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Dal carcere in Belgio a San Pietro: 1700 chilometri per abbracciare Papa Francesco

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Gelsomino Del Guercio - Aleteia - pubblicato il 24/05/16
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Deborah raggiunge Roma dopo un lunghissimo pellegrinaggio “giudiziario” di “conversione”«Da delinquente a pellegrina, da un quadrato di mondo visto da dietro le sbarre alle sconfinate prospettive di un cammino fisico interiore capace di convertire».

Ecco la storia che Deborah, una giovane detenuta belga, ha raccontato al Papa: il suo modo di scontare la pena e trovare la strada per reintegrarsi nella società sono stati quei 1700 chilometri a piedi dal Belgio a piazza San Pietro, per incontrare Francesco (Osservatore Romano, 18 maggio).

“DEBORA RISORGE”

«In questo Giubileo straordinario della Misericordia la storia Deborah è pregna di speranza – sottolinea Padre Salvatore Brugnano su Tropeaedintorni.it (20 maggio) – per chi ha sbagliato e vuole risorgere. Ha fatto a piedi il pellegrinaggio della Misericordia avendo come meta finale Roma, come facevano i pellegrini di un tempo, in cerca di perdono e di riabilitazione e ha incontrato Papa Francesco».

MODERNA MISERICORDIA

La donna, prosegue l’Osservatore Romano, era accompagnata da Stéphanie Nosek e l’associazione Oikoten, con tanto di supervisione del giudice. «Il metodo è ispirato al concetto cristiano, radicato nella tradizione medievale, di far vivere al detenuto un processo di conversione attraverso il pellegrinaggio, verso Santiago de Compostela o Roma. Ma è anche una forma molto moderna di misericordia»: così spiegano l’iniziativa i responsabili dell’associazione Oikoten

OTTO SECOLI DI STORIA

Il pellegrinaggio giudiziario o coatto, come espediente per espiare delle condanne per reati gravi, storicamente nasce nelle Fiandre in Belgio nel 1300, in parallelo al progressivo affermarsi della società mercantile e della crisi dei valori del cristianesimo tradizionale. Meta di arrivo non era solo Santiago de Compostela, ma anche S.Nicola di Bari o Sant’Andrea in Scozia (www.nuoveedizionibohemien.it)

IMPOSTO DALLA MAGISTRATURA

Questa pratica, che disancorava il pellegrinaggio dalla scelta intima e spirituale del fedele e ne faceva una pena imposta dalle magistrature cittadine, si diffuse perché da un lato garantiva per lunghi periodi l’allontanamento di soggetti scomodi ed indesiderabili dalla comunità, rappresentando una sorta di esilio forzato, dall’altro perché contemplava la convertibilità della condanna in un’ammenda pecuniaria di diversa entità a seconda della lunghezza e della difficoltà del viaggio.

ESPERIENZA SPIRITUALE

Dal 1982 in Belgio questa pratica ha cominciato ad essere riproposta ai ragazzi autori di reato dall’associazione Oikoten ma con un intento più spirituale. Quelli che partecipano al programma sono in media 16 all’anno, dopo una selezione che considera soprattutto la loro spinta motivazionale, con una percentuale di successo pari a circa il 50%. Ciò che rileva di queste iniziative è il recupero dell’originario valore formativo dell’esperienza.

L’ACCOMPAGNATORE

Oltre alla spinta motivazionale iniziale, la buona riuscita di queste iniziative sembra poggiare essenzialmente su due variabili: le qualità relazionali dell’accompagnatore e la lunga durata del percorso, in quanto tragitti brevi ed estremamente semplici non consentono questo lavoro di scavo interiore.

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