La vita attraverso gli occhi di un bambino che vive senza tecnologia nelle splendide foto di Niki Boon
di Garrett Johnson
La fotografa Niki Boon, che attualmente vive in una grande fattoria in Nuova Zelanda, parla così della sua scelta di vita: “I miei figli non vanno a scuola e vivono senza televisione, senza alcun moderno dispositivo elettronico. Uno stile di vita che ad alcuni potrebbe sembrare anticonformista, ma sono qui per celebrare il posto magico in cui ho scelto di vivere con la mia famiglia”. (Fonte: MyModernMet)
“Credo che si debba raccontare la vita con onestà. Cruda onestà. C’è bellezza nelle cose ordinarie. La vita di ogni giorno mi ispira, resto colpita dai piccoli dettagli. Credo che nelle cose semplici risieda l’essenza della propria famiglia, la propria storia. È questo ciò che ci sostiene e che ci fa andare avanti nei momenti difficili. Questo è ciò che mi sento portata a immortalare quando scatto fotografie… immagini che vi faranno pensare non solo a come appariva la vostra vita, ma anche alle sensazioni che eravate soliti provare”. (Niki Boon)
La società di oggi è totalmente schiava del mito della comodità. Un mito che promette ogni cosa con un semplice schiocco di dita. Tutto è immediato, semplice, equilibrato. Vogliamo qualcosa? La cerchiamo e la prendiamo. Al gusto della scoperta abbiamo preferito la banalità della comodità, del farsi consegnare tutto a casa.
I bambini, in questo senso, sono molto saggi. Non riescono a stare seduti nello stesso posto. La mediocrità non ha affatto senso, per loro. Non vogliono l’equilibrio, vogliono grandezza! La noia è il loro incubo peggiore. Scoprire cose nuove, questo è ciò che rende le loro giornate degne di essere vissute.
Sebbene al giorno d’oggi vi siano molte tecnologie degne di nota, non possiamo fare a meno di chiederti: quando è stata l’ultima volta che hai rischiato qualche morso d’insetti per aspettare di vedere una stella cadente a notte fonda? Quando è stata l’ultima volta che hai usato le tue gambe, e non uno schermo, per scoprire la vita da un’altra prospettiva? Quando è stata l’ultima volta che ti sei sporcato e forse anche un po’ fatto male, pur di andare a respirare una boccata d’aria pura? Non si tratta di esperienze sensoriali fine a loro stesse. Il punto è riscoprire emozioni autentiche, riscoprire la capacità di provare sensazioni. E permettere a queste sensazioni di aprirci alle meraviglie del mondo intorno a noi.
Perché siamo così impegnati ad eccellere nel mondo virtuale, quando le meraviglie che ci circondano sono più belle di qualsiasi codice informatico? Non è che forse abbiamo person il contatto con la nostra creatività, con la nostra autentica ricchezza? E che dire della bellezza, della meraviglia che ci scorre dentro? Come siamo finiti a pensare che un gioco sull’iPad è più divertente di fare bolle di sapone o di ascoltare una fiaba raccontata da mamma e papà?
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La persona media guarda il proprio telefono quasi 85 volte al giorno. Cosa potrebbe accadere se decidessimo di guardare negli occhi le persone che amiamo, perdendoci nella loro misteriosa bellezza, 85 volte al giorno?
La nostra intolleranza al dolore ci rende spesso ancora meno sensibili alle gioie e ai piaceri della vita. Abbiamo preso le montagne russe della vita e ne abbiamo voluto fare un marciapiede da passeggio. Qual è il risultato? La noia. Quella sensazione che ci assale quando abbiamo preso tutto ciò di unico e autentico che c’è in questo mondo, lo abbiamo inquinato con le nostre paure e annegato nei nostri bisogni artificiali.
Questo è vero anche, e soprattutto, negli alti e bassi delle nostre relazione con gli altri. Se continuiamo a preferire la comodità alla scoperta, la mediocrità alla meraviglia… che possibilità abbiamo di svegliarci ogni giorno con le persone che amiamo e scoprire in loro qualcosa di autenticamente nuovo e meraviglioso?
In queste fotografie si respira il senso di stupore. Si respirano emozioni. Sono, come direbbe la signora Boon, “crude”. Non nascondono nulla, né la meraviglia né il dolore. Ogni giorno è una scoperta, una prima volta, un momento per svegliarsi e guardare il mondo da un’altra prospettiva.
La tecnologia, piuttosto che soddisfare i nostri desideri, spesso finisce col domarli e renderli schiavi a sé. Il percorso della fede è, in un certo senso, l’opposto: è il percorso che ci porta a imparare a desiderare in modo autentico. Mira ad accendere il desiderio e le aspettativa dell’oggetto del nostro amore. Rifiuta l’equilibrio (inteso nel senso più mediocre), e abbraccia la tensione che è conseguenza della bellezza, della verità, della speranza.
Quando Gesù ci invita ad essere come i piccoli fanciulli, credo che cerchi dei cuori pieni di desiderio.
[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]