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Pakistan, a ottobre l’udienza per Asia Bibi

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Vatican Insider - pubblicato il 24/08/16
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Imminente il riesame del caso davanti alla Corte Suprema. Tra preghiera e speranza si chiede «una preghiera speciale di Papa Francesco». Un avvocato cristiano, minacciato, costretto a lasciare il paesedi Paolo Affatato

 

Il caso di Asia Bibi sarà esaminato dalla Corte Suprema del Pakistan, con ogni probabilità, nel prossimo mese di ottobre: lo conferma a Vatican Insider Joseph Nadeem, tutore legale della famiglia della donna, e responsabile della Renaissance Education Foundation, organizzazione che a Lahore garantisce l’istruzione ai figli di Asia e attualmente offre l’alloggio ad Ashiq Masih, marito della donna condannata a morte per blasfemia. Il verdetto emesso a novembre 2010 è stato confermato quattro anni dopo dalla Corte di appello. Asia è ora in attesa del terzo e ultimo grado del processo che potrebbe restituirle la libertà o sancirne l’esecuzione.

«Dopo l’ennesima richiesta di fissare una udienza, inoltrata alla Corte Suprema dal nostro avvocato Saiful Malook, abbiamo inteso, in via informale, che la data dovrebbe essere nel mese di ottobre. Siamo fiduciosi nel buon esito del processo. In questi casi la Corte potrebbe giudicare anche dopo una solo o due udienze», spiega Nadeem.

La situazione di Asia Bibi è per ora stabile. La donna si trova nel carcere femminile di Multan, sottoposta a un rigido protocollo di sicurezza per garantirne l’incolumità. Nei mesi scorsi, infatti, si è risvegliato il movimento estremista che ne chiede a gran voce l’esecuzione, anche extragiudiziale.

Nel marzo scorso i fanatici che chiedono la testa di Asia, in quanto «donna blasfema», sono scesi in piazza e hanno rievocato il suo caso in occasione dell’impiccagione di Mumtaz Qadri, il killer reo confesso di Salman Taseer, governatore del Punjab ucciso nel 2011 proprio per aver difeso e proclamato pubblicamente l’innocenza di Asia Bibi.

Nell’imponente manifestazione di cinque mesi fa, circa 100mila persone, guidate da movimenti islamici estremisti, avevano messo sotto scacco l’esecutivo del Pakistan, varcando la «zona verde» e organizzando un sit-in di protesta di fronte agli edifici governativi a Islamabad. Tra le richieste per recedere, quella di cancellare ogni proposta di riforma della legge sulla blasfemia e di mettere a morte Asia Bibi. Il governo ha fatto buon viso a cattivo gioco, accogliendo alcune delle istanze, sottoscrivendo una dichiarazione di principio che dava garanzie di non abrogare la legge di blasfemia, normativa che in Pakistan punisce con l’ergastolo o la pena di morte il vilipendio all’islam.

In tale quadro il processo per Asia Bibi si era complicato e i legali avevano preferito aspettare dei mesi per far calmare le acque: ora, dopo la pausa estiva, gli avvocati di Asia ha deciso di ripresentare richiesta di udienza.

Ashiq e le figlie non vedono Asia Bibi dal maggio scorso. Le misure di sicurezza e anche le difficoltà economiche che attraversa la famiglia, residente a Lahore, hanno reso arduo visitare con regolarità la donna reclusa. «La preghiera e la speranza però non vengono mai meno. Sappiamo che in carcere Asia lotta, prega e spera. Anche noi continuiamo la nostra lotta per la giustizia e per far riconoscere la meritata libertà a una innocente», osserva Nadeem.

«In questo momento cruciale – prosegue – chiediamo con fede che tutti i cristiani nel mondo preghino per Asia Bibi. E chiediamo a Papa Francesco una preghiera speciale per lei». «E’ vero che ci sono circostanze molto difficili per Asia e che in questi anni di prigionia ha sofferto molto. Ma siamo ben coscienti che se Dio è con lei, il male non potrà nulla contro di lei. E Asia riavrà la sua libertà e una nuova vita», conclude.

Sarà lontano, allora, quel torrido pomeriggio dell’estate del 2009 quando, per l’arsura, la contadina cristiana del Punjab bevve da una fonte d’acqua con le altre braccianti agricole, con cui condivideva il lavoro a giornata. Da lì l’appellativo discriminatorio di «impura» perchè cristiana, il litigio, la falsa accusa di blasfemia. Da lì il calvario che dura ancora oggi.

Gli ostacoli, però, non sono ancora superati: sul pronunciamento del supremo tribunale pesano comunque le pressioni dei gruppi islamici radicali, che potrebbero assieparsi davanti alla Corte. D’altro canto si teme che un possibile verdetto favorevole alla donna possa scatenare attacchi indiscriminati contro i cristiani in Pakistan, secondo la logica di «punizione collettiva» che già in altri casi ha mietuto vittime.

Intanto, dopo aver subito numerose minacce di morte, Sardar Mushtaq Gill, uno degli avvocati cristiani che in passato si era impegnato in prima persona per Asia Bibi, è stato costretto a lasciare il paese e a chiedere asilo in Sri Lanka, con la sua famiglia. «Urgono misure più forti di tutela e protezioni per i difensori dei diritti umani in Pakistan», ha scritto in un appello al governo l’organizzazione non governativa Christian Solidarity Worldwide.

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