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Prete copto ucciso nel Sinai a tre anni dalla deposizione di Morsi

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Vatican Insider - pubblicato il 30/06/16
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Torna nel mirino del terrorismo di matrice jihadista la Chiesa copta in Egitto. Questa mattina è stato infatti ucciso in un attacco rivendicato dall’Isis padre Rafael Moussa, sacerdote della chiesa di San Giorgio ad Al Arish, la città costiera del Nord del Sinai che si trova ad appena una ventina di chilometri da Gaza. Un commando gli ha esploso contro dei colpi d’arma da fuoco mentre – dopo la preghiera mattutina – si trovava dal meccanico con la sua auto. Padre Moussa aveva 46 anni ed era sposato e padre di due bambini. Alla parrocchia di San Giorgio di Al Arish prestava il suo ministero dal 2012, quando vi era arrivato insieme a padre Mina Aboud, altro sacerdote copto colpito a morte proprio qui nel luglio del 2013, nelle violenze seguite al colpo di mano dei militari che avevano deposto il presidente islamista Mohammed Morsi. 

Proprio questa coincidenza lascia pochi dubbi sulla matrice dell’omicidio. Anche perché la data stessa è significativa: il 30 giugno ricorre l’anniversario della grande manifestazione popolare contro Morsi in forza della quale il generale al Sisi – allora capo dell’esercito, poi divenuto il nuovo presidente – decise di intervenire mettendo al bando il partito dei Fratelli Musulmani, accusato di fomentare la divisione settaria nel Paese. Gli islamisti non hanno, dunque, perdonato ai copti di essersi apertamente schierati con al Sisi e con l’azione di oggi confermano di tenere i cristiani egiziani nel mirino. 

L’uccisione del sacerdote copto è stata rivendicata da al Amaq, agenzia legata all’Isis, che nel suo proclama sostiene che «il prete voleva muovere guerra all’islam». Nel Sinai opera il movimento jihadista Ansar Bayt al-Maqdis, che è stato tra i primi nel 2014 a proclamare fedeltà al sedicente califfato. 

L’agguato è un’ulteriore conferma di come Al Arish – nel tormentato Sinai, crocevia di traffici di armi e milizie – resti un’area fuori controllo per l’esercito del Cairo. Le notizie di attacchi terroristici in questa zona sono quasi quotidiane e anche oggi, oltre all’assalto nel quale è stato ucciso il sacerdote, c’è stata l’esplosione di una bomba alla locale stazione di polizia con l’uccisione di un agente e il ferimento di un altro poliziotto.  

È stata la stessa Chiesa copta ad annunciare la morte di padre Moussa con un comunicato diffuso nel primo pomeriggio. «Porgiamo le condoglianze al vescovo, alla diocesi, alla sua famiglia e alla sua parrocchia – vi si legge – e condanniamo ogni atto di terrorismo che minaccia la salvezza della nazione e mira a distruggere l’unità del suo popolo. Dio salvi l’Egitto e i suoi figli da ogni male». 

Il richiamo all’unità tra cristiani e musulmani è la chiave per comprendere l’atteggiamento seguito dal patriarca Tawadros II nei confronti di al Sisi. In questi tre anni il generale-presidente ha compiuto gesti inediti nei confronti dei copti come le due visite alla chiesa di San Marco in occasione della festa del Natale o le parole forti contro le interpretazioni radicali del Corano pronunciate ad al Azhar. E la Chiesa copta nutre grandi speranze anche su una legge in discussione che ridurrebbe gli ostacoli alla costruzione di nuove chiese. Lontano dal Cairo, però, il Sinai e l’Alto Egitto restano una trincea molto esposta per le comunità cristiane. Un obiettivo simbolico che i jihadisti non esitano a continuare a colpire. 

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