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Donne che gestiscono le parrocchie

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Pablo Cesio - pubblicato il 27/05/16
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Ci sono luoghi in cui le donne già battezzano o prestano assistenza per i matrimoniLa parola “diaconessa” ha provocato una vera esplosione dentro e fuori il Vaticano dopo l’intenzione espressa da papa Francesco di creare una commissione che studi il diaconato delle donne nella Chiesa primitiva.

“Papa Francesco apre la via perché la donna sposi e battezzi”, hanno intitolato alcuni media secolari, mentre altri sottolineavano le rivendicazioni femminili sull’uguaglianza tra donne e uomini all’interno della Chiesa.

Per l’America Latina, tuttavia, non è stata una grande novità, ma la conferma del fatto che molti non conoscono quello che tante donne stanno già facendo nel subcontinente assumendo le funzioni del sacerdote (tranne consacrare e confessare) ed essendo referenti delle loro comunità

 

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© Marko Vombergar / ALETEIA

 

 

Occupare il luogo del parroco

Ana Ferradas González è una Serva di San Giuseppe e vive a Cuba come missionaria da 28 anni.

“Ascoltavo con attenzione l’esperienza delle mie sorelle che vivevano in Cile, Argentina, Colombia o Perù e ci raccontavano del loro compito di evangelizzare in luoghi lontani dove il sacerdote non arrivava. Dicevano che facevano di tutto, tranne confessare e consacrare”, ha raccontato alla rivista Vida Nueva.


La missionaria ha detto che ha vissuto l’esperienza di accompagnare una comunità che non aveva sacerdote e che era lei a incaricarsi della catechesi e della visita ai malati, e che celebrava perfino Battesimi col permesso del vescovo.

“’Sorella, lei è il parroco e io consacro’, mi diceva il vescovo. Non ho mai pensato che fosse qualcosa di sbagliato o che quel compito non mi spettasse. Sapeva molto bene cosa facevo, e la comunità si sentiva accompagnata con il lavoro di tutti”, ha sottolineato la suora, che è diventata uno dei cinque vicari diocesani insieme ad altre due religiose e a due sacerdoti.

 

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© http://www.mjvv.org

 

 

Le suore “a tutto campo”

Nel 1961 in Perù è nato il Movimento delle Missionarie di Gesù Verbo e Vittima, fondato da Federico Kaiser, primo vescovo-prelato di Caravelí, dipartamento di Arequipa (1958-1971).

“I luoghi e le regioni senza sacerdote residente sono il campo esclusivo del nostro apostolato”, si legge sul sito web di questo Movimento di suore “a tutto campo”, che si concentra sulle “persone dimenticate” perché il sacerdote non riesce ad arrivare dove vivono.

“In ogni centro missionario c’è un gruppo di 6-8 religiose. Lottiamo soprattutto contro l’ignoranza e il peccato, i nemici più funesti dell’umanità”.

“Sappiamo bene che non possiamo sostituire il sacerdote, ma gli prepariamo il cammino”.


Le religiose sono arrivate anche in villaggi in cui nessuno aveva mai visto un sacerdote. Attualmente, oltre che in Perù, operano in altri Paesi della regione come Bolivia, Argentina, Cile, Paraguay e Uruguay.

In Argentina, ad esempio, lavorano nella regione di Santiago del Estero, una delle zone con maggiori carenze del Paese, dove oltre alle funzioni legate alla liturgia e alla catechesi si occupano della distribuzione di medicinali e cibo.

Alleviare l’abbandono dei fedeli

“Non ci sono barriere che ci impediscano di ritardare la nostra missione. Vogliamo essere missionarie al cento per cento, il nostro anelito è alleviare l’abbandono dei nostri fedeli e mitigare la loro fame di Dio offrendo assistenza religiosa, il meglio che possiamo”, ha spiegato suor Asunción al quotidiano uruguayano El País.

Le religiose sono presenti anche in Uruguay (Paese in cui il loro modello di azione è stato accettato dall’episcopato), soprattutto in località piuttosto lontane dalla capitale Montevideo. Gli abitanti sono ormai abituati a vederle ovunque mentre camminano o vanno a cavallo, in moto o in bicicletta.

Un abitante di Tupambaé, a più di 330 chilometri da Montevideo, ha offerto la sua testimonianza sul lavoro di queste religiose, visto che il suo matrimonio è stato assistito da una di loro.

Secondo quando ha riferito a El País, quando ha dovuto partecipare agli incontri di preparazione gestiti da una di loro gli è risultato “normale”, ma quando il giorno delle nozze in chiesa anziché il sacerdote c’era suor Asunción ed è stata lei ad assistere al matrimonio è rimasto molto sorpreso.


“In qualche momento mi sono chiesto se il mio matrimonio fosse legale, ma non l’ho mai domandato”, ha ammesso.

Nel 2000, nel contesto del permesso speciale concesso alle religiose in Uruguay, è stata data loro anche la facoltà di battezzare e di assistere ai matrimoni.

Tra le attività principali di questo movimento di religiose spiccano l’insegnamento delle verità religiose, l’amministrazione dei Battesimi, la celebrazione della Liturgia della Parola, l’amministrazione della Comunione, l’assistenza ai matrimoni, ai malati e ai moribondi, la direzione delle sepolture, formare e guidare i catechisti e incaricarsi dei registri parrocchiali.

“Cosa posso dire di queste missionarie peruviane che lavorano in quei luoghi sperduti dell’America Latina? Per me è stato molto duro congedarmi da loro. Duro nel senso che, guardandoti negli occhi, ti dicono ‘GRAZIE’, ti danno la mano e stringono la tua per un momento tra le loro”, ha detto una delle tante persone che hanno voluto rendere omaggio al lavoro di queste suore.

 

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© Marko Vombergar / ALETEIA

 

 

A differenza di ciò che forse succede in altri luoghi, queste religiose sono un chiaro segno del fatto che la donna all’interno della Chiesa cattolica trascende certe rivendicazioni ed è già in azione da molto tempo, anche come referente di intere comunità.

E papa Francesco conosce molto bene questa realtà.

[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]

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