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Sisma, il vescovo di Ascoli: tutti ci chiedono di non abbandonarli

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Vatican Insider - pubblicato il 25/08/16
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«Sono rimasto fino alle due di notte: a Pescara del Tronto abbiamo assistito le popolazioni fino a quando non hanno fatto il riconoscimento delle ultime salme che arrivavano, ma ce ne sono ancora. I parenti non volevano allontanarsi da lì, abbiamo dovuto assisterli, stare con loro ed incoraggiarli. Io poi sono andato nella tendopoli per vedere dove erano sistemati. Avevano voglia di silenzio, ma bisognava parlare con loro. Quindi sono rimasto lì fino a mezzanotte. Poi sono venuto ad Ascoli ed anche qui la gente era piena di paura, dormiva per strada». È quanto racconta stamane alla Radio Vaticana monsignor Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno, che dalle prime ore di ieri è tra i terremotati, la sua gente, aiutando, confortando e anche scavando tra le macerie. 

A proposito dei bimbi salvati, tra cui una bambina estratta viva dalle macerie dopo più di 15 ore, ad Arquata del Tronto, D’Ercole dice che «sono quegli episodi che danno tanta speranza accanto ad episodi tristi dove, per esempio, famiglie hanno sperato fino alla fine che i loro piccoli potessero essere ritrovati salvi e invece sono stati ritrovati morti. Ieri sera verso le otto c’è stato questo episodio: questa bambina scioccata, ovviamente, ma che è stata estratta viva, è un segno di speranza». «Ieri ho visto Vigili del fuoco stremati – prosegue il vescovo -. Il loro lavoro, quello della Protezione civile, degli speleologi, il lavoro di tanti volontari è stato massacrante. Tra l’altro, sono riuscito con le mie mani a recuperare tra le macerie un Crocefisso ed ho notato, nella chiesa di Pescara del Tronto, che l’unica immagine rimasta intatta è quella del Perpetuo Soccorso: la Madonna». 

Secondo D’Ercole, «la gente ha sentito tanta vicinanza. Ovunque andavo, la gente mi abbracciava mi diceva: `Grazie perché state vicino a noi´. Ovviamente non lo diceva a me, ma era verso tutti. Abbracciavano me che stavo in mezzo a loro, come pure altri sacerdoti». «Ieri, verso mezzanotte – aggiunge -, quando ho salutato le persone che stavano nella tendopoli, mi hanno detto: `Grazie perché siete stati con noi in questo momento, ma non ci abbandonate´. La parola che ritorna più spesso è proprio questa: `Non ci abbandonate, perché ormai non abbiamo più nulla´. Una persona mi ha detto: `Adesso abbiamo soltanto voi´. Oggi in un certo senso sarà un po’ più triste di ieri perché c’è il dolore della gente e la speranza dei sopravvissuti che cercano i loro cari che va diminuendo. Quindi, bisognerà stare ancora più vicino a loro». 

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