«Questo invito degli imam ad andare in chiesa mi sembra di portata eccezionale, tanto che anch’io intendo essere testimone di questa svolta. Nessuno può pensare di sconfiggere il terrorismo senza l’aiuto delle comunità islamiche».
Il procuratore di Torino Armando Spataro può considerarsi a buon diritto uno dei massimi esperti di terrorismo oggi in Italia e probabilmente in Europa. Esiste una sua pubblicazione del 2008 per la Oxford University intitolata «Perché si diventa terroristi», che oggi andrebbe fatta studiare a tutti gli investigatori europei visto che, oltre a un’analisi investigativa, analizza la psicologia e dunque la formazione del terrorista islamico.
«Del “cosiddetto” terrorista islamico. Meglio precisare».
Perché, dottor Spataro, non sono islamici i seguaci dello Stato Islamico?
«La religione islamica non prevede affatto l’uso della violenza per affermare i propri principi. Dunque, quei soggetti interpretano a modo loro i doveri religiosi».
Un po’ troppo «politically correct…
«Se vogliamo combattere il terrorismo, dobbiamo essere precisi nelle definizioni e nella conoscenza del nemico. Che non è il mondo islamico, ma il Califfato e i suoi adepti».
Chi sono questi terroristi?
«Intanto, a differenza del passato, hanno un luogo fisico e geografico di riferimento: l’Islamic State, una struttura cioè che si atteggia a Stato e non è clandestina. L’altra novità è che non esistono più luoghi fisici dove i terroristi vengono preparati ad agire, ma tutto avviene attraverso un uso sapiente del web. Si recluta e si addestra attraverso Internet: è semplice, facile, espone a pochi rischi».
Possiamo tracciare un identikit del «lupo solitario»?
«Io sono contrario alle generalizzazioni anche perché non esiste più un unico profilo di questi soggetti. Però se si dovesse dare una descrizione aggiornata di questi neo terroristi “europei”, potremmo dire che sono figure di differente tipologia, oscillanti tra estremismo religioso e problemi di emarginazione, spesso provenienti dalla delinquenza comune e talvolta afflitti da problemi mentali. In alcuni casi, fino a poco prima dell’entrata in azione, non erano neppure noti come praticanti religiosi ».
Devono mimetizzarsi per non destare sospetti.
«La mimetizzazione vale – come è logico – fino al momento dell’azione. Solo dopo vale il dovere di rivendicare la violenza e i suoi “fini” come il web impone».
Ma è così facile farsi reclutare in Internet?
«E’ semplice arrivare a certi siti. Poi va detto che l’IS conosce un uso sapiente, direi formidabile, del web. Prendete le esecuzioni di prigionieri in tuta arancione. Cosa ci ricordano? Le prigioni di Guantanamo. Oppure le colonne militari nel deserto con le bandiere al vento. Sono immagini di forza evocativa che funzionano benissimo su menti deboli. E fanatiche».
Pericolosissimo.
«Altroché. In Italia l’unico esempio di “lupo solitario” lo abbiamo avuto a Milano con un certo Mohamed Game, forse dimenticato. Tentò di farsi esplodere davanti alla caserma Perrucchetti qualche anno fa, rimanendo ferito. Viveva in uno stato di degrado e si era addestrato su Internet. Fabbricando la bomba con i diserbanti. Praticamente impossibile individuarlo prima. Per questo le polemiche sulla sicurezza spesso sono infondate».
Eppure Renzi in televisione recentemente ha detto che i nostri servizi hanno sventato due o tre attentati…
« E’ un dato che non ha trovato alcun riscontro anche in un recente vertice antiterrorismo. Ma se la notizia fosse vera, saremmo di fronte a una possibile violazione della legge che prevede che le agenzie di intelligence comunichino alla polizia giudiziaria notizie di reato».
Si è parlato perfino di narcotraffico per finanziare il terrorismo…
«Si tratta di un terreno d’indagine ma anche questa ipotesi non appare sin qui fondata. E bisogna anche considerare che il terrorismo “fai da te” non ha bisogno di ingenti risorse economiche».
La collaborazione europea tra gli Stati, funziona?
«No, non funziona, tranne qualche eccezione. Perché predomina la concezione della proprietà privata delle notizie utili alle indagini. La ragione di questo vizio sta nella convinzione che contro il terrorismo si debba privilegiare l’azione dei servizi che però spesso non comunicano tra loro e sono politicamente guidati. Ma le indagini non spettano ai governi. Occorre invece sinergia di forze e rispetto delle competenze di polizia, magistratura ed agenzie. Senza leggi eccezionali e nel rispetto dei diritti di tutti».
I