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“Vado a Lesbo per sostenere i profughi e i greci che li accolgono”

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Vatican Insider - pubblicato il 02/07/16
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Per esprimere «vicinanza e solidarietà» ai migranti e a chi li accoglie. Per questo sabato papa Francesco andrà nell’isola greca di Lesbo. Lo ha detto in un «appello» a fine udienza generale, questa mattina in piazza San Pietro. Nella catechesi aveva affermato e ricordato: non c’è santo senza peccato, né peccatore senza futuro; non sono i sani ad avere bisogno del medico, ma i malati. 

Continuando le sue catechesi sulla misericordia e affrontando uno dei temi della esortazione apostolica Amoris laetitia, appena pubblicata, il Pontefice (davanti a 22mila persone) ha ripreso dal Vangelo la chiamata di Matteo il pubblicano, cioè un «esattore delle imposte per conto dell’impero romano e per questo considerato un pubblico peccatore»: questa vicenda dimostra che «Gesù mostra ai peccatori che non guarda al loro passato, alla loro condizione sociale, alle convenzioni esteriori, ma piuttosto apre loro un futuro nuovo». «Una volta – ha raccontato Papa Bergoglio – ho sentito un detto bello: “non c’è santo senza passato e non c’è peccatore senza futuro”, è bello questo, questo è quello che fa Gesù (a questo punto parte un applauso dei fedeli, nda), “non c’è santo senza passato – ha ripetuto – e non c’è peccatore senza futuro”; basta rispondere all’invito con il cuore umile e sincero, la Chiesa non è una comunità di perfetti ma di discepoli in cammino che seguono il Signore perché si riconoscono peccatori e bisognosi del suo perdono». «La vita cristiana – ha aggiunto – è scuola di umiltà che ci apre alla grazia, tale comportamento non è compreso da chi ha la presunzione di credersi giusto e credersi migliore degli altri: superbia e orgoglio non permettono di riconoscersi bisognosi di salvezza e impediscono di vedere il volto di misericordia di Dio, sono un muro che impediscono il rapporto con Dio».  

Gesù viene criticato dai farisei perché invita al banchetto pubblicani, peccatori e prostitute, «eppure la missione di Gesù è proprio questa: non sono i sani che hanno bisogno del medico, ma i malati, Gesù si presenta come un buon medico, annuncia il regno di Dio e i segni della sua venuta sono evidenti: risana dalle malattie e libera dalle paure e dal demonio». In particolare la questione dell’eucaristia, che non è premio per i santi ma medicina per i fragili. E infatti il Papa ha subito dopo analizzato l’invito di Gesù a condividere sia la parola di Dio che la mensa.  

«Nessun peccatore va escluso , nessun peccatore va escluso – ha ripetuto – perché il potere risanante di Dio non conosce infermità che non possano essere sanate, e questo ci deve dare fiducia: chiamando i peccatori alla sua mensa li risana richiamandoli a quella vocazione che essi credevano perduta e che i farisei avevano dimenticato, il banchetto di Dio». 

«Senza un cuore pentito ogni azione religiosa è inefficace, Gesù – ha evidenziato – applica questa frase profetica anche alle relazioni umane: i farisei sono molto religiosi nella forma ma non vogliono condividere la tavola» con i peccatori, «non riconoscevano la possibilità di un ravvedimento e di una guarigione, non mettevano al primo posto la misericordia, pur essendo custodi della legge dimostravano di non conoscere il cuore di Dio». «È come se – ha spiegato Bergoglio – ti regalassero un pacchetto, e dentro c’è un dono e tu invece di andare a cercare il dono guardi soltanto la carta nel quale è incartato, soltanto le apparenze e le forme, e non il nocciolo della grazia, del dono che viene dato». 

«Se i farisei – ha spiegato – vedono negli invitati solo dei peccatori e rifiutano di sedersi con loro, Gesù ricorda» che anche i peccatori «sono commensali, e sedere a tavola con Gesù significa essere trasformati e salvati». La mensa, ha detto, «è duplice, della parola di Dio e della eucaristia, sono questi i farmaci, con la parola ci invita a un dialogo tra amici, Gesù – ha messo l’accento – non aveva paura di dialogare con peccatori, pubblicani, prostitute, non aveva paura, amava tutti, e la sua parola penetra in noi e come un bisturi penetra in profondità per liberarci dal male, a volte fa male perché incide su ipocrisie, false scusanti, verità nascoste, ma nello stesso tempo illumina, purifica, dà forza e speranza». «L’eucaristia – ha precisato – ci nutre della stessa vita di Gesù, è come un potentissimo rimedio che in modo misterioso rinnova continuamente la grazia del nostro battesimo, accostandoci alla eucaristia ci nutriamo e venendo in noi è Gesù che ci unisce al suo posto». 

Queste poi le sue parole dopo la catechesi: «Sabato mi recherò nell’isola di Lesbo, dove nei mesi scorsi sono transitati moltissimi profughi. Andrò insieme con i miei fratelli il patriarca di Costantinopoli Bartolomeo e l’arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia Hieronymos, per esprimere vicinanza e solidarietà sia ai profughi, sia ai cittadini di Lesbo e a tutto il popolo greco tanto generoso nella accoglienza. Chiedo per favore di accompagnarmi con la preghiera, invocando la luce e la forza dello Spirito Santo e la materna intercessione della Vergine Maria».  

Un vento forte ha accompagnato tutta l’udienza generale, scompigliandogli la mantellina diverse volte. Quando poi papa Francesco si è fermato a salutare, in piedi sul sagrato, vescovi e ospiti, lo zucchetto gli è volato via, un vescovo ha tentato di recuperarlo, e le mantelline hanno cominciato a svolazzare. Alla fine il Papa è rimasto a capo scoperto e senza zucchetto ha continuato a salutare gli ospiti ammessi al baciamano, tra loro anche dei prelati con la tonaca viola del clero anglicano. 

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