astratta, sentimenti, pragmatismo della vita quotidiana. La via del cuore orienta tendenzialmente ad una serena, graduale, a misura, maturazione nel bene, non a vivere di sentimenti vuoti, non tendenzialmente aperti al bene, aiuta a vedere ogni cosa in modo nuovo maturando vissutamente e dunque a riflettere nella vita vissuta e non a tavolino.
Di fronte al possibile più semplice avvicinamento di tanti all’umanità dell’uomo qualche guida, qualche intellettuale, possono incepparsi nei propri astratti ragionamenti, che possono confondere perciò tra l’altro il sentimentalismo e le sue possibili scelte col discernimento, col semplice buonsenso, della serena coscienza. Il razionalista può vivere in varia misura di questi ragionamenti astratti che non lo aiutano ad entrare in contatto con la sua semplice umanità, col sereno buonsenso della sua coscienza, col suo cuore.
Possiamo però osservare che anche proprio sentire queste obiezioni intellettualistiche, moralistiche, che non colgono la via semplice del sereno equilibrio, a misura, astrattizzando, esagerando, cervellotizzando, da una parte o dall’altra, può talora aiutare le persone a comprendere meglio il passaggio da una ragione astratta, da uno spirito disincarnato, verso il cuore, il cuore di Cristo stesso. E dunque anche a comprendere meglio che non è Dio così meccanicista, arido, schematico. Sono invece, queste, alcune influenze di culture altre da Cristo e dalle quali Cristo viene gradualmente a liberarci. Spesso proprio anche con l’aiuto della semplice vita stessa di persone meno strutturate in quelle culture. Come tantissime persone che nella vita cercano semplicemente un po’ di umanità.
Così, come osservavo sopra, la persona può entrare in più semplice contatto con la vita, con l’umanità dell’uomo. La sua vita si colora gradualmente anche di poesia. Questo può rinnovare, rallegrare, vivificare, addolcire, non solo il rapporto dell’uomo con sé stesso ma anche con gli altri. Pensiamo all’uomo e alla donna, alla vita di coppia, al rapporto con i figli… La poesia può tra l’altro aiutare la persona a liberarsi da tanti cervellotismi che si possono insinuare specie, per esempio, con i sensi di colpa fasulli, meccanicistici, moralistici. Mentre la via del cuore aiuta a trovare e a gradualmente maturare nelle serene, a misura, risposte di buonsenso nel bene, nella stessa fede, per chi ha già ricevuto questo dono. La via del cuore orienta al contatto con la vita reale, le specifiche persone concrete. Orienta tendenzialmente ad un linguaggio più semplice, umano, che può tendere naturalmente a servirsi di immagini, di storie. Pensiamo alle parabole di Gesù. Un linguaggio tendenzialmente semplice, spesso sintetico, in un cammino sempre più profondo, naturalmente pieno di possibili sfumature, perché nella vita, ma sempre delicate, rispettose. Non un linguaggio obliquo, ironico, che sembra proprio non faccia parte del modo di esprimersi del Gesù dei vangeli: “Sia invece il vostro parlare sì, sì; no, no; il di più viene dal maligno” (Mt 5, 37).
La via del cuore tende dunque a far respirare l’aria fresca e limpida della vita. Riapre alla poesia. Tende a mettere le persone, con discrezione, cuore a cuore. E potrebbe accadere che si formino immagini, anche che nascano naturalmente o senza troppa fatica parole. Il che non vuol dire essere poeti di professione. Ma a me piace leggere anche la poesia di un non professionista perché può trasmettere tanta umanità.
Possiamo così osservare che in un’ottica razionalista l’arte può talora rappresentare la restante parte, sentimentale, irrazionale, vissuta meramente di fatto, in varia misura scissa, dell’uomo. Sulla via del cuore invece l’arte viene meglio scoperta espressione vissuta dell’uomo tutto intero. La vera logica è anche poesia, musica, e una logica schematica è una logica riduttiva. La vita concreta, i sentimenti, etc., non vengono più lasciati in un angolino, talora allo sbaraglio, perché così lontani dall’apparente rigore di una logica schematica. Una tale scissione può facilmente divenire la sorgente di mille forme di manipolazione, come quella del consumismo, quella del tecnicismo, quella dell’individualismo lobbistico. La via del cuore, potendo orientare l’uomo a cercare la sua semplice, autentica, umanità, può costituire dunque una pista di rinnovamento a tutto campo spirituale, umana, culturale, pastorale, sociale, politica…
Sempre più possiamo intuire, sperimentare, che tutta la vita, la cultura, viste in modo sempre rinnovato tendono a convergere. La fede, la scienza, la poesia, convergono, rinnovandosi, in Cristo, Dio e uomo. Pensiamo alla creazione nella sua trama evolutiva. È un’intuizione spirituale che troviamo già nei primi capitoli della Genesi, per esempio nei sette giorni della creazione. Una caratteristica infatti della spiritualità è, nel creato, la gradualità. Anche la ricerca culturale tende a riscontrare una evoluzione del creato. Ma non è anche un’immagine poetica per esempio quella del seme che muore nella terra, protetto dalla neve si sviluppa fino a che germoglia un’esile piantina, una fogliolina…?
