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Caro Marco Pannella, ti sei battuto per diritti incivili che hanno imbruttito l’Italia

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Unione Cristiani Cattolici Razionali - pubblicato il 20/05/16
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«Volete il divorzio? Allora dovete sapere che dopo verrà l’aborto. E dopo ancora, il matrimonio tra omosessuali. E magari vostra moglie vi lascerà per scappare con la colf!», disse Amintore Fanfani, il 26 aprile 1974. Un profeta, che venne allora ridicolizzato da Marco Pannella, tra i principali artefici delle leggi che, di fatto, hanno rovinato il tessuto sociale italiano.

E’ morto oggi, Marco Pannella, senza dubbio un combattente. A lui va il nostro ringraziamento per l’onestà intellettuale di aver saputo schierarsi dalla parte della Chiesa laddove rilevava un cammino comune. Pensiamo alla campagna contro lo sterminio per la fame nel mondo che lo portò ad essere ricevuto nel 1986 da Giovanni Paolo II, a nome del Consiglio direttivo di “Food and Disarmament”. Ma anche alla lotta contro la pena di morte e per la dignità dei carcerati, che lo ha avvicinato molto a Papa Francesco (si capiscono così le parole di padre Federico Lombardi, portavoce della Santa Sede, che ha parlato di «eredità umana e spirituale importante, di rapporti franchi, di espressione libera e di impegno civile e politico generoso», ma anche di «posizioni discordanti», mentre l’Osservatore Romano ha accennato a «battaglie politiche, talvolta discutibili, in particolare a partire dagli anni Settanta, attraverso una mobilitazione senza precedenti della società civile»).

Eppure non si può negare quanto alcune sue battaglie abbiano anche imbruttito il volto dell’Italia. La sola esistenza della legge sul divorzio ha reso precari i rapporti coniugali fin dalla loro nascita, passando dal per sempre al vediamo se, quindi con una prospettiva già azzoppata in partenza, rendendo precaria e instabile la cellula della società, la famiglia. La sola possibilità di divorziare è stata un facile deterrente alla possibilità di rimboccarsi le maniche e recuperare i rapporti, l’attivismo dei Radicali ha permesso che lo Stato legalizzasse, quindi approvasse, ciò che è oggettivamente un male per la società: la divisione della famiglia con l’avvallo statale.

Contro non trovò soltanto la Chiesa, ma anche diversi laici come Salvatore Satta, Sergio Cotta, Augusto del Noce, Carlo Felice Manara, Enrico Medi, Giorgio La Pira, Alberto Trabucchi, Giambattista Migliori e Lina Merlin.


Il giurista Gabrio Lombardi disse: «Se gli italiani approvano la legge sul divorzio, distruggono la famiglia tradizionale e la stessa società italiana, poiché la società si fonda sulla famiglia prima che sullo stato». Ma il fronte cattolico si presentò diviso alle urne per il referendum abrogativo e la profezia, oggi, si è avverata. Madri single, figli orfani e padri disperati, Pannella (e non solo lui, ovviamente) ha anche questo sulla coscienza. Della famiglia non si è mai interessato, aveva figli sparsi per il mondo di cui si vantava di non sapere e non voler sapere nulla, aveva troppo da fare.

Per non parlare della legge sull’interruzione di gravidanza. Il leader radicale, fondatore nel 1955 del Partito Radicale assieme al maestro massone Paolo Ungari, al teorizzatore delle leggi razziali Leopoldo Piccardi e a Ernesto Rossi, collaboratore del “Popolo d’Italia” diretto da Benito Mussolini, è stato responsabile dell’opprimente e menzognera campagna mediatica che ha ingannevolmente convinto gli italiani in seguito alla fuoriuscita di diossina nella cittadina di Seveso (MB) nel 1976. Pannella e altri militanti capirono l’opportunità e terrorizzarono le donne incinte, dicendo loro che avrebbero partorito dei mostri se non avessero abortito. Allarmismo che venne smentito dagli studi dell’Università di Lubecca e dalla Commissione bicamerale di inchiesta nominata dal Parlamento italiano, ma fu inutile e si fece leva sul caso estremo della malformazione dei feti per arrivare alla legalizzazione dell’interruzione di gravidanza nel 1978.

