La specialista del Bambin Gesù: così si può frenare l’insorgenza della resistenza ai farmaciI titoli dei giornali riportano l’apocalisse batterica in arrivo, citando uno studio pubblicato su Antimicrobial Agents and Chemotherapy il 26 maggio 2016.
Il problema della resistenza agli antibiotici esiste, è reale e sicuramente crea e creerà sempre più problemi. Ma in questo caso la notizia è stata riportata in modo sensazionalistico e poco corretto (www.scientificast.it, 31 maggio).
LO STUDIO AMERICANO
Lo studio in questione riporta il caso di una donna ricoverata in un ospedale in Pennsylvania dalla quale è stato isolato il batterio responsabile di un’infezione urinaria. Questo batterio è stato poi identificato essere un ceppo di E. Coli che però ha mostrato una caratteristica mai riportata precedentemente negli Stati Uniti (ma già isolata precedentemente in Cina e Europa): la resistenza a un antibiotico chiamato colistina, portata da un plasmide, ovvero una piccola porzione di DNA circolare. Il batterio isolato però non era resistente a tutti gli antibiotici, come dimostra il fatto che la paziente sia stata curata e stia bene.
LA FUNZIONE DELLA COLISTINA
La colistina è un antibiotico appartenente alla classe delle polimixine, molecole che agiscono sulla parete batterica con un meccanismo non troppo specifico, per questo motivo il loro uso è spesso limitato a causa degli effetti collaterali a livello renale e vengono quindi utilizzati come ultima scelta, nel caso di fallimento di altri trattamenti antibiotici.
IL RAPPORTO INGLESE
La dottoressa Francesca Ippolita Calò Carducci, immunoinfettivologa pediatrica del l’ospedale “Bambin Gesù” spiega ad Aleteia: «La problematica dell’antibiotico resistenza è reale e presente in tutto il mondo. Cito un rapporto allarmante del National Risk Register of Civil Emergencies pubblicato nel 2014 in Inghilterra che sottolinea il rischio di una vera e propria epidemia di resistenza agli antibiotici che potrebbe colpire da qui a 20 anni 200mila cittadini del Regno Unito causandone la morte di almeno 80mila».
La questione va affrontata in maniera «determinata». Una serie di precauzioni – che l’esperta presenta adAleteia – si possono inoltrare sopratutto ai genitori dei bambini, che sono i soggetti più a rischio.
1) ACCERTARSI DELLA DIAGNOSI
«Il principio è che per creare meno resistenza possibile bisogna utilizzare meno antibiotico possibile – sottolinea Calo’ Carducci – spesso dai genitori arriva una richiesta di antibiotico ai primi segnali di febbre. Se la febbre è causata da un virus, l’antibiotico non solo è inutile ma può generare effetti collaterali e puo’ creare resistenza».
Quindi, «non bisogna mai utilizzare l’antibiotico al di fuori delle indicazioni, e quindi solo dopo che il pediatra ha accertato che c’è una infezione batterica in corso».
2) MAI SOSPENDERE LA TERAPIA
Un’altra indicazione importante è di non interrompere la terapia precocemente. «Un errore che si fa spesso – continua la specialista del Bambin Gesù – è di sospendere la cura antibiotica non appena il bambino sfebbra. I genitori vedono il figlio stare bene e ritengono di poter sospendere l’antibiotico senza consultare medico».
In questi caso «il rischio è che se espongo una popolazione batterica ad un antibiotico ma non la eradico definitivamente, la volta successiva non potrò più utilizzare lo stesso antibiotico perché risulterà una resistenza ad esso. E allora dovrò dare un medicinale di fascia superiore, ma gli antibiotici non sono infiniti!».
Inoltre c’è la possibilità di trasferire il germe resistente a persone immunodepresse come un altro bambino, oppure persone che stanno svolgendo particolare terapie come le chemioterapie.
3) EDUCAZIONE ALL’UTILIZZO DEL FARMACO
Allora è fondamentale «educare all’utilizzo della terapia antibiotica. La resistenza ai farmaci «viaggia più velocemente rispetto alla nostra capacità di produrre nuovi antibiotici».
4) LAVARSI LE MANI
Un altro messaggio che la specialista dà ai genitori è l’importanza del lavaggio delle mani, «la semplice manovra del lavaggio delle mani è in grado di ridurre significativamente la trasmissione dei batteri. Allora ecco perché è fondamentale insegnare ai bambini a lavarsi le mani frequentemente. Spesso ai genitori dei bambini dai 3 anni in su do un consiglio: appendere un tabellone in cucina in cui bambino fa una crocetta quando lava le mani e avendo un tot di crocette ottiene un piccolo premio. Un modo semplice ma efficace di educarli a questa operazione altrettanto semplice ma fondamentale».