Perché un frate canta canzoni d’amore?
Fiat voluntas tua
Frate Alessandro Giacomo Brustenghi nasce a Perugia il 21 aprile del 1978, a 21 anni decide di donarsi al Signore. Cecilia, oggi, riporta la sua straordinaria testimonianza, tratta dal sito www.friaralessandro.com.
“Ho sempre voluto cantare nel coro ma la mia voce non era abbastanza potente. Un’insegnante mi disse che avrei dovuto cantare lo stesso, non perché pensava che avrei potuto migliorare, ma perché aveva bisogno di studenti per riempire la classe. Cominciai a cantare nell’ottobre del 1996 in un’altra classe. La mia voce era ancora debole e alla fine dell’anno, avevo 19 anni all’epoca, mi dissero che non erano convinti e che pensavano che avrei dovuto fermarmi. In quel momento decisi di diventare frate.
Fu molto particolare, perché sperimentai una conversione dentro di me. Prima della conversione mi piaceva molto l’idea di scrivere i miei pensieri. Credevo nella filosofia, non in Dio. Credevo nella bontà ma non in una persona, il che era molto diverso dall’idea cristiana. Non andavo nemmeno in chiesa. I miei genitori erano cattolici ma non molto praticanti. Mio padre era un impiegato statale e mia madre faceva la casalinga. Mi avevano mandato in chiesa per seguire il catechismo, ma niente di più.
Avevo fatto un corso di preparazione alla cresima ma poi avevo deciso di fermarmi. In fondo, chi è questo Gesù? La mia fede è fatta dalle mie credenze e dalle mie convinzioni. Ero convinto che le cose materiali fossero di poco conto e che lo spirito fosse molto più importante, e improvvisamente mi resi conto che non volevo essere legato ai beni materiali di questo mondo.
A 16 anni sentii un’inquietudine, una voce, qualcosa che mi stava chiamando. Mi diceva che era giusto sperimentare di tutto nella vita, anche se era pericoloso. Mi spingeva verso il pericolo e anche verso le droghe. Volevo provare tutto, avevo bisogno di esperienze. Ma qualcosa dentro di me disse di no.
Ero in piena crisi e mi dissi ‘Ok Dio, se esisti dammi un segno. Quindi andai in un bosco e mi stesi sul prato. ‘Non riesco a pensare più a nulla, ti prego aiutami.’ Era un grido che veniva dall’anima e in quel momento sentii dentro di me pace e felicità, sentii di essere in comunione con il tutto il creato. Fu il mio momento ‘Fratello Sole, Sorella Luna.’ Quello fu anche il momento in cui sentii il legame con la vita francescana, così simile a quell’esperienza.
Avevo scoperto la presenza di Dio, una presenza nuova, una presenza diversa. Non solo quella sensazione di bontà, ma proprio Dio come persona. Lo sentii vicino a me. Egli è in tutto il creato, è in tutte le persone, lo sentii dentro di me e percepii il suo amore per tutte le persone, e non per le esperienze. Improvvisamente non ero più attirato dal pericolo. Sentivo che l’amore era piú importante, sentivo che se Gesù si era sacrificato, il mio unico modo di ringraziarlo era consacrare la mia vita a lui.
Ero molto spaventato da questa esperienza, perché avevo sempre voluto diventare un musicista. Volevo avere una famiglia, una moglie e dei figli. Tutto ciò si scontrava con questo nuovo desiderio che era nato dentro di me. Ero in conflitto.
Ci ho pensato in continuazione per tre anni. A 19 anni avevo bisogno di aiuto per capire se quella fosse una vera vocazione e se fosse il momento di decidere di lasciare lo studio dell’organo. Così sarei stato in grado di comprendere meglio, perché non era davvero possibile esercitarsi cinque ore al giorno e poi concentrarsi sulla mia vocazione. Fu una scelta molto difficile, ma pensai che la musica e l’organo erano un dono che avrei dovuto sacrificare a Dio. Ovviamente bisognerebbe sacrificare le cose sbagliate, non quelle giuste, ma all’epoca non lo sapevo.
Non ero sicuro di cosa dovevo fare. Se non avessi continuato nel convento, avrei dovuto prendere un qualche diploma. Sentivo anche che era positivo avere una certa disciplina interiore. Hai cominciato un percorso di studi, non ti fermare, vai fino in fondo. Decisi quindi di cominciare a fare pratica con esercizi di respirazione. Era come scalare una montagna, ma studiavo per ore e ore ogni giorno con il respiro che sembrava ogni volta sul punto di mancare e ci fu un miracolo, un miracolo di esercizio e un miracolo di Dio.
Trovai la mia voce. Iniziai ad apprezzare l’opera. Incontrai un frate che mi fece conoscere le voci dei grandi tenori. Mi unii all’ordine e durante il mio postulandato dissi al mio padre spirituale che volevo smettere di cantare, che volevo solo essere un frate per lavorare e pregare insieme. Ma mi rispose ‘No, tu continuerai. È un talento che viene da Dio, non puoi buttarlo via.
Così ho continuato a cantare in concerti ed esibizioni, e poi il mio maestro mi disse ‘Ora devi fermarti.’ All’inizio è stato difficile, ma dopo sentii una forza nuova perché avevo capito che la musica era in me. Fu un altro legame spirituale. Quel dono di Dio era nel mio cuore. Quando mi risvegliai il mattino seguente sentivo melodie nel mio cuore.
Era stata una prova, e quando il mio padre spirituale scoprì che ero in pace con me stesso e che ero stato in grado di smettere di cantare, mi disse che avrei potuto riprendere dopo due mesi. Presi i primi voti temporanei e in seguito iniziai lo studio per la professione finale. Poi ebbi una forte crisi mistica. Non credevo nella mia vocazione. Non mi è chiaro il motivo.
Chiesi aiuto. Mi dissero che era stata solo una tentazione. Così dopo la crisi, che fu nel novembre 2001, decisi di fare come San Francesco e vivere come un eremita, in solitudine. Avrei potuto lavorare il legno e non indossare l’abito. Non ero tentato da una vita profana all’epoca. Non volevo avere una fidanzata; non era quel genere di tentazione. Si trattava più che altro di capire se Dio volesse che io diventassi un frate francescano. Come potevo farlo se sembrava che il diavolo mi stesse distogliendo da quel proposito?
Alla fine compresi che avrei dovuto ritornare e che avrei continuato a cantare. Canto spesso canzoni napoletane e brani d’opera che non sono religiosi. Perché no? La gente pensa ‘Ma perché il frate sta cantando una canzone d’amore?’ Beh perché non dovrei farlo? Non è necessario che io viva ciò che canto. Faccio solo da tramite. Sono un uomo, una creatura. Provo dei sentimenti dentro di me ma li uso per comunicare così da poter cantare tutto ciò che voglio, tutto ciò che è bello.”
Il viaggio non fu facile, ma sentii finalmente che avevo l’equilibrio necessario per fare entrambe le cose. Dopo la professione perpetua nel 2009 pensavo che forse avrei dovuto smettere di cantare e chiesi un segno. Ero alla celebrazione della preghiera vespertina, quando terminò, un uomo si avvicinò dicendomi ‘La sua voce è fantastica. Dio le ha dato un dono stupendo. Quando ha cominciato a cantare ho sentito qualcosa di incredibile dentro di me.’ Pensai che quello era un segno di Dio.”
Costanza D’Ardia