Ha trovato sostegno nella comunità ecclesiale alla quale partecipava e in colui che oggi è suo maritoIl 22 aprile, nell’auditorium del rettorato dell’Università Anáhuac del Sur, a Città del Messico, si è svolto il forum L’abuso sessuale nel nostro contesto scolastico, sociale ed ecclesiastico, nel quale è stata presentata la testimonianza di Ana, una delle tante vittime di abusi sessuali che per paura hanno deciso di rimanere in silenzio per molto tempo.
Ana ha descritto la scena di una bambina che sta giocando e che qualcuno all’improvviso prende da dietro; potrebbe gridare ma non lo fa; viene maltrattata, sente che le vengono meno le forze e sviene.
Succede tutto a casa sua. Viene abusata dai suoi zii, gemelli di 10 anni.
Ana spiega che quando è accaduta la vicenda non era ancora neanche in età prescolare, e che il fatto che due persone di dieci anni avessero abusato di una di tre era segno che all’interno della famiglia stava succedendo qualcosa, una catena di abusi che era tuttavia difficile da portare alla luce.
“Sono stata la prima a dirlo in famiglia, e quindi oggi sono la pecora nera”, ha confessato.
Ana dice di essere cresciuta insieme ai nonni in un ambiente di “matriarcato machista”, in cui la nonna sosteneva l’obbedienza totale alla figura maschile, mentre lei è stata allevata da una madre single.
Vivevano tutti in casa dei nonni, anche i gemelli, fratelli di sua madre, che abusando di lei l’hanno trasformata in una bambina introversa e paurosa, che voleva stare solo vicino alla mamma o alla nonna.
Ana racconta che a scuola, pur essendo stata sempre una buona allieva, era piena di paure; ci sono stati periodi in cui non voleva andare a scuola per la paura che provava quando veniva separata dalla madre o dalla nonna.
Quando la madre ha iniziato a sospettare che stesse accadendo qualcosa di strano, ha raccontato, l’ha presa per le spalle e le ha chiesto con tono arrabbiato: “I tuoi zii ti fanno qualcosa?”
Ana ha dovuto mentire, visto che l’irritazione della madre le ha fatto sentire che quella rabbia era nei suoi confronti. All’epoca gli abusi erano costanti, e lei se ne vergognava.
Gli abusi sessuali contro di lei si sono interrotti momentaneamente quando aveva 12 anni, visto che era paffutella e i suoi zii avevano già la fidanzata. Non sono invece terminati gli attacchi verbali, diventati quotidiani con frasi come “Sei stupida!”, “Sei brutta!”, “Non arriverai da nessuna parte”, unite a quelle della nonna: “Devi sposarti!”, “Devi obbedire a tuo marito!”
In quel periodo pensava che gli abusi fossero ormai terminati, ma quando ha compiuto 17 anni è ricominciato tutto.
Quella volta la sua reazione è stata diversa. Ha pensato di togliersi la vita, ma una piccola parte di lei voleva vivere, e allora ha deciso di porre un freno a tutto e di denunciare i fatti, dando inizio a un’altra tappa nel contesto familiare, con ricatti da parte della nonna, il che l’ha portata a cercare sostegno nella comunità ecclesiale alla quale partecipava.
All’epoca ha conosciuto Rodrigo, che da miglior amico è diventato suo marito e un grande sostegno. A poco a poco, Ana ha superato le conseguenze degli abusi sessuali subiti.
Oggi afferma con decisione che la chiave di tutto è stata aver rotto il silenzio.
[Traduzione dallo spagnolo a cura di Roberta Sciamplicotti]