Siamo forse in un periodo di graduale passaggio da una variamente astratta razionalità, da una spiritualità in varia misura disincarnata, alla coscienza spirituale e umana, al cuore che esiste e vive nella luce che scende con la delicatezza di una colomba. Lo Spirito si rivela pienamente nell’umano. Lo stesso creato parla di Dio. La sacramentalita’ del mondo stesso ci trasmette l’arte di Dio. L’arte, dunque, è profondamente eucaristica. Eucaristica è la spiritualità, eucaristica è la conoscenza. Spiritualità, conoscenza, arte, sono, nel profondo, comunione in Cristo, Dio e uomo. La sacramentalita’ di ogni cosa rappresenta proprio questo portare di Cristo nella comunione, con delicatezza, discrezione. Tutto il contrario, mi pare, di un premio per i perfetti. Lo spiritualismo, il razionalismo, possono schematizzare, vivisezionare, come san Pietro incasella in tre tende persino Gesù, Mosè ed Elia. La nube nella quale parla il Padre conduce Pietro e gli altri discepoli nella comunione in Cristo, Dio e uomo. Che rimane solo perché ogni persona trova pienezza in lui, grazie a lui, nella Trinità (cfr Lc 9, 28-36).
Un aspetto di questo cammino umano è quello di poter crescere liberamente nella propria identità religiosa, culturale e nello scambio con le altre. Dunque una democrazia matura favorisce lo sviluppo non solo spirituale ma anche culturale-scolastico in questa direzione invece di sezionare l’uomo in compartimenti stagni come, appunto, quello spirituale, quello culturale-scolastico, etc.. Così potendo in vario modo e misura spegnere la persona. Chiaro che ciò che una democrazia non può accettare è la prevaricazione di una persona sull’altra. E nemmeno la violenza di una persona su sé stessa. Ma mi pare che questo giusto e sano criterio vada interpretato, ancora una volta, con un sano buonsenso. È bene dunque che non si vadano a tirare in questa direzione conseguenze “squadrate”, tipiche, talora, di una logica astratta. Così, noi cristiani per esempio, possiamo ritenere pesante che una religione possa obbligare una donna ad andare pure al mare tutta vestita ma mi pare saggio che la democrazia non si intrometta fino a questo punto. L’importante per esempio è che anche la donna possa scegliere liberamente la propria religione o filosofia e anche possa cambiare scelta. Nessuno può obbligarla in tal senso, in una democrazia. Altra cosa, per esempio, si può forse valutare andare con il volto coperto al punto di divenire irriconoscibile se e quando ciò può venire con equilibrio considerato un problema di sicurezza.
Anche il problema della democrazia e dell’abbigliamento è dunque una questione che può lasciare emergere, nelle soluzioni proposte, le squadrature, forzature, del vario razionalismo. Leggi troppo invadenti, lotte egemoniche, false neutralità… La via della democrazia può talora apparire faticare a trovare un suo equilibrio umano, pacifico e rispettoso senza essere poco avveduto, ingenuo. Il vario intellettualismo può anche qui rivelare la sua difficoltà nell’incontrare l’umano. Possiamo però osservare ancora una volta che l’accoglienza di persone e gruppi di altre culture può stimolare appunto, in un dialogo comune, la ricerca dell’umano umano. La ragione astratta può squadrare, azzerare, svuotare, forzare anche obliquamente, etc.; l’umano, mi pare, cerca di accogliere, di favorire la libera maturazione nella propria identità, nello scambio, nel rispetto di ciascuno. Che effetto può fare ad un ragazzo per esempio buddista, vedere che la sua entrata in classe ha comportato togliere il crocifisso? Non è, sottilmente, un azzeramento anche della sua visione della vita? Magari un gesto di accoglienza potrebbe rivelarsi domandargli se ha piacere che venga esposta anche un’immagine di Buddha. Ma qui comunque, come scrivo negli interventi precedenti, vi è a monte il problema del neutralismo svuotante, per esempio nella scuola. Sono tutte domande in una ricerca comune sull’umano.
Quando il nostro discernimento non lo sviluppiamo con meri ragionamenti a tavolino ma sulla via semplice del buonsenso nei valori che stiamo vissutamente maturando è questa luce serena, a misura, che scioglie gradualmente, tendenzialmente, dentro di noi i nodi, ci aiuta a trovare le risposte. Le risposte a tavolino, cercate con un ragionamento astratto ed immediato, possono nel tempo rivelare talora la loro schematicità. Talora invece camminando nella luce serena che ci è donata, gradualmente troviamo le risposte dello Spirito, le risposte, dunque, sempre più umane. Mi accorgo per esempio che sto reagendo in un certo modo in una situazione in realtà perché la vedevo in una luce distorta. Il frutto dello Spirito autentico (anche, in vario modo e misura, in un ateo) è amore, gioia, pace (cfr Gal 5, 22). Una via gradualmente semplice, buona, come il pane, allegra come il vino. Umana, piena di poesia.
