«Ignorare il povero è disprezzare Dio» perché «se io non spalanco la porta del mio cuore al povero, quella porta rimane chiusa anche per Dio, e questo è terribile»: lo ha detto papa Francesco nell’udienza generale in piazza San Pietro, incentrata sulla parabola dell’uomo ricco e del povero Lazzaro, laddove quest’ultimo «rappresenta bene il grido silenzioso dei poveri di tutti i tempi e la contraddizione di un mondo in cui immense ricchezze e risorse sono nelle mani di pochi». Francesco ha salutato i bambini orfani e profughi ucraini ed ha pregato per una «pace duratura» nel paese dove ai confini con la Russia si protrae il conflitto armato.
La vita dell’uomo ricco e del povero Lazzaro «sembra scorrere su binari paralleli: le loro condizioni di vita sono opposte e del tutto non comunicanti», ha detto il Papa. «Il portone di casa del ricco è sempre chiuso al povero, che giace lì fuori, cercando di mangiare qualche avanzo della mensa del ricco. Questi indossa vesti di lusso, mentre Lazzaro è coperto di piaghe; il ricco ogni giorno banchetta lautamente, mentre Lazzaro muore di fame. Solo i cani si prendono cura di lui, e vengono a leccare le sue piaghe». Lazzaro «rappresenta bene il grido silenzioso dei poveri di tutti i tempi e la contraddizione di un mondo in cui immense ricchezze e risorse sono nelle mani di pochi», ha sottolineato Francesco. «Gesù dice che un giorno quell’uomo ricco morì, i poveri e i ricchi muoiono, hanno lo stesso destino, tutti noi senza eccezioni, e allora si rivolse ad Abramo supplicandolo con l’appellativo di “padre”. Rivendica perciò di essere suo figlio, appartenente al popolo di Dio. Eppure in vita non ha mostrato alcuna considerazione verso Dio, anzi ha fatto di sé stesso il centro di tutto, chiuso nel suo mondo di lusso e di spreco. Escludendo Lazzaro, non ha tenuto in alcun conto né il Signore, né la sua legge».
«Ignorare il povero è disprezzare Dio! E questo dobbiamo impararlo bene, ignorare il povero è disprezzare Dio!», ha scandito il Papa.
Francesco ha sottolineato un particolare della parabola: «Il ricco non ha un nome, mentre quello del povero è ripetuto cinque volte, e “Lazzaro” significa “Dio aiuta”. Lazzaro, che giace davanti alla porta, è un richiamo vivente al ricco per ricordarsi di Dio, ma il ricco non accoglie tale richiamo. Sarà condannato pertanto non per le sue ricchezze, ma per essere stato incapace di sentire compassione per Lazzaro e di soccorrerlo». Nella seconda parte della parabola, ritroviamo Lazzaro e il ricco dopo la loro morte. «Nell’aldilà – ha proseguito il Papa – la situazione si è rovesciata: il povero Lazzaro è portato dagli angeli in cielo presso Abramo, il ricco invece precipita tra i tormenti. Allora il ricco “alzò gli occhi e vide di lontano Abramo, e Lazzaro accanto a lui”. Egli sembra vedere Lazzaro per la prima volta, ma le sue parole lo tradiscono: “Padre Abramo – dice – abbi pietà di me e manda Lazzaro – lo conosceva eh – a intingere nell’acqua la punta del dito e a bagnarmi la lingua, perché soffro terribilmente in questa fiamma”. Adesso il ricco riconosce Lazzaro e gli chiede aiuto, mentre in vita faceva finta di non vederlo. Quante volte tanta gente fa finta di non vedere i poveri, per loro i poveri non esistono!», ha sottolineato Francesco. «Prima gli negava pure gli avanzi della sua tavola, e ora vorrebbe che gli portasse da bere! Crede ancora di poter accampare diritti per la sua precedente condizione sociale».
«Finché Lazzaro stava sotto casa sua, per il ricco c’era la possibilità di salvezza, spalancare la porta e aiutare Lazzaro ma ora che entrambi sono morti, la situazione è diventata irreparabile», ha spiegato il Papa. «Dio non è mai chiamato direttamente in causa, ma la parabola mette chiaramente in guardia: la misericordia di Dio verso di noi è legata alla nostra misericordia verso il prossimo; quando manca questa, anche quella non trova spazio nel nostro cuore chiuso, non può entrare. Se io non spalanco la porta del mio cuore al povero quella porta resta chiusa, anche per Dio e questo è terribile!», ha detto il Papa, concludendo: «Nessun messaggero e nessun messaggio potranno sostituire i poveri che incontriamo nel cammino, perché in essi ci viene incontro Gesù stesso: “Tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l’avete fatto a me”. Così nel rovesciamento delle sorti che la parabola descrive è nascosto il mistero della nostra salvezza, in cui Cristo unisce la povertà alla misericordia».
A conclusione dell’udienza il Papa, nell’anniversario del giorno di nascita di san Giovanni Paolo II (18 maggio 1920), ha salutato in particolare i fedeli della Polonia, paese che visiterà a fine luglio: «Mi unisco spiritualmente al Presidente della Repubblica di Polonia, con i combattenti e i partecipanti alla santa messa nel cimitero polacco di Montecassino a ricordo dei caduti, nonché a coloro che sono radunati a Torun per la consacrazione del santuario della Beata vergine Maria stella della nuova evangelizzazione e di san Giovanni Paolo II», ha detto. Che questi importanti eventi «siano per voi un invito a pregare per la pace, per la Chiesa in Polonia e per la prosperità della vostra Patria». Francesco ha poi rivolto un saluto speciale ai «bambini ucraini, orfani e profughi a causa del conflitto armato che ancora si protrae nell’est del paese. Per intercessione di Maria santissima rinnovo la mia preghiera affinché si giunga ad una pace duratura, che possa sollevare la popolazione tanto provata e offra un futuro sereno alle nuove generazioni». Il suo saluto è stato tradotto da uno speaker anche in russo.