Fra poche ore Papa Francesco, insieme al Patriarca Bartolomeo e l’Arcivescovo di Atene Hieronimus, farà visita per sei ore all’Isola greca di Lesbo per incontrare e abbracciare i profughi che fuggono dalle violenze, la fame, il terrore, e che sostano in questo posto come rottami umani scartati ed esclusi, oppure come moneta di scambio tra l’Europa fortezza e la Turchia avida di una risorsa geopolitica che l’aiuti a rompere il suo isolamento. Lesbo è un’altra periferia, seppure piccola e ingombrante, delle tante che Papa Francesco ha visitato in questi oltre tre anni di pontificato.
Con una certa inerzia mediatica abbiamo chiamato spesso Francesco il “Papa delle periferie”, fisiche ed esistenziali, ed è vero, ma ormai è una categoria analitica insufficiente e può diventare fuorviante. Franceso è sì il Papa della periferia ma ci ha anche dimostrato che è il Papa del centro e Lesbo può essere percepito come un messaggio che fino ad oggi era sfuggito: papa Francesco ci sta parlando di un nuovo rapporto tra periferia e centro e non sta privilegiando gratuitamente l’una a scapito dell’altro.
Convinto, come ha detto, che la realtà si vede meglio dalla periferia, da tempo lancia messaggi che ora possiamo capire meglio e in profondità: le periferie non possono fare a meno dei centri così come i centri non posso fare a meno delle periferie … dunque, la sfida, enorme, gigantesca e forse titanica che attende l’umanità è l’elaborazione e la costruzione di un nuovo rapporto fra centro e periferia; completamente opposto a quei rapporti, ormai tutti marci, nati dal cosiddetto “ordine di Yalta”, dalla Guerra fredda, dalla globalizzazione selvaggia, dalla finanza padrona della politica, dall’economia ostaggio della speculazione finanziaria.
Qualcuno potrebbe dire: un “nuovo ordine internazionale”, come si diceva una volta, ma non sarebbe adeguato. Non renderebbe giustizia al pensiero e al magistero di Papa Francesco.
Il Papa sembra che non pensi mai in termini di “ordini” (che comunque presuppongono una gerarchia, un più forte e un più debole, uno che sta sopra e un altro che sta sotto). Di “ordini” di questo tipo (alla fine disordini) ne abbiamo visti abbastanza con i risultati che tutti noi conosciamo: un’odierna crisi dell’umanità che fatica a trovare una soluzione.
In lui la priorità è un’altra: i rapporti. A questo riguardo il 24 settembre dell’anno scorso, parlando ai congressisti statunitensi proprio di profughi e rifugiati, Papa Francesco offrì un lucido squarcio di come dovrebbe essere secondo lui un nuovo rapporto fra centro e periferia, Paesi ricchi e Paesi poveri, persone potenti e persone deboli.
«Il nostro mondo – ha detto il Papa – sta fronteggiando una crisi di rifugiati di proporzioni tali che non si vedevano dai tempi della Seconda Guerra Mondiale. Questa realtà ci pone davanti grandi sfide e molte dure decisioni. Anche in questo continente, migliaia di persone sono spinte a viaggiare verso il Nord in cerca di migliori opportunità. Non è ciò che volevamo per i nostri figli? Non dobbiamo lasciarci spaventare dal loro numero, ma piuttosto vederle come persone, guardando i loro volti e ascoltando le loro storie, tentando di rispondere meglio che possiamo alle loro situazioni. Rispondere in un modo che sia sempre umano, giusto e fraterno. Dobbiamo evitare una tentazione oggi comune: scartare chiunque si dimostri problematico. Ricordiamo la Regola d’Oro: “Fai agli altri ciò che vorresti che gli altri facessero a te” (Mt 7,12). Questa norma ci indica una chiara direzione. Trattiamo gli altri con la medesima passione e compassione con cui vorremmo essere trattati. Cerchiamo per gli altri le stesse possibilità che cerchiamo per noi stessi. Aiutiamo gli altri a crescere, come vorremmo essere aiutati noi stessi. In una parola, se vogliamo sicurezza, diamo sicurezza; se vogliamo vita, diamo vita; se vogliamo opportunità, provvediamo opportunità. La misura che usiamo per gli altri sarà la misura che il tempo userà per noi. La Regola d’Oro ci mette anche di fronte alla nostra responsabilità di proteggere e difendere la vita umana in ogni fase del suo sviluppo.»
Sono queste dinamismi e modelli quelli che, con aggiunte complementarie, e forse intrinseche (traffico di armi, tratta di essere umani, rapporti imperialisti, omologazioni culturali forzate) hanno generato e nutrito un tipo di rapporto centro-periferia ormai insostenibile. Oggi è urgente cambiare rotta e quindi essere capaci di creare e consolidare un rapporto diverso, basato sulla giustizia, l’incontro, il dialogo e il negoziato. E’ una cosa che conviene a tutti: alle periferie e ai centri. Il Papa a Lesbo può essere un monito per l’Europa; anzi, lo è. Certamente è un’esortazione accorata, quasi un appello: rivedere da subito il rapporto fra centro e periferia, da concepire come parte essenziale di un unico corpo: l’umanità tutta.