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“Salve, parla papa Francesco!”: intervista a padre Antonio Spadaro

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Konrad Sawicki - Aleteia - pubblicato il 27/07/16
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Francesco non è un fanatico della tecnologia e si definisce un dinosauro tecnologico, ma comprende perfettamente la logica di Internet e dei social media Com’è diventato uno stretto collaboratore di papa Francesco?

Può sembrare strano, ma la verità è che mi ha semplicemente chiamato al cellulare. Io stesso sono rimasto sorpreso. Non sapevo cosa dire e come rivolgermi a lui.

Ha semplicemente chiamato e ha detto: “Salve, parla papa Francesco”?

Precisamente. È stato piuttosto buffo, perché quel giorno dovevo pronunciare un intervento in un seminario alle 19.00 e il telefono ha squillato alle 18.55. Non conoscevo il numero di chi mi stava chiamando e mi sono chiesto se dovessi rispondere visto che andavo di fretta. Alla fine ho risposto e volevo chiedere chi fosse per poterlo richiamare più tardi, ma in quel momento ho sentito: “Salve, parla papa Francesco”.

Come ha risposto?

Dopo un momento di sorpresa totale ho detto “Oh mio Dio”, e poi ho chiesto con malcelata incredulità: “Sua Santità?” Poi ho chiesto come rivolgermi al Santo Padre e lui mi ha detto di non preoccuparmi. Abbiamo iniziato a parlare liberamente. Durante la telefonata gli ho chiesto se potevo essere ricevuto in un’udienza ma ufficialmente, come direttore de La Civiltà Cattolica. In realtà non è niente di speciale visti gli stretti legami della nostra rivista col Vaticano. Gli incontri del direttore con il nuovo papa sono diventati una tradizione. Francesco ha acconsentito a ricevermi e ho ottenuto un’udienza con il papa qualche settimana dopo, quando gli ho chiesto se poteva rilasciarmi un’intervista, e ha acconsentito anche a quello. Come risultato, abbiamo trascorso tre lunghi pomeriggi insieme. È stata la nostra prima conversazione prolungata e seria. È iniziato tutto così.

Quanto spesso vi incontrate ora?

Non abbiamo incontri regolari. Non sono una persona speciale. Il Santo Padre incontra molte persone di tutto il mondo. Il risultato è che è aggiornato su tutto. In genere accompagno il papa nei suoi viaggi, e ho anche partecipato a due Sinodi sulla famiglia perché mi ha nominato.

Lei è più vicino a Francesco della maggior parte delle persone al mondo. Può rispondere a domande del tipo: “Il papa ha un cellulare privato?”

No, non ce l’ha. Non ha un computer e non ha un cellulare. Usa un telefono tradizionale nella Casa Santa Marta, e a volte chiama dal telefono del suo segretario personale.

Glielo chiedo perché a Francesco non danno fastidio i selfie che le persone gli scattano con il loro cellulare…

È vero, ma non dipende dalla sua conoscenza personale di uno smartphone. Una volta ho assistito a una situazione in cui qualcuno gli ha chiesto se gli poteva fare una foto di quel tipo e ha cercato di mettersi in posa. Francesco è sembrato sorpreso. Aveva l’espressione di chi chiede: “Cosa stai facendo? Non capisco”. Dopo un po’, però, ha capito, il suo volto si è illuminato e ha acconsentito. Da quel momento ha sempre accettato di buon grado i selfie che i giovani vogliono scattarsi con lui.

Perché lo fa? Solo per far divertire i giovani?

No, c’è una ragione più profonda. Se prendete una foto normale, l’oggetto fotografato è del tutto separato dal fotografo. Nel caso di un selfie, invece, anche il fotografo diventa un oggetto della fotografia, si è dallo stesso lato e la separazione di cui sopra scompare. Non ha nulla a che vedere con capriccio, quindi; deriva piuttosto dalla profonda spiritualità pastorale. Francesco non è un fanatico della tecnologia e si definisce un dinosauro tecnologico. Ad ogni modo, comprende perfettamente la logica di Internet e dei social media.

Perché quando il papa si rivolge ai giovani menziona spesso gli anziani?

