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Il silenzio di papa Francesco ad Auschwitz lodato dalla comunità ebraica

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Ary Waldir Ramos Díaz - Aleteia - pubblicato il 26/07/16
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Misericordia opposta all’antisemitismo e all’odio nel gesto umile del pontefice, esempio per i giovani della GMG Due giorni dopo il suo arrivo a Cracovia, venerdì 29 luglio, papa Francesco visiterà il campo di concentramento di Auschwitz, in rigoroso silenzio e in preghiera.

Sarà un gesto di umiltà di fronte al dolore umano da imprimere nella memoria dei giovani che partecipano alla GMG 2016 a Cracovia e lodato dalla comunità ebraica italiana.

“Vorrei andare in quel posto di orrore senza discorsi, senza gente, soltanto i pochi necessari… Ma i giornalisti è sicuro che ci saranno!… Ma senza salutare questo, questo… No, no. Da solo, entrare, pregare… E che il Signore mi dia la grazia di piangere”, ha detto Francesco il 26 giugno durante la conferenza stampa sul volo di ritorno a Roma dall’Armenia.

Durante la presentazione alla stampa del viaggio del pontefice in Polonia, il 20 luglio, il portavoce vaticano, padre Federico Lombardi, ha osservato che la tappa al luogo simbolo dell’Olocausto (השואה ,Shoah, “La Catastrofe”), emblema dello sterminio di sei milioni di ebrei, è una delle più significative dell’itinerario.

In quell’occasione, il pontefice incontrerà un gruppo di sopravvissuti ad Auschwitz, attraverserà a piedi il cancello con l’iscrizione Arbeit macht frei (Il lavoro rende liberi) e poi pregherà davanti al “muro della morte”.

In questo senso, le comunità ebraiche italiane hanno lodato la decisione di Francesco di “non intervenire con un discorso formale ma di concentrare l’emozione di questa visita, così significativa, in un lungo e intenso silenzio”.

“Dov’era Dio ad Auschwitz?”, si è chiesto lo scrittore italiano di origine ebraica sefardita Primo Levi in Se questo è un uomo, in cui ha teorizzato che l’uomo e solo l’uomo era colpevole, nonché responsabile del fatto che non accada di nuovo. Da ciò deriva il fatto che il cristianesimo europeo abbia una ferita aperta da allora.

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“Il cardinale Carlo Maria Martini diceva che non dobbiamo chiederci dove sia Dio, ma chiederci dove sia l’uomo. E questa è la domanda lanciata da papa Francesco. Dov’è l’uomo?”, ha commentato ad Aleteia Vania De Luca, vaticanista della RAI.

“Papa Francesco ci ha offerto vari momenti di silenzio, come nella veglia di preghiera per la pace in Siria e in molte altre manifestazioni della sua spiritualità. Ci regala il silenzio. Penso al Venerdì Santo, quando il papa prostrato a terra celebra la Passione del Signore nella Basilica di San Pietro”.

“Nel silenzio e invocando il dono delle lacrime, papa Francesco ci offrirà il suo senso di partecipazione a quanto avvenuto nell’Olocausto, uno dei tre grandi genocidi del XX secolo”, ha aggiunto la De Luca.

Tutto questo si unisce a gesti precedenti, come la preghiera silenziosa al memoriale di Tzitzernakaberd a Erevan, in Armenia, costruito per ricordare le vittime del genocidio.

“Le parole non sono sufficienti a esprimere tanta sofferenza (nei campi di sterminio), e quindi il silenzio del papa è quello di una persona che si interroga ed è alla ricerca”, ha spiegato la De Luca.

Allo stesso modo, ha ricordato la morte ad Auschwitz dei martiri cristiani Massimiliano Maria Kolbe ed Edith Stein, che hanno avuto gesti di misericordia silenziosi in opposizione ai nazisti.

Francesco andrà ad Auschwitz per ripercorrere quei passi di abbandono a Dio inseriti nelle azioni prima che nelle parole.

La visita del papa ad Auschwitz coincide con il 75° anniversario della morte di Kolbe, francescano polacco che si offrì di morire al posto di un padre di famiglia. Francesco pregherà nella cella del martire, dove questi morì a causa di un’iniezione letale dopo essere sopravvissuto a una prolungata privazione del cibo.

Dal canto suo Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane, ha scritto una lettera a papa Bergoglio nella quale loda la “giusta decisione” del silenzio ad Auschwitz in mezzo alle “ferite aperte” dell’Europa.

“Un evento molto atteso, che porterà l’attenzione di milioni di persone su quella buia pagina di storia che è una ferita aperta nel cuore dell’Europa e che continua a interrogare le coscienze di tutti quei cittadini cui preme, dal profondo del cuore, la difesa della pace, della libertà e della democrazia”, ha scritto la Di Segni al Papa.

I giovani della GMG, terreno fertile contro l’antisemitismo e l’odio

L’alleanza dei parlamentari contro l’intolleranza e il razzismo del Consiglio d’Europa ha denunciato di recente a Roma, secondo dati del Pew Research Center (PEC), che i pregiudizi contro il popolo ebraico stanno aumentando in vari Paesi cattolici.

Il razzismo è un sassolino nella scarpa in Paesi cristiani come l’Italia, dove secondo il PEC una persona su cinque manifesta l’antisemitismo (21%), la Spagna (17%), la Germania (9%), il Regno Unito e la Francia (7%).

Alla GMG si sono iscritti 574.000 giovani, provenienti soprattutto da Italia, Spagna, Francia, Ucraina e Portogallo, mentre agli eventi principali si pensa di arrivare a una partecipazione di 1.800.000 persone.

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Il gesto di papa Francesco e il suo messaggio sono quindi un seme contrapposto all’odio diffuso in Europa e nel mondo dal fondamentalismo, dal nazionalismo e dall’avversione a tutto ciò che è diverso.

Tra il 1940 e l’inizio del 1945, la Germania nazista sterminò ad Auschwitz- Birkenau 1,1 milione di persone, per la maggior parte ebrei di vari Paesi europei.

L’intenzione di papa Francesco viene sottolineata dalla Di Segni come “una forma di preghiera che tuona e che darà eco […] ai gridi e al dolore dei tanti bambini, mamme, giovani, uomini che da quella terra non hanno fatto ritorno”.

“Solo così le terre maledette dello sterminio e dell’odio potranno assumere la santità di tutti i martiri che nel nome dell’amore e della tolleranza lì sacrificarono la propria vita”, ha concluso.

Papa Francesco è il terzo pontefice a visitare Auschwitz. Giovanni Paolo II, il 7 giugno 1979, è stato il primo a celebrare la Messa sul luogo “costruito sull’odio e sul disprezzo dell’uomo nel nome di un’ideologia folle”.

Papa Benedetto XVI vi si è recato il 28 maggio 2006 e ha detto che arrivava lì come figlio del popolo tedesco per affrontare il dovere della verità di fronte a tanta sofferenza.

Il vescovo di Roma tornerà a comunicare attraverso i gesti con lo stesso rispetto che ha avuto nel 2014, quando ha visitato il memoriale di Yad Vashem a Gerusalemme, dove si è inchinato davanti al dolore dei sopravvissuti.

 

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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