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A Tunisi il Giardino dei Giusti arabi e musulmani

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Vatican Insider - pubblicato il 18/07/16
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Quasi a voler ridare al mondo una boccata di speranza, inserita tra la strage di Nizza e il golpe in Turchia, al termine di settimane segnate dagli attentati a Istanbul, Baghdad, Dacca, giunge da Tunisi una buona notizia. L’Associazione Gariwo, la foresta dei Giusti (www.gariwo.net) – nata per ricordare figure che hanno salvato vite umane e si sono distinte per la loro opposizione a genocidi e forme di fanatismo che hanno segnato, e continuano a farlo, il XX e il XXI secolo – il 15 luglio, all’interno dell’Ambasciata d’Italia a Tunisi, ha inaugurato, in collaborazione con il Ministero italiano degli Affari Esteri, un Giardino dedicato a Giusti arabi e musulmani del passato e del nostro tempo che, a rischio della vita, hanno lottato contro la persecuzione, il terrorismo e per la difesa dei diritti umani

I primi cinque alberi a essere piantati sono stati intitolati a Hamadi ben Abdesslem, la guida tunisina che ha messo in salvo i turisti italiani durante l’attacco dell’ISIS al Museo del Bardo; Khaled Abdul Wahab, un imprenditore tunisino che durante l’occupazione nazista ha salvato ebrei perseguitati a Mahdia; Khaled al-Asaad, l’archeologo trucidato dall’ISIS per aver difeso in Siria il patrimonio culturale di Palmira; Faraaz Hussein, il giovane studente bengalese che il 2 luglio scorso a Dacca ha scelto di non abbandonare le sue amiche in mano ai terroristi e ha pagato con la vita; e Mohamed Bouazizi, il giovane ambulante che con il suo sacrificio ha innescato le rivolte che hanno condotto alla stagione delle lotte democratiche in Tunisia. 

«Il 15 luglio – ha dichiarato Hamadi ben Abdesslem, unico Giusto ancora vivente, presente alla cerimonia – ho provato una grandissima emozione e ho ritrovato la forza e la voglia di lottare per l’umanità e la vita. Penso innanzitutto al mio Paese che sta attraversando una grande crisi a causa di fanatismi inconcepibili per qualsiasi religione e cultura». Ancora commosso per l’iniziativa, Hamadi racconta quegli istanti terribili che lo hanno reso protagonista di un gesto eroico: «Dopo aver trascorso oltre due ore con un gruppo di una quarantina di turisti italiani, abbiamo fatto ingresso al Museo del Bardo. La visita iniziava dalla sala di Virgilio e l’atmosfera era assolutamente rilassata, direi divertita. Quando abbiamo sentito gli spari, ho pensato provenissero dalla vicina caserma e che fosse in atto un’esercitazione. Poi ho capito che non era così. Fortunatamente conosco benissimo il museo e ho trovato un corridoio alternativo attraverso cui ho condotto le persone, le ho fatte uscire, passare per il parco retrostante e lasciate al sicuro in un posto di polizia. Io sono un musulmano praticante, ho già svolto il pellegrinaggio alla Mecca e posso dire di rappresentare il vero, unico volto dell’Islam, perchè dalla mia religione il solo senso che ho appreso è amare l’altro». Hamadi, che dopo oltre un anno, torna finalmente alla ribalta delle cronache per il suo gesto, ha un grande desiderio: «Non ho più avuto notizie delle persone italiane che ho salvato, mi farebbe tanto piacere risentirne almeno alcune». 

Alla cerimonia hanno preso parte, tra i tanti, il presidente di Gariwo Gabriele Nissim, l’Ambasciatore Raimondo De Cardona e il Presidente della Lega tunisina per i diritti umani e Premio Nobel per la Pace 2015 Abdessatar Ben Moussa

«Abbiamo un obiettivo molto ambizioso – sono state le parole di Nissim -: vogliamo lanciare in Europa, e in tutto il Medio Oriente, quella che definirei la “diplomazia del Bene”. Di fronte alle guerre, ai terroristi fondamentalisti, ai crimini contro l’umanità, ci proponiamo di fare conoscere al mondo intero le storie di bene, di umanità, dì solidarietà di cui nessuno parla e che rimangono purtroppo sconosciute. Probabilmente, ora più che mai, dobbiamo valorizzare questi esempi ed essere uniti con il mondo arabo contro il fanatismo per preservare la cultura della pace e del dialogo».  

Fu lui, nel 2012, a fornire parlamento europeo una visione universale del concetto di Giusto e a chiedere, ottenendola, l’istituzione di una Giornata Europea dei Giusti (6 marzo). Nonostante la diffidenza iniziale, è riuscito a coinvolgere tutta la comunità ebraica italiana e oggi vuole arrivare a parlare con tutti i mondi che vivono l’esperienza dell’intolleranza e che, all’interno delle proprie comunità, possono trovare ispirazione per combatterla. «In questo momento ci sono nel mondo due grandi forme di opposizione alle culture di morte – riprende Nissim, esponente della comunità ebraica di Milano – chi dice di no all’integralismo islamico e chi accoglie i migranti favorendo l’integrazione. Fortunatamente, esistono moltissimi individui che si oppongono operativamente al fanatismo o accolgono: esaltare queste figure, andare a scovare le loro storie, è a mio avviso, l’unico servizio efficace che possiamo rendere all’umanità. I 5 Giusti che abbiamo riconosciuto il 15 luglio e i tanti altri che troveremo, devono diventare figure di riferimento per tutto il mondo arabo». 

Parte da Tunisi, quindi, la grande battaglia culturale da portare all’interno del mondo arabo e islamico, «arriverà un momento in cui sarà chiaro a musulmani, ebrei, cristiani e chiunque, che l’eroe non è il martire ma chi salva una persona, tante persone». E il mondo intero.  

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