L’originale libro di Francesco Malaspina affronta e mette in relazione scienza matematica e Rivelazione cristianaLa matematica: incubo di molti; reputata disciplina difficile, destinata a pochi eletti, “cervelloni” in grado di leggerla, maneggiarla, tradurla. Ai tempi della scuola in tanti abbiamo canticchiato sorridendo “disperati” questo verso di un famoso brano di Antonello Venditti: «la matematica non sarà mai il mio mestiere!». E invece Francesco Malaspina, autore del libro “Dio e l’ipercubo” (Effatà editrice) non solo ci parla di matematica, ma attraverso la matematica parla di Cristo.
«La matematica è sì il linguaggio della natura, della scienza e della tecnologia, ma possiede anche un fortissimo valore evocativo ed è su questo che vorrei puntare. La matematica è bellezza, poesia, fantasia e allora, coraggio, lasciamola parlare un po’ di Cristo!»
Nella prefazione Antonio Ambrosetti illustra l’originalità del testo sottolineando il coraggio dell’autore nell’affrontare e nel collegare due argomenti che appartengono ai “massimi sistemi”: «Non è facile scrivere un libro che parli di Dio, se non si è dei teologi di professione. Altrettanto difficile è scrivere di matematica. Troppo spesso la matematica è pensata come un argomento incomprensibile, da tenere il più lontano possibile. (…)Ben venga dunque questo libro di Francesco Malaspina, un giovane studioso di geometria algebrica, che affronta in modo serio e competente due argomenti, matematica e Dio, ardui e apparentemente senza relazioni. Malaspina riesce nell’impresa di tracciare un affascinante parallelismo tra matematica e Fede. La matematica parla di enti astratti ma fortemente legati alla realtà. Anche Dio può sembrare astratto, lontano dal mondo, ma Egli si è invece profondamente inserito nell’uomo tramite l’incarnazione di Gesù Cristo».
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Il “motore” che ha generato l’idea del libro è lo stesso autore a svelarcelo nell’introduzione: «Vorrei collegare le due grandi passioni della mia vita, e avere un pretesto per parlare dell’amore di Cristo attraverso la matematica e viceversa». Infatti da tutto il testo traspare e si coglie quanto Malaspina sia innamorato della matematica e di Dio, sentimento che viene espresso attraverso uno stile appassionato, personale, che mescola ricordi intimi, passi biblici, esperienze vissute attraverso il contatto e il servizio ai poveri.
Nell’introduzione l’autore traccia con grande onestà intellettuale la cornice entro cui ha elaborato il percorso logico ed emotivo su cui fa incamminare il lettore, lasciandolo però libero di trovare la sua strada dopo aver potuto apprezzare la bellezza della scienza matematica e della Rivelazione cristiana.
«Per quanto riguarda la ragionevolezza della fede cristiana il mio parere è che, sia l’ipotesi che Dio non esista, sia quella che Gesù di Nazaret sia realmente risorto, possano stare in piedi e abbiano una loro logica. In questi venti secoli il cristianesimo è passato più volte sotto il setaccio della ragione e ne è uscito indenne; sotto diversi punti di vista tutti questi attacchi hanno semmai rafforzato il pensiero cristiano e oggi molti scienziati possono dirsi credenti senza dover rinunciare alla razionalità. Ad ogni modo, anche la via della non esistenza di Dio è percorribile senza inciampo né contraddizione e ha una sua logica. Si tratta insomma di due assiomi, evidentemente in contrasto tra loro, ma entrambi plausibili. Esattamente come accade con il quinto postulato di Euclide che non è deducibile dagli altri quattro; tuttavia si possono costruire teorie matematiche valide sia considerandolo (geometria euclidea) sia non considerandolo (geometria non euclidea). Io ho scelto l’assioma della Resurrezione di Cristo non per esserci arrivato con un ragionamento logico ma per averLo incontrato nei più poveri tra i poveri e per aver conosciuto tante persone che assumendolo hanno poi dimostrato teoremi eleganti e interessanti. Non cercherò dunque di smontare l’altro assioma, ma partirò dall’ipotesi che le fonti bibliche sgorghino da un’autentica Rivelazione per raccontare alcuni concetti del pensiero cristiano evocati (ma solo per analogia) da alcune nozioni matematiche».
L’autore affronta poi il tema della poliedrica lettura della vita terrena di Gesù Cristo che offrono i quattro Vangeli, accostandola con grande originalità ad uno dei cardini della scienza matematica:
«(…)è interessante che i vangeli siano proprio quattro e che diano quattro punti di vista differenti, talvolta persino un po’ in contraddizione tra loro (pensiamo ad esempio ai racconti della chiamata dei primi discepoli). Possiamo vederli come quattro fari che illuminano uno stesso oggetto da angoli diversi e in questo modo evidenziano zone che sotto la luce degli altri fari rimarrebbero in ombra. I diversi raggi di luce ci donano sfumature che un unico racconto organico e coerente non potrebbe darci e alla fine si riesce ad avere una visione più profonda e frastagliata della buona novella. Il numero quattro però indica proprio la prima dimensione che i nostri sensi non riescono a percepire. Un punto nello spazio è dato da tre coordinate di profondità, larghezza e lunghezza. Un punto nello spazio tridimensionale si può dunque descrivere con una terna (a1,a2,a3) e un solido si può disegnare in un sistema di tre assi cartesiani. Un punto nello spazio quadridimensionale si può semplicemente rappresentare come una quaterna di numeri (a1,a2,a3,a4) e un suo ipersolido si può tranquillamente immaginare matematicamente anche se non siamo in grado di disegnarlo. (…) La storia della nascita, morte e Resurrezione di Gesù, evento di una tale profondità da trascendere la nostra comprensione, può essere pensata come un oggetto quadridimensionale. è vero che non riusciamo a visualizzarla e a disegnarla tutta intera, ma proprio come durante le scuole medie ci siamo abituati a descrivere solidi sul foglio bidimensionale con le proiezioni ortogonali, facendone tre fotografie una dall’alto una di fronte e una da un lato, così si può descrivere un ipersolido guardando le quattro proiezioni (che saranno oggetti tridimensionali questa volta) lungo le quattro dimensioni. Ogni Vangelo insomma è l’ombra tridimensionale della buona novella rispetto ad una direzione. Tutti e quattro insieme ci lasciano immaginare l’oggetto quadridimensionale che i nostri sensi non riescono a percepire».
Il messaggio ultimo che il libro vuole trasmettere viene sintetizzato in questo lucido passaggio della postfazione di Ferruccio Ceragioli: «Si tratta di recuperare (…) un modo di pensare capace di vedere le cose non solo in se stesse come nell’approccio scientifico, ma anche come simboli, realtà capaci cioè di indicare e di rendere presente altro da sé, di rimandare in sé ma al di là di sé al mistero stesso dell’esistenza. Il recupero di un pensiero simbolico, ma non per questo separato dalla scienza, è cruciale per la nostra civiltà e la nostra cultura e anche, forse ancora di più, per la fede cristiana. E anche in questo senso il confronto con la matematica, che vive di simboli, appare di grande interesse».