Parla padre Spadaro: la misericordia come categoria politica significa non considerare mai niente e nessuno “perduto” nei rapporti tra statidi Federico Ferraù
«Francesco sa bene che la pace “pura” non esiste, ma sa anche che la Misericordia cambia il mondo», dice padre Antonio Spadaro, direttore de “La Civiltà Cattolica”, a “ilsussidiario.net”, alla vigilia dell’incontro al Meeting su “La diplomazia di Francesco”. Ma per papa Bergoglio la misericordia è anche una categoria politica; un elemento di cui oggi non si comprende ancora appieno la portata.
Un accostamento, quello di misericordia e politica, che certo non viene spontaneo.
Incontrando il Corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede, l’11 gennaio scorso Papa Francesco ha evocato la misericordia otto volte. Dio agisce nella vita delle persone, ma anche dentro i processi storici dei popoli e delle nazioni, pure i più complessi e intricati. Così la misericordia di Dio si inserisce all’interno delle vicende di questo mondo, anche delle società e dei gruppi umani. Francesco esprime uno spirito profetico che incide sulla politica alta.
In che modo questo principio si traduce in politica?
Concretamente la misericordia come categoria politica in estrema sintesi significa: non considerare mai niente e nessuno come definitivamente “perduto” nei rapporti tra nazioni, popoli e Stati. Questo è il nucleo del suo significato politico.
Eppure, un magistero ispirato alla misericordia sembrerebbe andare in direzione contraria rispetto a relazioni basate su strategie e rapporti di forza. Perché non è così?
Perché la presenza misericordiosa di Dio può mutare un tempo di miseria geopolitica nella “pienezza del tempo” cristiana. Questa dunque è la potenza della misericordia: mutare il significato dei processi storici, sciogliendone le fangosità e travolgendone i detriti.
Che cos’è la “paziente empatia” di cui si parla in “Evangelii Gaudium” e qual è il suo ruolo nell’azione pubblica, e dunque anche politica, di papa Francesco?
La posizione voluta dal Papa consiste nel non dare torti e ragioni, perché alla radice comunque c’è una lotta di potere per la supremazia regionale, definita dal Papa “vana pretesa”. Non c’è dunque da immaginare uno schieramento per ragioni morali, ma si impone la necessità di vedere il quadro da un’ottica differente.
Papa Francesco si è rivelato decisivo in varie questioni internazionali. In che modo papa Bergoglio fa le sue scelte?
La misericordia si delinea politicamente in libertà fluida di movimento, in non accettazione di schieramenti rigidi. Tutto questo mette in moto logiche imprevedibili, proprie di una visione poliedrica. La logica qui è flessibile, elastica, in fondo espressione di un pragmatismo positivo. La sua è una geopolitica non deterministica, che scruta i segni oscuri dei tempi non per rassegnarvisi, ma per intenderli e, per quanto possibile, sovvertirli.
In che modo entra qui in gioco la scelta delle periferie? Essa dopotutto riguarda lui stesso, un papa venuto dalla “periferia sud del mondo”…
In una intervista a “La Cárcova News”, un giornalino di quartiere legato a una villa miseria, Francesco ha chiarito che cosa egli intenda per periferia. Nella misura in cui usciamo dal centro e ci allontaniamo da esso scopriamo più cose, e quando guardiamo al centro da queste nuove cose che abbiamo scoperto, da nuovi posti, da queste periferie, vediamo che la realtà è diversa. E ha fatto un esempio: «L’Europa vista da Madrid nel XVI secolo era una cosa, però quando Magellano arriva alla fine del continente americano, guarda all’Europa dal nuovo punto raggiunto e capisce un’altra cosa». Lo sguardo di Bergoglio è, dunque, quello di Magellano e vuole continuare a esserlo.
Papa Francesco è preoccupato per i molti fronti caldi. A chi si appoggia?
La Santa Sede ha stabilito o vuole stabilire rapporti diretti e fluidi con le superpotenze, senza voler entrare in reti precostituite di alleanze e influenze. E questo in un quadro internazionale molto diverso da quello vissuto fino a pochi anni fa e che richiede — in particolare per il Medio Oriente — soluzioni ben diverse da quelle già sperimentate in passato. Francesco lo ha capito, tra l’altro, decidendo il viaggio a Sarajevo e verificando la precarietà degli accordi di Dayton.
Un’ultima domanda, padre Spadaro. Il titolo del Meeting e la diplomazia di Francesco.
“Mai senza l’altro” era il titolo di un libro di Michel de Certeau. La mia vita non è mai concepibile senza l’altro, senza il tu. La vera tragedia non è il con- flitto, ma la separazione. La tragedia accade soltanto quando si rinuncia all’altro e ci si separa. In questo senso, ad esempio, Francesco insiste sull’inserimento delle differenze (di epoche, di nazioni, di stili, di visioni…) nel processo di costruzione dell’Europa che, nata dall’incontro di civiltà e popoli, nasce per includere, non per contrapporre o escludere.