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Mosca, addio a Rada la figlia di Krusciov che vide Giovanni XXIII

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Vatican Insider - pubblicato il 14/08/16
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Rada Krusciova azzardò felice: «Lei ha le mani grosse e nodose dei contadini, come quelle di mio padre». Alla fine dell’udienza Giovanni XXIII confidò al segretario Loris Capovilla: «Può essere una delusione o un filo misterioso della Provvidenza che non ho il diritto di rompere».

La storia ha dimostrato l’importanza di un gesto inatteso. La «diplomazia dei rapporti personali» di Giovanni XXIII avviò nel ’63 il disgelo col Cremlino quando quella giovane russa fu accolta in Vaticano col marito Alexei Adjubei. Ieri Rada, figlia dell’ex leader sovietico Nikita Krusciov, è morta, in un ospedale di Mosca, a 87 anni. «Per sciogliere le rigidità della geopolitica, serviva il sorriso del Papa buono – spiega lo storico cattolico Agostino Giovagnoli -. L’Ostpolitik faceva leva sul rispetto per la persona, considerava i comunisti come individui e non come espressione di un’ideologia o movimento politico. Affetti e legami familiari placarono i venti della Guerra Fredda». Da lì in poi la tela diplomatica della Santa Sede avvicinò l’Est europeo ricavando spazi di libertà dopo decenni di feroce oppressione della Chiesa. La Segreteria di Stato traduceva in passi formali le «conquiste del dialogo» applicando la lezione di Angelo Roncalli: valorizzare ciò che unisce e non ciò che divide. Una svolta storica. Anche l’Osservatore Romano rievoca ora l’incontro tra Giovanni XXIII attraverso la ricostruzione di Rada. «Mio marito e io eravamo presenti alla consegna del premio Balzan e, al termine della cerimonia, venimmo accompagnati nella biblioteca dove il Papa era già ad attenderci». Assistiti da un traduttore, «gli consegnammo un messaggio di mio padre che esprimeva apprezzamento per i suoi sforzi per la pace». E «in risposta il Pontefice ci diede una lettera dove si augurava la speranza di futuri passi per un avvicinamento». Con emozione, scrive il quotidiano vaticano, Rada ricordava come anche Giovanni XXIII avesse messo in evidenza «le comuni origini contadine con mio padre» e anche le comuni drammatiche esperienze delle due guerre mondiali. Poi «volle sentire dalla mia voce i nomi dei miei tre figli: Alexei, Nikita, “come il nonno” disse il Papa, e Ivan, “cioè Giovanni, come me”».

Giovanni XXIII regalò a Rada un rosario e a suo marito le medaglie del Concilio. Tre mesi dopo Roncalli muore. Krusciov invia un telegramma di «profonde condoglianze». E promette: «Conserveremo buona memoria». Il Vaticano II e la Ostpolitik creano occasioni di conoscenza personale, abbattono muri di diffidenza e ostilità. Due anni fa Rada esultò per la canonizzazione di Roncalli, voluta da Francesco. Descrisse il carisma di «un fautore di rinnovamento nella sua istituzione, e in un respiro più ampio, di pace nel mondo». E rivelò: «Sapevamo che in Vaticano c’erano due fazioni, una favorevole e l’altra contraria alla nostra richiesta di un incontro con il Papa». Il calore di una mano tesa contro la logica dei blocchi contrapposti. «Alla fine il Papa ci accompagnò alla porta. Quel che successe dopo è noto». Roma e Mosca. Il tepore del tinello di casa invece del gelo delle cancellerie.

Questo articolo è stato pubblicato nell’edizione odierna del quotidiano La Stampa

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