«Al nuovo amministratore desidero dire di continuare ad avere il coraggio di parlare, di dire il vero, niente di più o niente di meno… Ci sono molti che preferiscono il nostro silenzio, perché il nostro discorso disturba… Dobbiamo parlare, con cautela e rispetto ma parlare…».
Se si eccettua un brevissimo riferimento durante l’omelia al rito dell’ordinazione sacerdotale di un gruppo di frati francescani – avvenuta il 29 giugno – il patriarca latino uscente di Gerusalemme Fouad Twal non aveva ancora detto nulla sulla nomina di padre Pierbattista Pizzaballa ad amministratore apostolico della sede che lascia per raggiunti limiti di età. Solo oggi – a ormai dieci giorni dalla decisione del Papa – il presule giordano interviene con un’intervista rilasciata al sito internet del patriarcato. E lo fa con parole da cui si intuisce abbastanza chiaramente il passaggio delicato che la Chiesa della Terra Santa si trova a vivere.
Non è stata indolore per la comunità cristiana araba la decisione presa da papa Francesco di scegliere fuori dal proprio clero un amministratore apostolico per il patriarcato. E Fouad Twal non lo nasconde, anche se aggiunge che «siamo tutti pieni di buona volontà per aiutarlo in questo compito…».
«Tra i punti di forza sui quali il nuovo amministratore può contare – dice il patriarca uscente su padre Pizzaballa – c’è il fatto di aver servito per dodici anni come Custode di Terra Santa e di essere stato il vicario del Patriarca latino per la comunità cristiana di lingua ebraica. Lui conosce bene le sfide e i problemi della Chiesa in Terra Santa, quella che io ho spesso chiamato la Chiesa del Calvario. A queste carte vincenti, si aggiunge tuttavia il problema della lingua araba, della mentalità orientale e di tutta l’attività pastorale. Per cui capisco la sua preoccupazione, quella dei nostri sacerdoti e anche degli stessi francescani…».
Fouad Twal fa un riferimento preciso anche alle difficoltà amministrative del patriarcato, che sono state una delle ragioni principali che hanno spinto papa Francesco a scegliere padre Pizzaballa (si parla in particolare di alcuni progetti in Giordania, rivelatisi molto più onerosi del previsto): «Sarà sicuramente più facile per lui porre rimedio alle debolezze dell’amministrazione – continua Fouad Twal – che gestire la cura pastorale dei fedeli arabi. Ma è anche vero che i fedeli stranieri del Patriarcato latino ora sono più numerosi dei cristiani arabi locali». Aggiunge che la sua forza starà nel «conquistare totalmente la fiducia dei sacerdoti» e «cominciare la riforma con convinzione e senza esitazione», ma ricorda anche che «il compito di amministratore non sempre fa rima con popolarità».
L’intervista di Fouad Twal è ovviamente anche un bilancio del suo mandato, tracciato non senza amarezza. «L’attenzione del mondo è concentrata sulla guerra e sulle stragi in Siria e in Iraq, più che sulla Terra Santa – racconta il patriarca uscente -. E ultimamente, quando la violenza ha colpito l’Europa, l’Occidente ha cominciato a pensare ai cristiani in Medio Oriente, ai nostri profughi, ad aprire le porte delle ambasciate per dare i visti. Ma di tutti quelli che sono stati uccisi, massacrati, e che hanno avuto il visto per il ritorno al Padre Eterno, nessuno ne parla». Racconta di essersi «spesso sentito solo di fronte a delle decisioni da prendere, solo… nonostante la presenza di una folla di persone intorno a me… Si può scoprire talvolta di avere meno amici di quanti si pensa, o di cambiare il ruolo da attore principale a quello di spettatore, come colui che segue gli eventi senza essere in grado di creare o fare la storia».
Di qui l’invito al suo successore ad «adoperarsi nel mantenere il delicato equilibrio di rapporti con le autorità israeliane, palestinesi e giordane», senza perdere però il coraggio di denunciare le sofferenze della comunità arabo cristiana, perché «ci sono molti che preferiscono il nostro silenzio, perché il nostro discorso disturba…». «Con cautela e rispetto, ma parlare – insiste il patriarca latino uscente – svegliare le coscienze e alimentare i rapporti che abbiamo costruito a livello internazionale lungo questo percorso».
Sul suo futuro personale, infine, Fouad Twal dice di essere «a disposizione dei nostri vescovi e dei nostri sacerdoti per aiutarli il più possibile» e di voler stare ancora accanto «alle famiglie e ai fedeli. Sto anche preparando un libro che ripercorre quasi tutta la mia vita – annuncia – e voglio lasciarlo come messaggio finale».