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“L’amore concreto è il biglietto da visita del cristiano”

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Vatican Insider - pubblicato il 25/06/16
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È l’amore il «concreto biglietto da visita del cristiano». «Altri modi di presentarsi possono essere fuorvianti e persino inutili, perché da questo tutti sapranno che siamo suoi discepoli: se abbiamo amore gli uni per gli altri». Papa Francesco si rivolge alla comunità cattolica armena, nella città di Gyumri, dove i cattolici sono più numerosi, in una regione devastata da un violento terremoto nel 1988. E pronuncia parole che puntano all’essenziale della testimonianza dei cristiani. 

Francesco ha voluto visitare questa città a pochi chilometri dalla frontiera, chiusa, con la Turchia. Ad accoglierlo una folla di migliaia di persone che durante la mattinata si sono riparate dal sole con gli ombrelli. Ci sono gruppi arrivati dalla vicina Georgia, paese che il Pontefice visiterà il prossimo settembre. Tra i molti cattolici c’erano anche fedeli della Chiesa apostolica, in questa città che ha registrato un tracollo demografico, seguito al terremoto del 1988, quando morirono circa 25.000 persone. La vita dura nei container, il tessuto economico difficile da ricostruire hanno fatto sì che dei 222.000 abitanti registrati nel censimento sovietico del 1984, oggi ne restino poco più di 120.000. Il Papa ha fatto il suo ingresso in processione affiancato dal Catholicos Karekin II, indossando una casula e una mitra bianca raffigurante la croce armena. 

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Nell’omelia, Bergoglio ha ricordato il sisma che ha distrutto quella che era la città più industrializzata del Paese: «Dopo le terribili devastazioni del terremoto, ci troviamo oggi qui a rendere grazie a Dio per tutto quanto è stato ricostruito. Potremmo però anche domandarci: che cosa il Signore ci invita a costruire oggi nella vita, e soprattutto: su che cosa ci chiama a costruire la nostra vita?». Il Papa ha risposto proponendo tre «basi». La prima è la memoria: «Una grazia da chiedere è quella di saper recuperare la memoria, la memoria di quello che il Signore ha compiuto in noi e per noi». Dio «ci ha scelti, amati, chiamati e perdonati». Ma c’è anche un’altra memoria da custodire, quella del popolo. «I popoli hanno infatti una memoria, come le persone. E la memoria del vostro popolo è molto antica e preziosa. Nelle vostre voci risuonano quelle dei sapienti santi del passato; nelle vostre parole c’è l’eco di chi ha creato il vostro alfabeto allo scopo di annunciare la Parola di Dio». Francesco ha dunque invitato gli armeni a ricordare «con gratitudine che la fede cristiana è diventata il respiro del vostro popolo» e l’ha sostenuto anche nelle «tremende avversità». 

La seconda base è la fede. «C’è sempre un pericolo, che può far sbiadire la luce della fede: è la tentazione di ridurla a qualcosa del passato, a qualcosa di importante ma che appartiene ad altri tempi, come se la fede fosse un bel libro di miniature da conservare in un museo». Ma se rimane «rinchiusa negli archivi della storia, la fede perde la sua forza trasformante, la sua bellezza vivace, la sua positiva apertura verso tutti. La fede, invece – ha spiegato il Papa – nasce e rinasce dall’incontro vivificante con Gesù, dall’esperienza della sua misericordia che dà luce a tutte le situazioni della vita». «Ci farà bene lasciare – ha aggiunto – che l’incontro con la tenerezza del Signore accenda la gioia nel cuore: una gioia più grande della tristezza, una gioia che resiste anche di fronte al dolore, trasformandosi in pace». 

Dopo aver invitato i giovani a scoprire la loro vocazione a rispondere generosamente in caso di una chiamata, Francesco ha parlato della terza base su cui costruire: l’amore misericordioso. «L’amore concreto – ha detto – è il biglietto da visita del cristiano: altri modi di presentarsi possono essere fuorvianti e persino inutili, perché da questo tutti sapranno che siamo suoi discepoli: se abbiamo amore gli uni per gli altri. Siamo chiamati anzitutto a costruire e ricostruire vie di comunione, senza mai stancarci, a edificare ponti di unione e a superare le barriere di separazione. Che i credenti diano sempre l’esempio, collaborando tra di loro nel rispetto reciproco e nel dialogo». 

Dio, ha spiegato Bergoglio, «dimora nel cuore di chi ama; Dio abita dove si ama, specialmente dove ci si prende cura, con coraggio e compassione, dei deboli e dei poveri. C’è tanto bisogno di questo: c’è bisogno di cristiani che non si lascino abbattere dalle fatiche e non si scoraggino per le avversità, ma siano disponibili e aperti, pronti a servire; c’è bisogno di uomini di buona volontà, che di fatto e non solo a parole aiutino i fratelli e le sorelle in difficoltà; c’è bisogno di società più giuste, nelle quali ciascuno possa avere una vita dignitosa e in primo luogo un lavoro equamente retribuito». 

Infine, Francesco ha citato il grande santo armeno Gregorio di Narek, il quale insegna che è anzitutto importante riconoscerci bisognosi di misericordia e poi, di fronte alle miserie e alle ferite che percepiamo, non chiuderci in noi stessi, ma aprirci con sincerità e fiducia al Signore». 

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