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«Quanto è sublime il Vangelo!». La fede di Napoleone Bonaparte

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 22/08/16
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I dialoghi su Dio e Gesù tra l'Imperatore e il generale (ateo) Bertrand

I dialoghi su Dio e Gesù tra l’Imperatore e il generale (ateo) Bertrand

Amava dialogare su Dio, Gesù, sulla potenza del Vangelo. Era un credente e un testimone della sofferenza e del perdono cristiano di nemici e traditori

Stiamo parlando di un inedito Napoleone Bonaparte, cattolico doc, raccontato in “Conversazioni sul cristianesimo” (Giorgio Carbone, Edizioni Studio Domenicano).

Le conversazioni si riferiscono all’ultimo periodo di Napoleone a Sant’Elena in compagnia dei fedelissimi generali Bertrand e Montholon, ateo dichiarato il primo e cristiano tiepido il secondo.

IL GENIO DI DIO

Bertrand amava stuzzicare l’Imperatore: «Sire, lei crede in Dio, e anch’io credo; ma insomma, che cosa ne sa? L’ha per caso visto?». E l’Imperatore replicava: «Che cosa è Dio? Che cosa ne so io? Ma allora, risponda lei a questa domanda: Come giudica se un uomo è geniale? È una cosa che lei ha mai vista, dico il genio? Che cosa ne sa lei, per credere nel genio? La risposta è: si vede l’effetto, e da questo si risale alla causa, e si crede che questa causa esista, insomma che essa sia reale».

COME IN BATTAGLIA

Napoleone fa un esempio: «Quando durante una battaglia le cose si mettono al peggio, lei cosa fa? Comincia a guardare verso di me, per trovare una via d’uscita. Perché guarda a me? Perché ha l’istinto di credere nel mio genio; ne ha bisogno. Nel folto della mischia, quando le sorti della battaglia erano incerte, perché lei, generale, mi cercava con lo sguardo, le sue labbra quasi mi chiamavano, e da ogni parte si sentiva gridare: Dov’è l’Imperatore, e quali sono i suoi ordini? E questo era il grido dell’istinto, e della fede in me. Ecco, anch’io ho un istinto, una fede, una certezza, un grido che mio malgrado esce dal mio petto, quando rifletto e guardo la natura, e mi dico: Dio! Resto ammirato e grido: Sì, Dio c’è! Come le mie vittorie hanno convinto lei a credere in me; così l’universo mi fa credere in Dio».

“CAUSA DELLE CAUSE”

L’imperatore sentenzia: «Io credo in Dio, a causa di ciò che vedo, e di ciò che sento. Questi effetti mirabili dell’onnipotenza divina non sono altrettanto eloquenti delle mie vittorie? Cosa vuole che sia la manovra militare più brillante, a confronto del movimento degli astri? Ecco, a me gli effetti divini fanno pensare a una causa divina, perché c’è una ragione superiore, un Essere Infinito, che è la causa delle cause, ed è anche la causa della sua [di Bertrand] intelligenza».

CONTRO L’ATEISMO

Non manca una critica netta agli atei come Bertrand. «Io perdono molte cose, ma ho orrore degli atei e dei materialisti… Cosa vuole che io abbia in comune con un uomo che non crede all’esistenza dell’anima, e che crede che l’uomo sia un mucchio di fango? Cosa vuole che io abbia in comune con un uomo che pretende che io sia, come lui pensa di essere, solo un mucchio di fango?».

RELIGIONE CONTRO L’INQUIETUDINE UMANA

L’antidoto all’ateismo è la religione.

«Tutto proclama l’esistenza di Dio, ciò è indubbio… Da quando presi il potere, mi proposi di ristabilire la religione… Ai miei occhi la religione è la base e il fondamento della morale, dei principi, e dei buoni costumi. L’inquietudine dell’uomo è tale che solo può placarla il mistero meraviglioso del cristianesimo…».

Il generale Bertrand allora, rivolto all’Imperatore, disse: «…così andava a finire che egli [Napoleone] sarebbe diventato devoto…». L’Imperatore così replicò a Bertrand: «Temo invece che ciò non accada; voglia Dio che io muoia da buon cristiano! Secondo me l’incredulità non deriva dal capriccio, né dal libertinismo. L’uomo non deve dare niente per scontato, soprattutto a riguardo degli ultimi istanti della vita».

IL FASCINO DI GESU’

Napoleone era anche affascinato da Gesù. «La sua religione è un segreto di cui solo lui ha le chiavi, e proviene da un’intelligenza che certamente non è l’intelligenza dell’uomo. C’è un’originalità profonda che genera parole e massime sconosciute. Gesù non si appoggia ad alcuna delle nostre scienze; solo in lui si trovano i fatti e gli esempi della sua vita: non è un filosofo, perché procede attraverso miracoli, e fin dall’inizio i suoi seguaci erano anche i suoi adoratori, che egli persuade con un richiamo al cuore, e non con uno spiegamento sontuoso di logica. Perciò non ha bisogno di imporre ad alcuno studi preliminari, né conoscenze di alcun tipo: per lui la religione consiste nel credere».

IL “TRIONFO” DELL’ANIMA

Del resto, «tutti sappiamo che le scienze e la filosofia non servono in alcun modo per la nostra salvezza», e Gesù viene nel mondo «per rivelare solo i segreti del cielo, e le leggi dell’anima. Egli perciò si rivolge solo all’anima, e infatti nel Vangelo egli vi si richiama costantemente».

A lui, prosegue Napoleone, «l’anima basta, come egli basta all’anima: prima di lui, l’anima non era niente, poiché la materia e il tempo erano i padroni del mondo. Dopo di lui, tutto è stato riportato nel posto giusto, e la scienza e la filosofia sono state riportate al proprio ruolo secondario nel destino dell’uomo. Con lui, l’anima ha riconquistato la propria sovranità, e tutta l’impalcatura della speculazione filosofica crolla per la forza di una sola sua parola: la fede. Quale maestro, e quale parola sono stati capaci di operare questa rivoluzione!»

UN VIAGGIATORE AUDACE

Per l’imperatore nessuno mai, oltre a Gesù, ha insegnato con autorità la dottrina e la preghiera. «senza che alcuno possa contraddirlo! Primo, perché il Vangelo contiene la morale più pura; e poi, perché il dogma da lui predicato è la proclamazione della verità come essa esiste, ma in un modo che non può essere raggiunto né da ragionamento, né da mente umana. Chi sarebbe così demente da smentire un viaggiatore intrepido che narra le meraviglie delle cime innevate, che lui solo ha avuto l’audacia di visitare? Cristo è appunto il viaggiatore audace, e rispetto a lui si può rimanere scettici, ma non si può dire: Questo non può essere!»

LA LEZIONE DEL VANGELO

Nella storia, conclude Napoleano, «invano, ho cercato qualcuno paragonabile a Gesù, o una realtà qualsivoglia comparabile al Vangelo, senza trovare né l’uno né l’altra: né la natura, né la storia, né gli uomini hanno niente che possa essere posto al livello o sia comparabile a Gesù». Nel Vangelo «tutto è straordinario, e in esso tutto è al di fuori e al di sopra della mente umana». Neanche gli atei, chiosa, «hanno mai osato negare la sublimità del Vangelo, che ispira loro una venerazione obbligata! Quanta felicità procura il Vangelo nei credenti, e quanta ammirazione in tutti coloro che lo leggono e lo meditano! Tutte le parole vi sono suggellate e concordi come le pietre di una costruzione».

 

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