Torino, Milano, Cracovia. La rivoluzione delle magliette di Alessandro Ferrari era cominciata al Sermig nel 2008, l’Arsenale della Pace che da 50 anni aiuta i poveri e cambia i cuori di chi lo visita. È la forza della carità torinese: gambe con cui il sogno di un educatore milanese adesso cammina per il mondo intero. A fine luglio, all’incontro con Papa Francesco in Polonia, mille italiani hanno indossato le t-shirt di Ferrari in mezzo ai giovani di 180 paesi. Belle, intelligenti, solidali: le produce una cooperativa sociale di Oggiono (Lecco), le comprano gli oratori, le notano tutti.
«Il bene genera bene». «La pace ha bisogno di me». «La strada si apre camminando». Ape Italian Style stampa messaggi positivi su tessuti naturali realizzati in laboratori etici. Come per cancellare le scritte volgari di tanti celebri marchi d’abbigliamento. Ferrari era stufo di vederle nelle parrocchie: ha 42 anni e dal 2001 lavora per la diocesi di Milano, dopo un passato da grafico pubblicitario e la conversione «merito di alcuni preti in gamba». Quando debutta come stilista, nel 2006, i primi capi vanno a ruba. Poi a Torino conosce la fraternità di Ernesto Olivero, i suoi discorsi sulla generosità: ritira la merce dal mercato e ripensa il business in chiave benefica. “Ho capito che non era il caso di guadagnarci – racconta. Mi bastava il mio lavoro, con Ape potevo restituire quello che ho ricevuto”.
Oggi le sue magliette (e pure felpe, cappellini e tute) si acquistano solo online. «Sono fatte con una cura particolare e hanno prezzi inferiori a quelli delle grandi aziende». Il 5% del ricavato va all’Arsenale, il resto viene reinvestito sulla produzione. Sono preparate da disabili e persone in difficoltà: “Abbiamo scelto di dare lavoro agli ultimi, non a chi ha già i soldi. Sarebbe bello se la Chiesa facesse sempre così”. Piacerebbe al papa, la moda cristiana di Ferrari. É piaciuta ai ragazzini: “Quest’estate, anche grazie alla Gmg, le vendite sono quasi raddoppiate”. Seimila ordini, da Roma, Assisi, dalla “sua” Brianza: da giugno Ferrari dirige l’oratorio di Bellusco. È di Sesto San Giovanni e vive con la moglie e i due figli a Lissone, 150 km dalla Mole: quando si è sposato è venuto a festeggiare al Sermig.
Alcuni anni fa le sue magliette avevano vestito gli animatori della diocesi sabauda. Stavolta romani e lombardi le hanno usate per il viaggio in Polonia. La più diffusa? “Chi cambia sé cambia il mondo”. Una specie di sintesi della Gmg: a Cracovia Francesco ha chiesto ai ragazzi di “scendere dal divano” e migliorare le cose. “Ascoltandolo ci è venuta voglia di lanciargliene una”.
Ferrari parla sempre al plurale. Come per ringraziare fotografi, designer e amici che lo hanno sostenuto finora. Non bastano più: Ape vuole volare lontano e cerca professionisti e risorse per crescere. La sigla sta per “All People Enlightened”, tutti illuminati. Ma è nato prima il logo, all’italiana: l’insetto giallo e nero. “Cosa significa? Lasciatevi pungere dall’idea del cambiamento”.