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Quando la demenza rivela un amore coltivato a lungo

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SIMCHA FISHER - pubblicato il 13/05/16
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“Sembra che mia madre abbia dimenticato quasi tutto ma non come amare”, dice in questo post mia sorella Rosie. “Non so chi sei, ma sei il benvenuto”. Dice Rosie:

C’è stato un grande andirivieni in casa nostra di recente, e mia madre, che ha l’Alzheimer, è spiazzata. Ieri è entrata in soggiorno, ha visto mio marito che suonava il piano e ha detto: “Oh, resti qui anche la notte? Non so chi tu sia, ma sei il benvenuto”.

Riuscite a immaginare di essere così generosi? Ho sentito che quando l’Alzheimer ti toglie tutto il resto, resta solo la vera personalità. Mia nonna, ad esempio, verso la fine della sua vita diceva solo una parola, ma quella parola era “tesoro”. Il medico era colpito. “Ho sentito parole molto peggiori dai malati di Alzheimer”, diceva*. “Tua nonna dev’essere stata una persona molto affettuosa”.

Mia nonna era sicuramente una donna af ettuosa. Quando riusciva ancora a mettere insieme due parole, una volta ha visto una persona che sbucciava una banana e ha detto: “Oh, poverina”. Mi seguiva con un sorriso ansioso, cercando di risistemare con le mani tremanti il ginocchio strappato dei miei jeans.

Mia nonna era una persona estremamente socievole che decenni fa era nota per i cocktail che organizzava. Tutti l’amavano. Lavorava come infermiera nelle zone più disagiate di Brooklyn – una vocazione ideale per chi voleva vedere delle persone e farle stare meglio. Riesco a immaginarmela mentre sale le scale, bussa con vigore e fa quello che va fatto. Intratteneva, presentava, cercava di fare amicizia ovunque.

E mia madre? La figlia di mia nonna? Non è una persona socievole, per essere buoni… Il suo ideale era avere privacy, pace, semplicità e uno splendido e austero isolamento che le permettesse di mandare al mondo il suo messaggio ma senza essere disturbata in alcun modo.

Non è così che sembrava la sua vita, affatto. In un’elaborata casa vittoriana, ha allevato otto figli viventi e ha trascorso tutti i suoi giorni circondata da loro, facendo loro lezione, nutrendoli e cambiandoli, sopportando pigiama party, feste e matrimoni, facendosi strada attraverso una fitta nebbia di timidezza e introversione per conoscere i nostri amici, accogliere i nostri coniugi, abbracciare i nostri figli. Non le veniva naturale, per niente.

E allora quando mia madre, parlando dall’austera semplicità del suo Alzheimer, dice “Non so chi tu sia, ma sei il benvennuto” ­ mio Dio, è ben più straordinario di quello che potreste pensare. Questa disponibilità ad accettare la gente a casa sua è stata coltivata in modo doloroso, deliberato, intenzionale, in molti anni di vita, finché la sua ospitalità non ha gettato radici così profonde che ora apparentemente fiorisce da sé.

La demenza l’ha sollevata da qualsiasi responsabilità reale. Nessuno si aspetta più che cucini una lasagna per 40 persone, o che cerchi un letto per undici ospiti inaspettati, ma nessuno può persuaderla del fatto che può rinunciare a quel peso di generosità intenzionale. Dico scherzando (ma neanche tanto) che sarà positivo non sapere cosa sto facendo quando avrò l’Alzheimer, perché sarà terribile. Nel profondo sono tremenda, e un giorno non riuscirò a nasconderlo più. Quanto è umiliante non essere più capace di camuffare chi sei davvero…

Ma guardate mia madre. Guardate il fiore del suo amore, coltivato con tanta cura. Lei è così, ma solo perché è quello che si è allenata a diventare.

E allora va tutto bene. Al lavoro.

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*Mia sorella, Abby Tardiff, ha fatto questa importante chiarificazione:

Credo fermamente che mia madre stia esprimendo l’amore al centro del suo essere, e che lo facesse anche mia nonna. Simcha ha ragione. Vorrei aggiungere, però, che a volte l’Alzheimer crea paranoie e rabbia, che non sonoun’espressione della vera personalità, ma semplicemente un una conseguenza della malattia. Alla fine il vocabolario di mia nonna si è ridotto solo alla parola “tesoro”, che esprimeva bene la sua personalità, ma un po’ prima che accadesse ha sviluppato un vocabolario da scaricatore che non le avevo mai sentito!”

L’Alzheimer può eliminare le inibizioni e risparmiare qualche tratto fondamentale della personalità, ma è una malattia cerebrale degenerativa che alla fin fine cambia drasticamente la persona, soprattutto negli stadi più avanzati. Un malato di Alzheimer che mostra un comportamento grottesco o violento non sta rivelando chi è davvero; il suo cervello è stato trasformato dalla malattia contro la sua volontà.

Mi scuso sinceramente per aver fatto intendere non intenzionalmente che i malati di demenza siano in qualche modo responsabili del loro comportamento, o che possiamo leggere l’anima di qualcuno che soffre di una malattia cerebrale. La mia intenzione era solo quella di rendere omaggio alla lunga eredità di amore e sacrificio di mia madre.

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[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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