Sempre nello stesso anno, Pannella si rese protagonista di una campagna diffamatoria contro il presidente della Repubblica, il cattolico Giovanni Leone, che fu costretto a dimettersi, con il quale si scusò nel 1998, ammettendo che molte delle accuse che gli aveva rivolto erano false. Nel 1979 entrò in politica e portò in Parlamento diversi condannati, come Toni Negri, garantendo loro l’immunità parlamentare. Gli italiani che oggi ricordano il Pannella “eroe dei diritti civili” stanno pagando migliaia di euro in vitalizi a decine di persone diventate parlamentari radicali grazie a Pannella, come Cicciolina (5 presente in parlamento), Angelo Pezzana (7 giorni in parlamento), Luca Boneschi (una sola seduta in parlamento), Rino Piscitelli (7 giorni di parlamento).

Venne più volte arrestato perché consumava droga in pubblico, la lotta per la liberalizzazione fu un altro suo obiettivo, arrivando nel 1987 –lo riportano le cronache dell’epoca- a proporre la legalizzazione dell’eroina, di cui faceva ampio uso (distribuiva anche gratuitamente Hashish ai partecipanti di varie manifestazioni anti proibizioniste). Nell’agosto 1984, ospite a San Patrignano, auspicò che la droga «si potesse trovare al self-service» perché così«la cocaina sarebbe doc, l’eroina anche» (la Repubblica, 28/8/1984, p. 14). Sono anche emersi stretti rapporti tra lui e Licio Gelli, “Maestro Venerabile” della golpista loggia massonica P2 (“propaganda due”), che Pannella cercò più di una volta di portare in Parlamento.

«La nostra idea – lo dicemmo pubblicamente – era di offrire l’immunità al fuggiasco, a colui che poteva essere ammazzato da un momento all’altro», ammise Pannella nel 1998.

Si richiamava a Gandhi quando esercitava i suoi digiuni, eppure è stato criticato duramente dallo storico laico Sergio Romano: «Il digiuno di Gandhi contro la Gran Bretagna è l’arma del debole in una guerra asimmetrica di liberazione. Al contrario, mi sorprende invece il digiuno dei radicali che protestano contro alcune particolari politiche dello Stato in cui vive a da cui riceve una somma considerevole di alti vantaggi, fra cui quello della rappresentanza politica. Sono certo che non vogliano trasformare la politica interna in un campo di battaglia, ma così accade, di fatto, quando un uomo politico minaccia di usare il proprio corpo come un’arma letale e si dichiara pronto a morire pur di raggiungere il suo scopo. Se la politica democratica è lotta senza spargimento di sangue, questa, spiace dirlo, non è più democrazia».

Lo stesso vale per la strumentalizzazione dei disabili, usati da Pannella come grimaldello per ottenere una legge sull’eutanasia: «Paradossalmente il Partito radicale è il più laico dei movimenti politici italiani», è stato il commento di Romano, «ma si è servito degli handicap fisici di alcuni fra i suoi più tenaci militanti per creare il “martire”, vale a dire un personaggio che appartiene alle guerre di religione piuttosto che alle battaglie civili. Nella grande maggioranza dei casi i digiunatori, naturalmente, non desiderano la morte. Vogliono vivere, combattere, e sperano di vincere costringendo l’avversario a deporre le armi. Ma questo, spiace dirlo, è un ricatto. Dovrebbero chiedersi quale sia stata, nei casi in cui hanno avuto successo, la ragione delle loro vittorie. Hanno vinto perché, come scrive Emma Bonino, hanno “saputo provocare un pensiero altro” rispetto a un tema di cui non si vuole neppure sentir parlare”? O hanno vinto perché il “nemico” era impaurito dalla possibilità di apparire responsabile del loro decadimento fisico e, in ultima analisi, della loro morte? Se la risposta giusta è la seconda, la parola ricatto mi sembra appropriata».

Tutto questo è stato Marco Giacinto Pannella, un leale combattente, ma dalla parte sbagliata. Voleva rendere l’uomo più libero e ci ha lasciati più schiavi di prima, più deboli e soli. Credeva di lottare per il bene ma spesso ha favorito il male. Forse proprio ora si sarà reso conto, per la prima volta, degli immensi errori che ha commesso e che hanno imbruttito il volto italiano.

 

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