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Papa Francesco: “No all’idolatria delle ricchezze, porta alla perdizione”

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Domenico Agasso jr - Vatican Insider - pubblicato il 06/06/16
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Così il pontefice durante l’omelia a Santa MartaUn cristiano deve seguire e vivere le Beatitudini, che sono come «navigatori», indicano il giusto itinerario della vita. È l’esortazione che papa Francesco rivolge durante l’omelia della Messa di questa mattina celebrata in Casa Santa Marta. Il Pontefice invita, al contrario, a non scivolare lungo i tre gradini dell’«anti-legge» dei fedeli: l’idolatria delle ricchezze, della vanità e dell’egoismo, che portano alla perdizione. Lo riferisce Radio Vaticana.

Per non perdersi, lungo il cammino della fede, i credenti hanno un – preciso – indicatore di direzione: le Beatitudini. Ignorarne le direzioni che propone può significare scivolare, cadere, lungo «tre gradini» pericolosi: gli idoli dell’egoismo, l’idolatria dei soldi, la vanità; in altre parole, l’egoismo che pensa alla propria soddisfazione ignorando gli altri. Il Vescovo di Roma basa la sua predica sulla pagina del Vangelo odierno di Matteo, in cui si legge di Cristo che ammaestra le folle con il famoso «Discorso della montagna»: «Insegnava – rileva Francesco – la nuova legge, che non cancella l’antica» ma la «perfeziona», conducendola «alla sua pienezza».

«Questa è la legge nuova – sottolinea il Papa – questa che noi chiamiamo “le Beatitudini”. È la nuova legge del Signore per noi. Sono la guida di rotta, di itinerario, sono i navigatori della vita cristiana. Proprio qui – mette in evidenzia – vediamo, su questa strada, secondo le indicazioni di questo navigatore, possiamo andare avanti nella nostra vita cristiana».

Papa Bergoglio si riferisce poi alle considerazioni che l’Evangelista San Luca pone alla fine del corrispondente racconto delle Beatitudini, ossia l’elenco dei «quattro guai»: ai ricchi, ai sazi, a coloro che ridono, a quelli dei quali tutti dicono bene.

Francesco ricorda di avere ribadito «tante volte» che «le ricchezze sono buone», mentre «quello che fa male» è «l’attaccamento alle ricchezze», che diventa così «un’idolatria». Poi riflette: «Questa è l’anti-legge, è il navigatore sbagliato». Ed è «curioso: questi sono i tre scalini che portano alla perdizione, così come queste Beatitudini sono gli scalini che portano avanti nella vita. E questi tre scalini che portano alla perdizione sono l’attaccamento alle ricchezze, perché non ho bisogno di nulla. La vanità, che tutti dicano bene di me: tutti parlano bene, mi sento importante, troppo incenso… e io credo di essere giusto – non come quello, come quello… Pensiamo alla parabola del fariseo e il pubblicano: “Ti ringrazio perché non sono come questo…”. “Ma grazie, Signore, che sono tanto un buon cattolico, non come il vicino, la vicina…”. Tutti i giorni succede questo…»; infine, «l’orgoglio che è la sazietà, le risate che chiudono il cuore».

Il Papa «sceglie» una Beatitudine, che «non dico sia la chiave» di tutte, «ma ci fa pensare tanto»: «Beati i miti». La mitezza, dunque: «Ma, Gesù dice di se stesso: “Imparate da me che sono mite di cuore”, che sono umile e mite di cuore. La mitezza è un modo di essere – evidenzia – che ci avvicina tanto a Gesù». Invece, «l’atteggiamento contrario sempre procura le inimicizie, le guerre… tante cose, tante cose brutte che succedono. Ma la mitezza, la mitezza di cuore che non è sciocchezza, no: è un’altra cosa. È – conclude – la profondità nel capire la grandezza di Dio, e adorazione».

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