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“La Polonia non potrebbe mai tradire l’insegnamento di Giovanni Paolo II”

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Vatican Insider - pubblicato il 09/07/16
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La Giornata mondiale della Gioventù di Cracovia è ormai imminente. Alla fine di luglio Papa Francesco sarà in Polonia, seguendo le orme di san Giovanni Paolo II. Il 23 giugno scorso ha consegnato le credenziali nelle mani del Pontefice il nuovo ambasciatore polacco presso la Santa Sede, lo storico Janusz Kotański. Vatican Insider lo ha intervistato. 

Lei si è appena insediato come ambasciatore presso la Santa Sede: come è stato accolto e che impressione ha ricavato dall’incontro con il Papa e con i suoi collaboratori?  

«Dall’incontro con il Santo Padre, durante il quale ho avuto l’onore di consegnare le lettere credenziali, sono uscito commosso dal suo calore e dalla sua bontà. In primo luogo abbiamo parlato dell’imminente Giornata Mondiale della Gioventù. Mi sono permesso di chiedere al Santo Padre di accendere di nuovo sulla terra la scintilla della Divina Misericordia. La “scintilla” di cui parlava santa Faustina è partita dalla Polonia ed è stata accesa da san Giovanni Paolo II. Ho assicurato Papa Francesco che in Polonia lo attendono i calorosi cuori dei giovani del nostro Paese, dell’Europa e del mondo. Sentivo che il Santo Padre era commosso. In seguito ho parlato dei progetti della mia missione, soprattutto della volontà di creare una “coalizione delle coscienze”, che sosterrà la Santa Sede, basata sulla civiltà giudaico-cristiana, la filosofia greca e il diritto romano. “Sì, sono le tre colonne sulle quali si può costruire”, ha detto Papa Francesco. Ha rivolto in seguito affettuose parole nei confronti della nostra nazione, che nel corso degli anni ha così tanto sofferto per via dei suoi vicini, ma nonostante ciò è riuscita a preservare viva la fede. Ho rassicurato il Santo Padre che la tradizione dell’ospitalità polacca e della tolleranza nei confronti dei perseguitati è sempre viva. Ho menzionato il fatto di quante azioni intraprende il nostro governo a favore dei perseguitati nel Medio Oriente. Il Papa ha accolto queste parole con soddisfazione». 

E i colloqui in Segreteria di Stato come sono andati?  

«I colloqui nella Segreteria di Stato hanno confermato che le posizioni della Santa Sede e della Repubblica di Polonia nelle questioni fondamentali sono del tutto coerenti. Con approvazione sono state accolte informazioni sull’aiuto che i polacchi hanno portato alle comunità e alle minoranze religiose represse in Medio Oriente, in Iraq, Siria, Libano e Giordania. Ma anche sull’aiuto offerto ai ceceni in fuga dallo sterminio, a un milione di ucraini che nella nostra patria hanno trovato un porto sicuro e ai tartari della Crimea che cominciano ad arrivare nel nostro Paese. Sono stato assicurato che la Santa Sede non accetta i cambiamenti delle frontiere in Europa, non accetta che avvengano con l’uso della forza e che la posizione presa dalla Polonia è ben compresa. Insomma, colloqui molto costruttivi».  

In questi mesi Papa Francesco ha continuato a rivolgere appelli all’Europa perché non dimentichi i suoi valori fondativi e accolga i rifugiati e i migranti che bussano alle sue porte. Il Governo del Paese che lei rappresenta ha preso su questo argomento posizioni che hanno fatto discutere. Che cosa ci può dire?  

