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Il Papa e lo scontro tra treni in Puglia: avanti con le cicatrici della paura

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Vatican Insider - pubblicato il 27/07/16
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Andare avanti anche con le «cicatrici» della paura. Papa Francesco è intervenuto in diretta video con i 90mila ragazzi italiani presenti alla Giornata mondiale della Gioventù di Cracovia, riuniti questa sera alla «Festa degli italiani», ed ha risposto a tre domande che hanno toccato temi di attualità: la paura, appunto, di chi vive in Puglia ed ha assistito al recente scontro tra treni che ha provocato la morte di 23 persone e il ferimento di mote altre, il bullismo che può portare una ragazza sull’orlo del suicidio, la «grazia» del perdono e l’infondatezza della parola «extra-comunitario», e infine l’odio sperimentato nel recente attentato di Monaco di Baviera, di fronte al quale Francesco ha ribadito la necessità di costruire ponti, non muri, anche di fronte al rifiuto. Subito dopo il Papa si è affacciato alla finestra dell’arcivescovado dove pernotta (e dove Karol Wojtyla abitò da arcivescovo di Cracovia dal 1964 al 1978) per salutare la folla di ragazzi che lo attendevano. Con loro ha ricordato un volontario della Gmg, Maciej Ciesla, morto a inizio luglio di cancro («Qualcun di voi può pensare “questo Papa ci rovina la serata”, ma è la verità, e noi dobbiamo abituarci alle cose buone e alle cose brutte, la vita è così») e, prima di accomiatarsi per andare a riposare, ha raccomandato ai ragazzi di «fare chiasso tutta la notte» per mostrare la gioia del cristianesimo.  

«Quello che ti è successo è una ferita, alcuni sono stati feriti nell’incidente nel corpo e tu sei stata ferita nell’anima e nel cuore e la ferita si chiama paura», ha risposto il Papa a una ragazza pugliese sfuggita per caso all’incidente dei treni pugliesi. «Tu hai subito uno choc, che non ti lascia star bene, ti fa male, ma questo choc ti dà anche l’opportunità di superare te stessa, di andare oltre. E come succede sempre nella vita quando siamo stati feriti, rimangono i lividi o le cicatrici, la vita è piena di cicatrici». Tu, ha proseguito, «dovrai ogni giorno che prendi il treno sentire la traccia di questa ferita, la cicatrice di quello che ti fa soffrire». Ma «imparare a essere un uomo saggio o una donna saggia è proprio questo: portare avanti le cose belle e le cose brutte della vita». Invece, «quanti giovani come voi non sono capaci di portare avanti la propria vita con la gioia delle cose belle e preferiscono lasciarsi stare, cadere sotto il dominio della droga, lasciarsi vincere dalla vita? La partita è così: o tu vinci o ti vince la vita. Vinci tu la vita, è meglio. E fallo con coraggio, anche con dolore, e quando c’è la gioia, con gioia, che ti porta avanti e ti salva da una malattia brutta, diventare nevrotica: per favore, quello no!». 

A una ragazza 15enne arrivata in Italia sei anni fa, che ha tentato il suicidio dopo essere stata vittime di bullismo e discriminazione, e che chiedeva come perdonare fino in fondo chi le ha fatto male, il Papa ha detto: «Tu parli di un problema molto comune fra i bambini, e anche fra persone che non sono bambini: la crudeltà. Anche i bambini sono crudeli talvolta e hanno quella capacità di ferirti dove più ti faranno male, di ferirti il cuore, di ferirti la dignità, di ferirti anche la nazionalità come è il tuo caso, e ti prendevano in giro con la lingua e le parole. La crudeltà è un atteggiamento umano alla base di tutte le guerre. La crudeltà che non lascia crescere l’altro, uccide l’altro. A me piace dire un’espressione quando parlo di questa crudeltà della lingua: le chiacchiere sono un terrorismo. E come si vince? Tu hai scelto la strada giusta, il silenzio, la pazienza, e hai finito con quella parola tanto bella, il perdono. Ma perdonare non è facile. Perché uno può dire “io perdono, ma non mi dimentico”, e tu sempre porterai con te questa crudeltà, quel terrorismo. C’è – ha proseguito il Papa – una parola in italiano che non conoscevo quando sono venuto le prime volte, “extracomunitario”, ti portano via dalla comunità, è una cosa contro cui dobbiamo lottare tanto. Tu sei stata molto coraggiosa, ma bisogna lottare contro questo terrorismo della lingua, delle chiacchiere, degli insulti, di cacciare via la gente con insulti o cose che fanno male al cuore. Si può perdonare totalmente? È una grazia che dobbiamo chiedere al Signore, noi da noi stessi non possiamo. Facciamo lo sforzo, tu lo hai fatto, ma è una grazia. Noi dobbiamo fare tutto il possibile per perdonare. E c’è un altro atteggiamento che va contro questo terrorismo della lingua: la mitezza. Stare zitto, trattare bene gli altri, non rispondere con un’altra cosa brutta. Noi viviamo in un mondo dove a un insulto si risponde con un altro, ci manca la mitezza. Chiediamo la grazia della mitezza, una strada che porta al perdono». 

Un terzo ragazzo veneto, infine, ha raccontato al Papa di far parte di un gruppo che, diretto a Cracovia, è dovuto tornare a casa per l’attentato di Monaco di Baviera, per poi tornare solo all’ultimo in Polonia. «Ora vogliamo chiederti come possiamo noi giovani vivere e diffondere pace in questo mondo cosi pieno di odio?»: «Tu – ha risposto il Papa – hai detto due parole chiave, pace e odio. La pace costruisce ponti, l’odio è il costruttore di muri. Quando tu stringi la mano a un amico a una persona, tu fai un ponte umano. Invece quando tu colpisci un altro, lo insulti, costruisci un muro. L’odio cresce sempre con i muri, delle volte succede che tu vuoi fare il ponte e ti lasciano con la mano tesa dall’altra parte non te la prendono. Sono le umiliazioni che nella vita dobbiamo subire per fare qualcosa di buono, ma sempre bisogna fare ponti». 

Poco dopo, concluso il video-collegamento con i ragazzi italiani, il Papa si è affacciato dall’arcivescovado e, con la folla di giovani che lo attendevano, ha ricordato un giovane volontario della Gmg che sperava di incontrarlo ma è morto il 2 luglio di cancro. «Qualcun di voi può pensare questo Papa ci rovina la serata…», ha detto il Papa, suscitando un coro di incoraggiamento, «ma è la verità, e noi dobbiamo abituarci alle cose buone e alle cose brutte, la vita è così cari giovani. Ma c’è una cosa della quale noi non possiamo dubitare: la fede di questo ragazzo, di questo nostro amico, che ha lavorato tanto per questa Gmg, lo ha portato in cielo, e lui è con Gesù in questo momento guardando tutti noi. Un applauso al nostro compagno, un giorno lo ritroveremo». Francesco si è poi accomiatato a conclusione della sua prima giornata in Polonia: «Io ora mi ritiro. Voi dovete fare il vostro dovere che è fare chiasso tutta la notte! E far vedere la vostra gioia cristiana, la gioia che il Signore vi dà di essere la comunità che segue Gesù». 

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