Sara Mujica è una ragazza diciassettenne di Danbury (CT) ed è incinta. Una storia abbastanza comune. Ciò che però non è comune, perlomeno negli Stati Uniti, è che lei ha il virus Zika. È rimasta contagiata in Honduras, dove si è recata per andare a trovare il suo fidanzato. Ha iniziato a mostrare sintomi della malattia proprio dopo aver scoperto di essere incinta.
Mujica, che è nel suo primo trimestre di gravidanza, ha iniziato una campagna di crowdfunding per coprire eventuali costi sanitari se il suo bambino dovesse nascere con dei profondi difetti di nascita, potenziale conseguenza del contagio di Zika durante una gravidanza. Ha detto:
Ho deciso di tenere il bambino, perché è ciò che Dio mi ha donato e mi prendo la piena responsabilità delle mie azioni. Non credo nell’aborto, non lo farei mai. Grazie mille. I fondi che riceverò saranno interamente utilizzati per le cure del mio bambino e per ogni sua eventuale necessità. Grazie mille di nuovo, Dio vi benedica tutti!
Molte persone mi chiedono cosa farei se mio figlio nascesse senza alcun problema. Beh, donerei tutti i soldi a chi ne ha bisogno!
Una blogger ne ha approfittato per dichiarare che Mujica è un’opportunista, una bugiarda, una un’imbroglione, una truffatrice, un’ipocrita e – ovviamente – una prostituta. È stato detto che non avrebbe dovuto fare sesso, che avrebbe dovuto usare degli anticoncezionali, che sarebbe dovuta andare a scuola, che non avrebbe dovuto avere un fidanzato in un altro paese, che non sarebbe dovuta tornare a casa, che non avrebbe dovuto credere alle menzogne dei medici che l’hanno rassicurata sul fatto che a 15 anni non fosse fertile e che non dovrebbe dare per scontato che il suo bambino nascerà con dei difetti.
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Ma, soprattutto, le è stato detto che dovrebbe abortire. Anzi, che deve abortire. Potrebbe essere facilmente perdonata dai suoi misfatti se decidesse di prendere una decisione responsabile ora. Sarebbe sbagliato fare il contrario: per lei (ha soltanto 17 anni!), per il bambino (che potrebbe nascere con una microcefalia!) e, soprattutto, per la società (c’è del denaro in questa faccenda!).
C’è un’altra scelta oltre al partorire. Se è così preoccupata per la salute del bambino non solo non avrebbe mai dovuto rimanere incinta, ma ora dovrebbe semplicemente annullare il processo. Sulla sua pagina di crowdfunding hanno commentato così:
Lilith Jade (con 76 preferenze): “Sei egoista e opportunista. Dovresti abortire prima che quel feto diventi un altro peso per la società. Inoltre, se a te va bene fare sesso fuori dal matrimonio, non ha senso che tu utilizzi la religione come scusa per non abortire”.
Diane Pressly (con 60 preferenze): “Sei una donnaccia in cerca di attenzioni. Vergognati. Se tu fossi una vera madre e avessi amore per il tuo bambino, non esporresti una vita innocente a ciò che sta per arrivare. Mendicare dei soldi affinché le persone ripaghino le tue scelte sconsiderate non fa che peggiorare la situazione. Che tristezza”.
Mujica è forse una truffatrice? Non ne ho idea. Forse sta mentendo su ogni cosa. Forse sapeva già di essere incinta quando è andata in Honduras. Forse il bambino nascerà sano e lei spenderà i soldi per tatuarsi delle becere fate o per far partire delle sgangherate attività commerciali. Le persone possono essere stupide, irresponsabili e impulsive anche dopo che degli estranei sono stati molto gentili con loro (qui c’è un esempio allucinante). Niente di nuovo.
Ma qui c’è qualcos’altro ancora che è antico quanto l’uomo stesso.
Non appena la morte è un’opzione, diventa la sola opzione responsabile. Non appena la morte è una scelta possibile, sembra essere l’unica. Ecco cos’è la morte. È divoratrice. Non è mai soddisfatta. Non appena si scorge un’altra vittima da offrire, chi resta è desideroso di compiere questo sacrificio, sperando di placare la morte per salvare le proprie vite.
Cosa stanno davvero dicendo questi commentatori, con la loro rabbia verso una ragazza che non hanno mai incontrato? Stanno dicendo: “Io non sono un peso. Io non sono irresponsabile. La mia famiglia ed io non soffriremo, perché non siamo degli ipocriti. Siamo nella legalità. Siamo sani. Siamo responsabili. Siamo puri. Non siamo come lei e il suo bambino abusivo. Noi meritiamo di vivere”.
Nessuno vuole realmente essere pro-morte. Quando c’è un bambino di mezzo, indoriamo la pillola e diciamo: “Ricomincia da capo. Forse avrai un bambino migliore la prossima volta”. Quando è coinvolta una persona anziana, diciamo: “Ha avuto la sua occasione. Ora bisogna andare avanti e permettere alle altre persone di godersi la propria vita”. Continuiamo a insistere sulla morte per alcuni in favore di chi vive, come se la morte – in tutte le forme che ora vanno per la maggiore: aborto, eutanasia, suicidio medicalmente assistito – possa in qualche modo migliorare la vita delle masse. C’è chi sostiene che la morte di una persona possa rendere migliore la vita di altre persone. Scegliere la morte, sosteniamo a volte, è una scelta di libertà, di salute, di felicità, di vita in se stessa. Se non per la vittima, perlomeno per qualcun altro, qualcuno che lo merita di più.
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Chiedete all’ottantenne che sa molto bene di essere noioso, puzzolente e costoso, e sa che i suoi figli non vedono l’ora che quel vecchio pazzo tiri le cuoia e la smetta di prosciugare la loro eredità. Chiedete a due persone sposate, stabili e che si amano che hanno messo al mondo un figlio il cui cervello spunta fuori dalla bocca. Chiedete alla donna sulla sedia a rotelle, alla vittima di violenza sessuale, a chi ha un peso incommensurabile. Chiedete a queste persone se un’estraneo abbia mai suggerito che sarebbe stato meglio se loro fossero semplicemente, come dire, morti.
Come se nessuno di noi abbia dei pesi. Come se non fossimo tutti con delle disabilità. Come se non fossimo tutti dei bisognosi, delle vittime, delle spese irragionevoli. Come se non avessimo tutti un prezzo.
Ma noi non vogliamo affrontare ciò che siamo. Vogliamo vederci come delle persone degne, dall’utilità indiscutibile. Noi siamo diversi! Noi meritiamo di essere qui, non come quegli altri, quegli errori viventi, quelle pesanti esistenze che ci trascinano giù. E quindi, con la rapidità con cui la morte diventa una possibilità agli occhi di un estraneo, ci presentiamo e come se nulla fosse diciamo che questa o quella persona non ha il diritto di continuare a vivere. Riempiamo i nostri viali di alberi, in modo che i nostri conquistatori possano marciare nell’ombra. Che la morte si prenda ciò che deve, diciamo, e forse lascerà in pace noialtri.
Ma la morte non si placherà. Non riposerà. Ha fame. Non indietreggia dicendo: “Ho preso la mia parte, ora voi che restate potete vivere in pace”. La morte è una predona indiscriminata, sempre in cerca di espandere il proprio territorio.
Nulla può placare la morte. Ma può essere disarmata. Soltanto una cosa può farlo: il sacrificio di sé. Non il sacrificio delle vite degli altri. Mai il sacrificio delle vite degli altri.
[Traduzione dall’inglese a cura di Valerio Evangelista]