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La misericordia di Dio sulle ferite del creato

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Vatican Insider - pubblicato il 27/08/16
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In queste ore di lutto che attraversa tutto il Paese non appare stonata la celebrazione dell’11ª Giornata Nazionale per la Custodia del Creato il prossimo 1° settembre. Istituita dalla CEI nel 2006 per esprimere lode e gratitudine per il dono della creazione e occasione per riflettere sulla cura che siamo tenuti a praticare nei confronti di cose e persone, sembra forse stridere al contrasto con l’impotenza umana di fronte alle catastrofi naturali, dove «sorella terra» sembra diventata matrigna. 

Ma «la misericordia dell’uomo riguarda il suo prossimo, la misericordia del Signore ogni essere vivente» (Sir 18, 12) ci ricordavano a Pentecoste i vescovi nel Messaggio che porta la firma delle Commissioni per i problemi sociali e il lavoro, la giustizia e la pace e per l’ecumenismo e il dialogo. 

Il Dio trinitario – che ha affidato l’universo alle sole leggi della natura – mostra quotidianamente la sua misericordia e, oggi come ieri, non cessa di chinarsi sull’umanità ferita.  

«Celebrare la Giornata del Creato nell’Anno giubilare è un invito a vivere fino in fondo – nella nostra esperienza di fede, come nei comportamenti quotidiani – questa dimensione della misericordia divina» si legge nel testo della CEI che continua, accomunandoci a tutte le Chiese cristiane, sollecitando a metterci alla «scuola dei Salmi» per «imparare la pratica della benedizione per la bellezza del creato e il rendimento di grazie per il nutrimento che ci offre e per la cura provvidente che ci avvolge». 

Ma i vescovi italiani – che già nel 2012 sollecitavano a non dimenticare le «ferite di cui soffre la nostra terra, che possono essere guarite solo da coscienze animate dalla giustizia e da mani solidali» perché «guarire è voce del verbo amare» – ci invitano oggi a percepire il «grido della terra» sulla scia delle parole di papa Francesco per la cura della nostra casa comune. 

«Leggere la Laudato si’ nell’Anno della misericordia significa anche imparare ad ascoltare il gemito e la sofferenza della «nostra oppressa e devastata terra», assieme a quello dei «poveri più abbandonati e maltrattati». E’ innegabile che abitiamo una terra ad alto rischio sismico e vulcanico, ma il nostro Paese è spesso segnato in molti modi anche dalla violenza dell’uomo che degrada la creazione: dall’inquinamento delle città, che mette a rischio la salute e la stessa vita di molti – quasi sempre soprattutto i più fragili, i poveri, gli esclusi – a quello di tanti territori, a seguito di pratiche industriali non sempre adeguatamente controllate in grado di provocare vittime la cui causa di morte si comprende magari dopo anni. E poi ancora i cambiamenti climatici, che portano alla continua crescita dei cosiddetti ‘migranti ambientali’, e al loro impatto sui cicli delle stagioni, sulla produzione agricola e sull’accresciuta violenza di tanti eventi metereologici estremi che Bergoglio definisce un «problema globale con gravi implicazioni ambientali, sociali, economiche, distributive e politiche, e costituiscono una delle principali sfide attuali per l’umanità» (LS 25).  

Come credenti dobbiamo essere coscienti che la cura della casa comune si esprime in un profondo ripensamento del modello di sviluppo, così come nel rinnovamento degli stili di vita, continua il Messaggio, che sottolinea come la sfida sia sempre quella di superare la «cultura dello scarto», che troppo spesso pervade sia la vita sociale che quella personale, per costruire un’economia sostenibile, capace di promuovere il lavoro umano in forme che custodiscano la casa comune.  

E da ultimo, sempre per coniugare l’Anno giubilare con le istanze dell’enciclica sociale, un invito ad «allargare il nostro cuore nel praticare la misericordia, scoprendoci membri di una comunità della creazione, che vive di una molteplicità di relazioni vitali», condividendo la tenerezza del Padre per ogni creatura e riconoscendone il valore intrinseco e il rapporto equilibrato tra la cura che dobbiamo agli esseri umani e l’attenzione agli altri viventi. Un riferimento significativo verso «le vittime del degrado ambientale provocato da guerre e migrazioni obbligate» perché, se è vero che le catastrofi naturali sono inevitabili, non così i conflitti e molto possiamo fare invece in tema di prevenzione dei rischi, di salvaguardia dell’ambiente, di mitigazione del cambiamento climatico, di una più equa distribuzione delle risorse del pianeta e di una limitazione dello spreco. 

E’ questa la vera conversione alla misericordia sulla lunghezza d’onda della Laudato si’: «un invito alla conversione ecologica, a un riorientamento delle pratiche che si radichi in un cuore rinnovato», in dialogo con religioni e culture, a partire dalle Chiese cristiane, per ricercare assieme le vie di una custodia efficace di «sorella terra». 

E, mentre dal 1° settembre al 4 ottobre, festa di san Francesco d’Assisi tutti i cristiani sono chiamati alla riflessione e preghiera per la custodia del creato, è significativo che lo Stato italiano abbia deciso di istituire, dal 2012, in data 9 ottobre la «Giornata in memoria delle vittime dei disastri ambientali e industriali causati dall’incuria dell’uomo». 

Dallo scorso anno poi il 1° settembre è diventato, per volontà di papa Francesco, anche Giornata mondiale di preghiera ecumenica. «Condividendo con il Patriarca ecumenico Bartolomeo I le preoccupazioni per il futuro del creato e accogliendo il suggerimento del suo rappresentante, il metropolita Ioannis di Pergamo, intervenuto alla presentazione dell’enciclica Laudato Si’ sulla cura della casa comune, desidero comunicarvi che ho deciso di istituire anche nella Chiesa Cattolica la “Giornata Mondiale di Preghiera per la Cura del Creato”, che, a partire dall’anno corrente, sarà celebrata il 1° settembre, così come già da tempo avviene nella Chiesa Ortodossa», scriveva Bergoglio il 6 agosto del 2015 con una lettera al cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace e al cardinale Kurt Koch, presidente del Pontificio Consiglio per la Promozione dell’Unità dei Cristiani. 

«Vivere la vocazione di essere custodi dell’opera di Dio è parte essenziale di un’esistenza virtuosa, non costituisce qualcosa di opzionale e nemmeno un aspetto secondario dell’esperienza cristiana» ricordava il pontefice che, come lo scorso anno, presiederà i Vespri per il creato. 

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