Stavolta #JeSuisFrereJacques, l’hastag con il quale all’indomani di Charlie Hebdo i social network hanno preso a identificarsi con le vittime degli attentati, non è rimasto solo uno slogan virtuale. Il giorno dopo aver seguito la Messa domenicale accanto a migliaia di musulmani affluiti nelle chiese delle principali città per dissociarsi dagli assassini del parroco di Saint-Etienne-du-Rouvray, i vescovi italiani ammettono che l’iniziativa lanciata dalle comunità islamiche ha funzionato, che oltre ai leader delle diverse organizzazioni hanno partecipato anche moltissimi fedeli a titolo personale, che, probabilmente rassicurata dal netto rifiuto del Papa di associare il Corano alla violenza, la “umma” nazionale ha vinto quella certa timidezza con cui finora era stata accusata di denunciare i kamikaze.
È presto per dire se l’abbraccio tra i sacerdoti, gli imam e i loro rispettivi popoli si rivelerà la chiave di volta della lotta al terrorismo, come quando nell’Italia degli anni di piombo gli operai voltarono le spalle a quelli che pretendevano di rappresentarli con il passamontagna e le P38. Ma di sicuro le chiese multi-confessionali che domenica hanno fatto muro contro la guerra di religione agognata dall’Isis sono un passo avanti rispetto alla strage del Bataclan, quando l’invito alla mobilitazione degli imam europei e italiani restò pressoché inascoltato.
Padre Jacques Hamel non c’è più ma la sua morte potrebbe segnare una svolta, dicono oggi in Vaticano. Bergoglio non fa che ribadire l’urgenza del dialogo per costruire la pace e i suoi raccolgono il messaggio: non è il momento di dividersi.
«E’ un segno, nient’altro che un segno, ma molto importante e significativo» osserva il presidente dei vescovi Angelo Bagnasco. Criticando quei cattolici che hanno espresso riserve: «Veramente non capisco il motivo. Il motivo non mi sembra proprio esistente». A suo dire l’adesione di migliaia di musulmani alla preghiera davanti all’altare vuole essere «una parola di condanna e una presa di distanza assoluta, da parte di chi, musulmani ma non solo, non accetta alcuna forma di violenza» ammantata da motivi di carattere religioso. In linea con il Pontefice il presidente della Cei rifiuta l’identificazione dell’islam con la violenza e auspica che la richiesta d’aiuto dei vescovi raccolta dalle comunità islamiche italiane all’indomani dell’omicidio di padre Hamel rappresenti un precedente: «Ci auguriamo che ci siano altri segni di condanna da parte dei moderati e dei non fondamentalisti, perché la prima, la più giusta, la più buona e forse la più efficace reazione alla barbarie deve venire innanzitutto da loro, in quanto moderati, in quanto non fanatici, in quanto persone di buon senso».
Il terrorismo, insiste il patriarca di Venezia Francesco Moraglia, si batte se «la società civile e le comunità religiose si mobilitano insieme, con una sola voce, per promuovere la fratellanza». Ognuno deve fare la sua parte, l’occidente ascoltando il richiamo del Papa a non cedendo alle sirene dell’islamofobia e i musulmani cosiddetti moderati continuando a «prendere le distanze dalle ideologie distorte». Vale a dire che alle dichiarazioni virtuali di solidarietà e ai mille #JeSuis devono seguire gesti concreti, come domenica. Il tempo stringe.