Deriva dalla sua visione globale della Chiesa. Semplicemente non mette da parte le persone. I giovani hanno bisogno della speranza per il futuro, mentregli anziani hanno bisogno di assistenza ma vengono emarginati. Perché la società sia sana, dobbiamo far sì che le altre fasce d’età si concentrino sugli anziani, perché la società ha bisogno sia dell’energia dei giovani che della saggezza degli anziani. Francesco vede il futuro e il passato come una cosa sola, e allora parla naturalmente ai giovani degli anziani. Non cerca di inventarsi un’ideologia separata dedicata esclusivamente ai giovani. Si rivolge a loro sempre nel contesto dell’intera società, visto che la loro vita si svolge proprio così – nel contesto dell’intera società, con gli anziani che vivono fianco a fianco a loro.

I giovani arrivati a Cracovia da tutto il mondo per incontrare il papa cercano spesso la loro vera identità. Pensa che saranno guidati in questo da papa Francesco?

Francesco non affronta e probabilmente non affronterà l’identità come qualcosa che è il nostro tratto distintivo che ci separa dalle altre persone. Al contrario. Per lui l’identità è qualcosa che deriva da un rapporto con gli altri, qualcosa che sottolinea il processo di inclusione e partecipazione. L’identità, quindi, nasce ad esempio dal fatto di sentirsi membri di una famiglia, di una società, di una Nazione o di una religione. Il papa non si sofferma sulle differenze, cercando invece ponti ed elementi condivisi. A livello religioso, poi, usa segni che possono rafforzare questa identità.

Che tipo di segni, ad esempio?

La lavanda dei piedi durante la liturgia del Giovedì Santo. Sceglie luoghi speciali per le sue celebrazioni: un carcere, un centro per rifugiati, ecc. Lava personalmente i piedi di persone diverse, uomini e donne, prigionieri, e musulmani. Dovremmo considerare anche questo un segno che richiama l’identità attuale dell’Europa. Per Francesco, le radici cristiane dell’Europa non sono valori astratti da difendere contro i nemici. Le radici sono proprio quello che ha fatto Gesù: ha servito e ha lavato i piedi altrui. Sono queste le vere radici dell’Europa.

Si tratta di una visione del cristianesimo europeo che rappresenterà senz’altro una sfida per noi polacchi, così come l’allontanarsi di Francescoda standard prefissati per cui la Chiesa ha sempre avuto letteralmente una risposta per qualsiasi domanda. Il papa non teme di fare troppa confusione?

Credo che per lui le domande siano più importanti delle risposte. Naturalmente le risposte sono importanti, ma per Francesco una buona risposta non è un pensiero, un’idea o un insegnamento particolare, ma Gesù come persona, e il nostro rapporto con Lui. Il papa si preoccupa di più di come condurre le persone a questo rapporto che di quale risposta dare a ogni domanda. Oltre a ciò, sa bene che la risposta che sembra andar bene per una persona non deve adattarsi per forza a tutti.

Alcuni lo definirebbero relativismo…

È un grande errore! Lo ha spiegato Francesco stesso. In una delle sue lettere pubbliche, ha scritto di quello che ritiene un relativismo positivo, il fatto che Dio entri in una relazione personale con una persona particolare e che ogni relazione debba essere diversa. Quello che può sembrare un baratro per alcuni per altri può essere un passo ordinario. In altre parole il Vangelo, che è immutevole, è la risposta, la risposta più importante. Possono esserci tuttavia risposte diverse a problemi particolari.

Si aspetta qualcosa di speciale durante la Giornata Mondiale della Gioventù in Polonia?

La Giornata ha luogo in Europa, e attualmente l’Europa vive una situazione unica. Affrontiamo gravi tensioni e una crisi di valori. Di fronte a questo scenario, la Polonia sembra essere il cuore dell’Europa. Ha una storia lunga e fiera, anche se ha dovuto lottare molto per la libertà. C’è qualcosa di interessante nel paragonare la Polonia al resto del continente. Al di là di questo, sono i giovani partecipanti e il rapporto con il papa che offrono il gusto unico di ogni Giornata Mondiale della Gioventù. Prepariamoci alle sorprese!

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Padre Antonio Spadaro, S.J., gesuita, dottore in Teologia ed esperto di comunicazioni, è giornalista e direttore de La Civiltà Cattolica.

 

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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