Una riflessione sugli ultimi episodi di terrorismo in Europa a partire da un articolo di Massimo RecalcatiSu Repubblica di oggi, lo psicanalista e saggista Massimo Recalcati ci consegna un’altra sua riflessione molto pungente che vogliamo analizzare con voi, circa gli ultimi fatti di terrore in Europa, tra la Francia e la Germania. Protagonisti a volte dei ragazzi poco più che adolescenti, come nel caso del 17enne Muhammad Riad (o del 18enne Ali Sonboly a Monaco), ma come è stato possibile questo slittamento dalla spensieratezza, dal gioco, dalla gioia di vivere all’odio, alla volontà di uccidere?
La giovinezza non dovrebbe essere il tempo dell’apertura della vita, del suo fiorire? Non sarebbe più predisposta della vita adulta alla contaminazione, al contatto, al confronto, al rispetto della libertà? Sappiamo che la giovinezza è il tempo della vita più esposto alla crisi: non è l’infanzia protetta dalla figura del genitore; non è ancora la vita adulta segnata e rafforzata dalle spine dell’esperienza. La giovinezza è il tempo dove lo scarto tra il pensiero e l’azione rischia di farsi troppo esile, dove l’onnipotenza del pensiero può giungere a negare l’esistenza stessa della realtà. Gettarsi a valanga contro una massa di esseri umani in festa non è uccidere nel nome di Dio, ma uccidere nel nome della propria illusione di onnipotenza. L’odio per la vita in questo caso si manifesta come la forma più estrema del culto disperato del proprio Io. Il contrario della violenza animata dall’ideologia che vorrebbe invece cancellare l’Io
Recalcati ci offre uno spunto che troviamo credibile e soprattutto condivisibile. Quello a cui assistiamo è una crisi causata non da una religione, né soltanto dal nichilismo, dall’assenza di etica e di valori. Siamo di fronte a casi di psicotici che sono sul filo del rasoio tra realtà e allucinazione
Le scene stesse degli attentati assomigliano sempre più a vere e proprie allucinazioni. Ma cos’è un’allucinazione? Per Freud è un modo estremo per evitare la frustrazione imposta dalla realtà negandola furiosamente. Allucinare significa spazzare via d’un sol colpo una realtà che risulta insopportabile e priva di senso. La violenza dell’allucinazione evita il cammino necessariamente lungo della lotta e del lavoro per trasformare la realtà. Semplicemente, come in un sogno ad occhi aperti, la cancella. In questo senso questa nuova forma della violenza non si inserisce in nessuna strategia militare. È il nuovo abisso dentro il quale siamo costretti a guardare: sono giovani, probabilmente psicotici, che agiscono allucinatoriamente trascinando nel loro delirio vittime innocenti. Non si tratta di una violenza ideologica ma erratica, una violenza che sfugge al governo di ogni esercito compreso quello del terrore. Essa non agisce più in nome dell’Ideale, ma è senza meta, senza legge, senza senso. Non risponde a processi di indottrinamento (radicalizzazione islamista “rapida” o “auto-radicalizzazione”) ma sembra indicare un rovesciamento perturbante di prospettiva: la sua volontà di morte non ha nessuna altra meta se non se stessa. Non è Dio l’interlocutore di questi atti — nemmeno il Dio folle che semina odio e incita alla morte degli infedeli — perché sono atti senza interlocutore.
L’Isis diventa così una giustificazione che brama di essere impugnata per seminare terrore anche dove non ha né basi né adepti. Tanto più perde terreno in Medio Oriente, impossibilitata a mantenere saldo il proprio controllo statuale, tanto più ansiosa di ricordare al mondo che esiste e che continua nel suo percorso di omicidio fanatico
È violenza allucinata che trasforma la vita in morte, violenza puramente nichilistica se il nichilismo è quell’esperienza, non solo individuale ma collettiva, del venire meno di tutti valori, dunque del valore della vita stessa. In questo senso questa violenza ci riguarda profondamente, ovvero riguarda il senso stesso della vita. Lo schema, di natura ancora paranoica, del gesto terrorista dove è l’Ideale a nutrire la mano di chi spara contro il nemico — , deve essere corretto: l’ideologia non è la Causa ma solo una giustificazione a posteriori dello scatenamento della violenza come puro odio verso l’insensatezza della vita.
Ricorda un ragionamento che vi avevamo proposto, svolto dal sociologo francese Olivier Roy circa la radicalizzazione dei giovani musulmani europei, di origini arabe o meno (non mancano jihadisti di origine “europea”):
Questa non è la rivolta dell’islam o dei musulmani, ma un problema che riguarda due categorie di giovani. Non è una radicalizzazione dell’islam, ma un’islamizzazione del radicalismo, è la tesi dell’esperto di questioni politiche orientali. La loro è prima di tutto una rivolta generazionale.
Una rivolta contro i padri in particolare, rei di averli lasciati con un profondo vuoto morale, valoriale, etico:
Il fatto che i suoi protagonisti siano giovani o giovanissimi mette ancora una volta al centro il grande problema del rapporto tra le generazioni e quello dell’eredità. Non si diventa assassini perché Dio lo vuole, ma perché la vita, questa vita, la nostra vita, la vita che lasciamo ai nostri figli, è fatta di nulla, è senza valore, non vale niente.
Parafrasando il Cardinal Biffi “Tra un ‘qualcosa’ e il ‘niente’, vincerà sempre il ‘qualcosa’”, ed aveva certamente ragione. La risposta che possiamo dare noi non può che essere molteplice: educativa, sociale e securitaria. Ma solo se prese insieme, e prese in quest’ordine, l’Europa, l’Occidente avranno qualche chance di battere questo Terrore…