«Vorrei con tutta la forza sottolineare che la Polonia dà testimonianza dei valori cristiani sui quali si basa la civiltà europea e invita le nazioni all’antica christianitas e alla fede, alle loro radici. Potremmo mai dimenticare l’insegnamento di san Giovanni Paolo II e tradire le sue parole? Quando i paesi dell’UE non avevano ancora il problema di immigrati da affrontare, proprio in Polonia arrivavano migliaia di ceceni musulmani in cerca di un rifugio. Sono stati accolti con ospitalità, secondo le antiche tradizioni polacche della tolleranza religiosa. L’Europa Occidentale dimentica che è stata la Polonia nel 2015 a rilasciare circa un milione di visti a lungo termine ai cittadini dell’Ucraina, che scappavano dalla guerra nel Donbass. E continuiamo a non chiudere la porta davanti ai rifugiati. Il governo polacco ha avviato un’azione di aiuti a largo spettro alle persone che fuggono dai territori dove sono in corso conflitti armati. Lavoriamo in accordo con organizzazioni umanitarie ecclesiastiche come la Caritas o l’Aiuto alla chiesa che soffre. Siamo presenti in Siria, in Iraq e in Giordania. In Libano il Ministero degli Esteri polacco ha allestito un campo per i profughi siriani con un’infrastruttura adeguata (scuole, punti di assistenza medica, distribuzione del pane) per 6-10 mila persone. Lì potranno tranquillamente aspettare la fine della guerra e tornare nelle loro case. Il governo polacco, non declinando in alcun modo l’accoglienza ai profughi cui vita è in pericolo, è a favore della risoluzione dei conflitti in situ, nei Paesi dove sono nati. All’inizio di quest’anno il Presidente della Repubblica di Polonia Andrzej Duda ha ricevuto una lettera dal Patriarca di Antiochia dei melchiti Gregorio III con ringraziamenti per l’aiuto che la Polonia offre alle comunità delle chiese orientali proprio lì, sul luogo. È la prova migliore che abbiamo scelto la via giusta per agire. Il problema dei rifugiati è di natura globale e le sue conseguenze saranno riscontrabili in tutto il mondo ancora per molto tempo. Per questo motivo bisogna intraprendere azioni a lungo termine, prima di aver riflettuto bene sul da farsi». 

Il vostro Paese è però contrario al sistema delle «quote» stabilito dall’Europa…  

«La Polonia è contraria alle imposizioni che partono dall’alto, di carattere arbitrario, quelle del cosiddetto sistema di “quote” nell’accogliere i rifugiati. Vorrei far notare, che parlando con il Santo Padre del problema dei rifugiati ed esponendo la posizione del governo di Polonia alle cariche più alte della Segreteria di Stato, sono stato accolto con la comprensione. La Santa Sede e la Repubblica di Polonia continueranno a collaborare per la risoluzione pacifica dei problemi del Medio Oriente e sostenere sia i cristiani e gli yazidi minacciati di annientamento, sia i musulmani che scappano dagli orrori della guerra». 

Il suo insediamento è avvenuto alla vigilia della Giornata Mondiale della Gioventù di Cracovia: come attende e come si prepara a questo evento la Polonia?  

«Il tema della Giornata Mondiale della Gioventù è stato sempre presente in tutti gli incontri che ho avuto in Vaticano. Ho avuto l’impressione che il Santo Padre attenda profondamente l’incontro con i giovani di tutto il mondo a Cracovia. Ho potuto assicurarlo che i preparativi sono ben avviati e procedono senza problemi. I particolari sono stati discussi durante gli incontri in Segreteria di Stato. Ho potuto nuovamente assicurare i miei interlocutori circa l’impegno professionale dei servizi polacchi responsabili della sicurezza di circa, secondo le stime, un milione e mezzo di giovani pellegrini. Tutte le questioni logistiche sono già state risolte e non prevediamo nessun tipo di problemi relativi al trasporto, vitto e alloggio dei partecipanti. Il Ministero degli Affari Esteri della Polonia ha promosso già da tempo un’iniziativa per il rilascio da parte dei paesi in Europa e nel mondo dei visti gratuiti per i pellegrini che si recano in Polonia. Molti Paesi hanno accolto favorevolmente l’iniziativa. Per quanto riguarda l’accoglienza che verrà data ai giovani pellegrini in Polonia, nessuno dovrebbe avere dei timori al riguardo. La nostra ospitalità rimarrà impressa nei ricordi dei giovani che arriveranno da tutto il mondo. La Polonia è un paese democratico, sicuro, in via di un molto rapido sviluppo. Un Paese bello e aperto. Sono convinto che molti tra coloro che visiteranno la Polonia in occasione della GMG, vi ritorneranno successivamente. Infine un aspetto più importante: in Polonia la fede è viva e il fenomeno della secolarizzazione non si è manifestato in un’ampia scala. La nostra tradizionale religiosità dei tempi del Primate del Millennio Stefan Wyszynski e Giovanni Paolo II è stata approfondita e rinnovata. Sono persuaso che per molti cristiani dell’Occidente la visita in Polonia sarà un’immersione nelle vive acque della fede». 