Che bello una Chiesa sempre più attenta, per esempio, anche ad accogliere le persone senza forme varie di preferenza, senza burocratismi vari, prudenze poco evangeliche, ad ascoltare e dare spazio e parola ai profeti. Un dono di Dio molto profondo è, per la guida, l’accoglienza, anche il cercare con tutto il cuore profezie e profeti. Le due cose d’altronde sono strettamente legate. Anche perché Dio spiazza e sorprende. Per profezia intendo prima di tutto il venire condotti sempre più profondamente nel vivo sguardo di Cristo, Dio e uomo. Papa Francesco, per esempio, in tante cose mi pare un profeta. Rimanendo agli ultimi papi, ognuno di essi ha manifestato, mi pare, vissute intuizioni profetiche. Ogni persona può vivere e trasmettere qualcosa di profetico, di profondamente umano. Spiritualismo e razionalismo, l’uno per esempio variamente disincarnato, l’altro per esempio variamente schematico, possono non aver sviluppato una profonda attenzione alla profezia, ai profeti. Non a caso queste due tendenze possono orientare meno le guide ad un ascolto profondo, integrale, di tutta l’umanità della persona, della sua vita concreta. Può risultare dunque talora interessante osservare che nel riduttivismo dello spiritualismo, del razionalismo, l’arte può farsi anche quasi inconsapevolmente per esempio espressione, canto, di un certo malessere, di un bisogno umano e anche così, a suo modo, profezia. Qualcuno potrebbe obiettare che il profeta proprio in quanto tale propone cose nuove che non si è abituati a considerare. Ho già rilevato in precedenti interventi che questo può risultare veridico per alcune persone, in genere guide religiose, intellettuali, molto strutturate. Mentre la stragrande maggioranza delle persone si ritrova subito in una umanità più umana, a misura. Il punto dunque è, come notavo sopra, che, per esempio, spiritualismo e razionalismo, possono profondamente ridurre e distorcere l’ascolto. Ma vi è un ulteriore aspetto da considerare. La sete di luce è un dono che può che orientare gradualmente a passare per mari e per monti per incontrare da vicino i profeti. Premettendo che tale sete può ordinariamente maturare in un cammino graduale e dunque riferendomi alle guide, un motivo di incisiva riflessione potrebbe trovarsi in questa domanda: varcheresti mari e monti, chiedendo di superare con attenzione ogni tipo di possibile fasulla remora, per incontrare i profeti da vicino? Il punto è dunque il dono di grazia di intuire come la luce rinnovi, vivifichi profondamente, la vita delle persone e come vi siano sempre anni luce di luce che vanno oltre quello che ora vedo.
Altra cosa poi, per esempio, può talora risultare l’arte promossa dai potentati della terra. Quella programmata per vincere i premi del politicamente corretto. Quella che quando vince un premio ci dice chi è che ha il potere in mano nel mondo, etc.. Certo anche qui si possono trovare talora spunti interessanti ma questa arte può rischiare talora di essere uno strumento ben poco democratico di manipolazione delle coscienze. E anche a questo proposito si può forse sviluppare un incontro, un dialogo, ma anche una sana critica, una informazione diversa. Che forse, talora, può invece latitare. Come mai? Può, per esempio, essere un effetto dello spiritualismo, poco attento talora alle cose del mondo; o del razionalismo cristiano, che può talora squadratamente chiudersi in modo rigido e oscurantista o dal lato opposto entrare in un dialogo senza molte sfumature; potrebbe essere un effetto talora di una stampa cristiana eventualmente concentrata anch’essa nelle mani, di fatto, di pochi pastori, con tante possibili, non sempre più positive, conseguenze. Dunque, anche se la stampa cristiana cerca di fare tanto bene, anche qui vi potrebbero magari talora essere tante possibili vie di sviluppo evangelico, comunitario, che i pastori potrebbero intraprendere aiutando tra l’altro ogni possibile buon germoglio dei cristiani. Mentre le iniziative dalla base potrebbero talora non trovare tutti questi aiuti dai pastori e talora potrebbero incappare in, umanamente, inutili ostacoli. Va comunque rilevato che in una sempre rinnovata spiritualità-cultura possono svilupparsi dalla base molte piste nuove anche in questa direzione dell’informazione e della riflessione spirituale, culturale, pastorale, sociale, etc.. Tra queste sicuramente il costruire insieme, lo scambio, e anche la sempre più profonda, libera, vissuta, attenzione alla “profezia” e ai profeti. Potendo eventualmente accadere che ad aver voce in qualche pubblicazione cristiana siano persone con ruoli, competenze, variamente e in senso lato “formali”, cercare di dare voce a chi ha da dire qualcosa di nuovo potrebbe risultare un dono prezioso. Può anche risultare interessante osservare che proprio pubblicazioni forse gestite da professionisti più liberi, oltre che di cuore sincero, potrebbero rivelarsi quelle che divengono sempre più pronte a cogliere il possibile nuovo, la stessa possibile profezia. Si può in vario modo e misura trattare di canali particolarmente aperti allo Spirito.