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Francesco: con gli ortodossi vicini agli ultimi come a Lesbo

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Vatican Insider - pubblicato il 28/06/16
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«Noi, cattolici e ortodossi, abbiamo una comune responsabilità nei confronti di chi è nel bisogno»: il Papa ha ricevuto una delegazione del patriarcato ecumenico di Costantinopoli, a Roma come ogni anno per la festività dei santi Pietro e Paolo, ricordando il recente viaggio con Bartolomeo sull’isola di Lesbo, per testimoniare vicinanza ai rifugiati. Lo stesso patriarca Bartolomeo, a pochi giorni dalla conclusione del concilio ortodosso di Creta, ha rievocato quel viaggio comune in una lettera recapitata al Papa, sottolineando che «la contemporanea crisi dei rifugiati e dei migranti ha dimostrato la necessità per le nazioni europee di affrontare questo problema sulla base degli antichi valori cristiani di fraternità e giustizia sociale». Il Papa, dopo aver presieduto una cerimonia in onore di Benedetto XVI, riceve a pranzo la delegazione ortodossa. 

«Rendo grazie al Signore perché, nell’aprile scorso, mi ha dato l’occasione per incontrare l’amato fratello Bartolomeo, quando, insieme all’Arcivescovo di Atene e di tutta la Grecia, Sua Beatitudine Ieronymo II, ci siamo recati sull’isola di Lesbo per fare visita a profughi e migranti», ha detto il Papa a Methodios, Metropolita di Boston, accompagnato dall’Arcivescovo Job di Telmessos e dal diacono patriarcale Nephon Tsimalis. «Guardare la disperazione sul volto di uomini, donne e bambini incerti sul loro destino, ascoltare impotenti il racconto delle loro sventure e fermarsi in preghiera sulla riva di quel mare che ha inghiottito la vita di tanti esseri umani innocenti è stata un’esperienza molto commovente, che ha confermato quanto vi sia ancora da fare per assicurare dignità e giustizia a tanti fratelli e sorelle. Una grande consolazione, in quei momenti così tristi, è stata la forte vicinanza umana e spirituale che ho sperimentato con il Patriarca Bartolomeo e l’Arcivescovo Ieronymo. Guidati dallo Spirito Santo, stiamo prendendo sempre più coscienza che noi, cattolici e ortodossi, abbiamo una comune responsabilità nei confronti di chi è nel bisogno, in obbedienza all’unico Vangelo di Gesù Cristo nostro Signore. Assumere insieme tale responsabilità è un dovere che tocca la credibilità stessa del nostro essere cristiani. Incoraggio perciò – ha detto il Papa – ogni forma di collaborazione tra cattolici e ortodossi in attività concrete al servizio dell’umanità sofferente».  

«Seguendo l’esempio degli Apostoli Pietro e Paolo e degli altri Apostoli, la Chiesa, composta da uomini peccatori ma redenti mediante il Battesimo, ha continuato nel corso della storia a proclamare il medesimo annuncio della misericordia divina», ha detto il Papa ricordando l’attuale giubileo della misericordia. «Esistono, a partire dai primi secoli, molte differenze tra la Chiesa di Roma e la Chiesa di Costantinopoli in ambito liturgico, nelle discipline ecclesiastiche e anche nel modo di formulare l’unica verità rivelata. Tuttavia, alla base di tutte queste forme concrete che le nostre Chiese hanno assunto nel tempo, vi è sempre la stessa esperienza dell’amore infinito di Dio per la nostra piccolezza e fragilità e la medesima vocazione ad essere testimoni di tale amore verso tutti. Riconoscere che l’esperienza della misericordia di Dio è il vincolo che ci lega implica che dobbiamo sempre più far diventare la misericordia il criterio dei nostri rapporti reciproci. Se, come cattolici e ortodossi, vogliamo proclamare insieme le meraviglie della misericordia di Dio al mondo intero – ha sottolineato il Pontefice – non possiamo conservare tra noi sentimenti e atteggiamenti di rivalità, di sfiducia, di rancore. La misericordia stessa ci libera dal peso di un passato segnato da conflitti e ci permette di aprirci al futuro verso il quale lo Spirito Santo ci guida».  

Il Papa ha messo in luce che «un contributo al superamento degli ostacoli che impediscono di ritrovare quella unità che abbiamo vissuto nel primo millennio, e che non è mai stata uniformità, ma sempre comunione nel rispetto delle legittime diversità, è offerto dal dialogo teologico», incoraggiando tanto il lavoro della Consulta teologica ortodossa-cattolica del Nord America quanto la Commissione mista internazionale per il dialogo teologico tra la Chiesa Cattolica e la Chiesa Ortodossa che torna a riunirsi a settembre. Francesco ha poi fatto un veloce accenno al «Concilio Panortodosso» che si è recentemente concluso a Creta, sottolineando che il cardinale Koch e monsignor Farrell, che hanno partecipato allo storico evento come osservatori fraterni della Chiesa Cattolica, «avranno modo di riferirmi su quanto è avvenuto e sulle risoluzioni adottate», e augurando che lo Spirito Santo possa «far germogliare da questo evento abbondanti frutti per il bene della Chiesa». 

In una lettera inviata tramite la delegazione a Papa Francesco, e diramata sempre oggi dalla sala stampa della Santa Sede, il patriarca Bartolomeo ricorda anch’egli la comune visita all’isola di Lesbo, sottolineando che entrambe le Chiese cattolica e ortodossa «sentono il pianto di coloro che sono affaticati e oppressi, le vittime delle violenze e del fanatismo, la discriminazione e la persecuzione, l’ingiustizia sociale e la povertà e la fame e poniamo la lampada sopra il lucerniere di fronte al tragica rifiuto del rispetto della sacralità della persona umana». Bartolomeo scrive, in particolare: «La contemporanea crisi dei rifugiati e dei migranti ha dimostrato la necessità per le nazioni europee di affrontare questo problema sulla base degli antichi valori cristiani di fraternità e giustizia sociale. Riconosciamo che la civiltà europea può essere compresa senza riferimenti alle sue radici cristiane e che il suo futuro non può essere una società interamente secolarizzata o soggetta all’economicismo e alle varie forme del fondamentalismo. La “cultura della solidarietà” nutrita dal cristianesimo non è preservata dal progresso degli standard di vita, internet e la globalizzazione». Bartolomeo ha ringraziato il Papa anche per l’enciclica Laudato si’, fortemente in sintonia con le iniziative ecologiche del patriarcato e sulla sottolineatura delle «radici spirituali e morali» della crisi ecologica. Il patriarca, infine, fa riferimento al Concilio di Creta, chiedendo al Papa, «Sua Santità e caro fratello», di pregare perché le le sue deliberazioni portino frutto. 

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