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L’ingrediente imprescindibile per migliorare

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Carlos Padilla - pubblicato il 15/06/16
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Se l’anima non è immersa nella gioia, cercherà istintivamente alcune compensazioni Temo il fatto di essere troppo rigido nella vita. Con me stesso. Con altri. Posso diventare troppo esigente, troppo duro.

Dice papa Francesco parlando della rigidità: “Anche la nostra vita può diventare così, anche la nostra vita. E alcune volte, vi confesso una cosa, quando io ho visto un cristiano, una cristiana così, col cuore debole, non fermo, non saldo sulla roccia – Gesù – e con tanta rigidità fuori, ho chiesto al Signore: ‘Ma Signore buttagli una buccia di banana davanti, perché faccia una bella scivolata, si vergogni di essere peccatore e così incontri Te, che Tu sei il Salvatore”.

Mi piace incasellare gli altri. Incasellare me stesso. E penso al mio cuore: “Questo Gesù non lo farebbe. Questo non è conforme alla sua vocazione”. Divento rigido. Con me stesso e con gli altri.

Esigo sempre la meta più alta, e qualsiasi cosa non sia la perfezione mi intristisce. Non mi rallegro dei piccoli progressi della vita, dei piccoli successi, dei cambiamenti minimi che ottengo.

Oggi sono una persona migliore di ieri, ma peggiore di domani. Dovrebbe bastarmi. Dovrei rallegrarmi. E invece no. Voglio tutto ora, subito, il successo totale. La felicità completa. E i piccoli trionfi non mi rallegrano più. Smetto di sentirmi felice per i piccoli progressi.

Che peccato! Mi manca quella pazienza dei saggi che sanno aspettare la crescita lenta della vita. Quei saggi che confidano e credono in ciò che può sorgere dal fango. Vedono nella nuda roccia un’opera d’arte nascosta. E sognano. E aspettano.

Se investo del tempo, se investo amore, se investo la vita accadrà molto più di ciò che mi aspettavo, ma per questo devo guardare la mia vita con gioia e non cadere nella disperazione o nell’amarezza quando nulla va come speravo.

Vorrei imparare a vedere il positivo in tutto ciò che faccio e a rallegrarmi sempre. Vedere come mi vanno le cose e sorprendermi davanti ai cambiamenti che non mi aspettavo.

Diceva padre Josef Kentenich che “se l’anima non è immersa nella gioia cercherà istintivamente alcune compensazioni. O in me regna l’allegria, o altrimenti regnerà l’atmosfera del pantano. I sentimenti paralizzanti mi trascinano verso il basso, la gioia mi spinge avanti. Rallegrarsi anche della minima vittoria, rallegrarsi cordialmente di quello che ho ottenuto!

Quanto è importante lo sguardo allegro per vedere l’aspetto positivo nella vita senza soffermarmi sull’amarezza di quello che ancora non ho raggiunto! Quanto è importante vivere la gioia per poter crescere!

Giorni fa una persona mi diceva come nella croce della malattia del marito vedeva la speranza: “Bisogna vedere l’aspetto positivo nella vita. Saper trovare il lato positivo di tutto ciò che dobbiamo vivere. Non lo dico come teoria. La malattia è una grande croce, ma accanto alla croce posso vedere anche cose positive per le quali ringrazio Dio e Maria. Dio mi manda angeli umani, non ne ho il minimo dubbio. Mi sono accadute cose splendide e l’unica spiegazione che trovo è che siano angeli inviati da Dio. Te lo dico col cuore”.

È lo sguardo che vorrei avere sempre. Vedere l’aspetto positivo nel dolore. Vedere Dio nascosto nella mia croce. La luce in mezzo alla notte. La speranza tra i fallimenti.

Non voglio essere un cristiano triste, amareggiato, un giudice inflessibile. Voglio accettare il fatto che i cambiamenti sono lenti. Voglio amare chi è diverso. Chi non si inserisce nello schema. Voglio vivere senza giudicare, senza condannare. Ma quanto mi costa!

Voglio pensare che posso cambiare e migliorare e crescere a metà del mio cammino. Credo davvero che non tutto consista nell’entrare in un modello perfetto che ho disegnato in base a un ideale. Non lo so. Voglio essere più flessibile. Non vivere condannando e giudicando la vita, gli uomini. Non vivere escludendo, esigendo.

Voglio essere motivo di speranza e di gioia. Per non smettere di credere in quello che Dio può fare con la mia vita.

 

 

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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