Qual è l’atteggiamento della Chiesa polacca, in particolare vescovi e clero, nei confronti di Papa Francesco?  

«”Polonia Semper Fidelis!” – con queste parole mi sono rivolto al Santo Padre Francesco all’inizio dell’incontro. La Conferenza Episcopale della Polonia insieme alla Chiesa in Polonia attende con gioia e grande speranza l’arrivo dell’illustre ospite. I nostri vescovi contano sul fatto che questa grande festa della Chiesa giovane porti degli ottimi risultati spirituali. I fedeli nelle parrocchie pregano nell’intenzione del Santo Padre e per la riuscita della GMG. Sono sicuro che quando, durante le Sante Messe si troveranno di fronte alla calda cordialità del successore di San Giovanni Paolo II e Benedetto XVI, che venivano accolti in Polonia con entusiasmo, lo ameranno ancora di più».  

Lei è uno storico, che ha lavorato negli archivi: la memoria condivisa del passato e anche delle sofferenze del passato, può diventare occasione per una riconciliazione che guardi al futuro? Ci può essere il rischio della vendetta?  

«”Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi” – sono parole di Cristo. Uno degli scrittori polacchi più importanti del XX secolo, Józef Mackiewicz , ha scritto: “Solo la verità è interessante”. E aveva ragione! Il fatto che il ricordo delle sofferenze vissute può diventare l’occasione per la riconciliazione testimonia in miglior modo la storia delle relazioni tra la Polonia e la Germania dopo la Seconda guerra mondiale. Per mano dei nazisti tedeschi, in Polonia negli anni 1939-1945, sono morti milioni dei suoi cittadini di origine ebrea, polacca, ucraina e bielorussa. La nostra patria ha avuto le più grandi perdite tra tutte le nazioni di Europa. La Polonia, unica anche in questo caso, ha fatto fronte ai due totalitarismi barbari: nazionalsocialismo e comunismo. Non abbiamo avuto una sola famiglia che non avesse perso qualcuno dei suoi cari durante la guerra. Nel 1944, durante l’Insurrezione di Varsavia, la capitale della Polonia è stata completamente distrutta. L’armata tedesca ha ucciso circa 150 mila dei suoi abitanti civili. Sotto i cari armati venivano inviati a morte le donne e i bambini. È stato un mostruoso fratricidio, sembrerebbe, impossibile da perdonare. Ma nel 1965 l’episcopato di Polonia ha inviato all’episcopato della Germania una lettera dove erano contenute queste parole: “Perdoniamo e chiediamo perdono!” Per queste parole il Primate Wyszynski è stato bollato dalle autorità comuniste un traditore. Le ferite di guerra erano ancora aperte e si rimarginavano piano, ma nonostante ciò la nazione polacca ha ascoltato il suo Primate e ha perdonato! In seguito, sono stati compiuti importanti gesti da parte dei tedeschi, il cancelliere Willy Brandt si è genuflesso sul luogo dove prima sorgeva il ghetto di Varsavia di cui tedeschi hanno cancellato ogni traccia. Oggigiorno i tedeschi e i polacchi sono già molto avanti nel processo della riconciliazione storica e del reciproco perdono delle colpe. Sì, la verità storica può e dovrebbe servire per la riconciliazione tra le nazioni. Nella Russia Sovietica, ancora prima del 1939, hanno perso vita circa 200 mila polacchi. Durante la Seconda guerra mondiale e dopo di essa sono stati uccisi e fatti morire di fame in Siberia circa un milione di cittadini polacchi. Katyn, dove con un proiettile in testa sono stati uccisi nel 1940 i prigionieri polacchi di guerra è qui solo un tragico simbolo di genocidio. I polacchi sono una nazione dall’anima naturaliter christiana e sanno perdonare. Ma vogliono sentire la verità. Un genocidio deve essere chiamato genocidio. Nelle relazioni tra le nazioni è necessaria la verità. Senza di essa sprofonderemo in una palude fatta del ripetersi dell’odio». 

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