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La Amoris Laetitia sdogana veramente la contraccezione?

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Francisco De La Vega - pubblicato il 18/04/16
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Il documento papale cita la Humanae Vitae, ma mi chiedo se formuli la questione del controllo delle nascite in termini di “permesso” e “proibito” Cosa dice papa Francesco sul controllo delle nascite nell’esortazione apostolica Amoris Laetitia? Gli osservatori avevano previsto che la questione avrebbe sollevato tanto dibattito quanto quella sui divorziati risposati, soprattutto considerando il fatto che la posizione della Chiesa sulla contraccezione è sempre stata fraintesa, come di recente nel caso del virus Zika. In questo contesto, nessuno ignora che papa Francesco, compiendo piccoli passi, abbia relativizzato le posizioni più dottrinali in materia, ad esempio sul numero ideale di figli per famiglia, o menzionando il fatto che papa Paolo VI ha permesso alle suore di prendere la pillola per evitare che concepissero un figlio in caso di stupro.

Fin dalle prime battute della Amoris Laetitia, papa Francesco rivela lo spirito che ispira queste piccole “stoccate”:

Al tempo stesso dobbiamo essere umili e realisti, per riconoscere che a volte il nostro modo di presentare le convinzioni cristiane e il modo di trattare le persone hanno aiutato a provocare ciò di cui oggi ci lamentiamo, per cui ci spetta una salutare reazione di autocritica. D’altra parte, spesso abbiamo presentato il matrimonio in modo tale che il suo fine unitivo, l’invito a crescere nell’amore e l’ideale di aiuto reciproco sono rimasti in ombra per un accento quasi esclusivo posto sul dovere della procreazione (36).

E aggiunge:

Invece di offrire la forza risanatrice della grazia e la luce del Vangelo, alcuni vogliono “indottrinare” il Vangelo, trasformarlo in “pietre morte da scagliare contro gli altri” (49).

In primo luogo, dovremmo tornare a un giusto apprezzamento dell’importanza della questione

La prima impressione che si ha leggendo l’esortazione apostolica è che il Santo Padre non volesse dare troppa importanza alla questione del controllo delle nascite. Questo fatto potrebbe benissimo essere una prima lezione: dare ai fedeli e ai pastori un giusto apprezzamento del significato da dare alla questione. A questo riguardo, un forte messaggio della Amoris Laetitia è trasmesso dal fatto che il suo quinto capitolo, intitolato “L’amore che diventa fecondo”, non dice una parola sul controllo delle nascite. Forse, in qualche misura, questo illustra l’avvertimento del papa:

Desidero ribadire che non tutte le discussioni dottrinali, morali o pastorali devono essere risolte con interventi del magistero (3).

Nella Amoris Laetitia, infatti, l’insegnamento sul controllo della fertilità salta fuori qua e là nel corso dello schema seguito dal papa, ma non è un elemento centrale. Ciò che interessa al Santo Padre è costruire famiglie giuste e feconde in conformità al progetto divino (6), famiglie basate sull’amore come descritto dal Vangelo. In questo caso, la questione della scelta dei metodi per il controllo delle nascite non merita l’importanza controversa che viene spesso data loro. Non è forse per questo che papa Francesco è lieto che la sua esortazione sia stata pubblicata durante l’Anno della Misericordia?

[L’Anno della Misericordia] ci fornisce un quadro e un clima che ci impedisce di sviluppare una morale fredda da scrivania nel trattare i temi più delicati e ci colloca piuttosto nel contesto di un discernimento pastorale carico di amore misericordioso, che si dispone sempre a comprendere, a perdonare, ad accompagnare, a sperare, e soprattutto a integrare (312).

Un promemoria fedele ma “creativo” dell’insegnamento tradizionale

Fin dall’inizio, Francesco pone il suo insegnamento come parte di un’“ermeneutica della continuità”:

Per evitare qualsiasi interpretazione deviata, ricordo che in nessun modo la Chiesa deve rinunciare a proporre l’ideale pieno del matrimonio, il progetto di Dio in tutta la sua grandezza (307).

Cominciando dal documento finale del Sinodo, che si riferisce ai testi principali del Magistero, il papa dedica il terzo capitolo della sua esortazione a ricordare l’insegnamento tradizionale della Chiesa su matrimonio e famiglia, e lo fa con creatività, senza esitazioni, innanzitutto con la scelta dei testi citati e poi aggiungendo piccoli ma significativi tocchi personali, per aprire questo insegnamento verso nuove direzioni.

Per inserire questi testi nel contesto appropriato, dobbiamo dire prima qualcosa sulla dottrina della Chiesa circa gli “obiettivi” del matrimonio. Fondamentalmente, dobbiamo ricordare che parlando a livello tradizionale l’obiettivo primario del matrimonio è quello di generare e allevare i figli, il secondo è l’aiuto reciproco degli sposi e il terzo è il rimedio alla concupiscenza.

Nella cornice ristretta di questa dottrina, possiamo capire perché qualsiasi dissociazione tra l’atto coniugale e la procreazione sia a malapena concepibile. Il Concilio Vaticano II e il Catechismo della Chiesa Cattolica sulla sua scia hanno poi arricchito questa dottrina, soprattutto dando un ruolo di spicco a un nuovo concetto (nuovo per la dottrina, non per le coppie sposate!), quello di “amore coniugale”, senza renderlo tuttavia un “obiettivo” del matrimonio. Offerto questo breve promemoria, ecco allora le considerazioni principali del papa sulla fertilità e sulla pianificazione familiare:

Il matrimonio è in primo luogo una “intima comunità di vita e di amore coniugale” che costituisce un bene per gli stessi sposi, e la sessualità “è ordinata all’amore coniugale dell’uomo e della donna”. Perciò anche “i coniugi ai quali Dio non ha concesso di avere figli, possono nondimeno avere una vita coniugale piena di senso, umanamente e cristianamente”. Ciò nonostante, questa unione è ordinata alla generazione “per la sua stessa natura” (80).

Si noti l’espressione “in primo luogo”, che il papa ha aggiunto alla citazione del Concilio. La sessualità è ordinata in primo luogo all’amore coniugale, che è quindi posto al di sopra, o oltre, gli “obiettivi” del matrimonio. La procreazione, l’obiettivo primario del matrimonio, è relativa all’amore coniugale, come espresso dal fatto che viene al secondo posto e per via dell’avverbio “nonostante”. Citando poi la Humanae Vitae, papa Francesco sottolinea che l’atto sessuale è ordinato alla procreazione:

Nessun atto genitale degli sposi può negare questo significato, benché per diverse ragioni non sempre possa di fatto generare una nuova vita (80).

L’ultima parte della frase è scritta dallo stesso Francesco, che aggiunge:

I Padri sinodali hanno af ermato che “non è difficile constatare il diffondersi di una mentalità che riduce la generazione della vita a una variabile della progettazione individuale o di coppia” (82).

In precedenza era stata menzionata l’importanza della Humanae Vitae, sempre in riferimento all’amore coniugale:

Il beato Paolo VI, sulla scia del Concilio Vaticano II, ha approfondito la dottrina sul matrimonio e sulla famiglia. In particolare, con l’Enciclica Humanae Vitae, ha messo in luce il legame intrinseco tra amore coniugale e generazione della vita (68).

Il dovere degli sposi di valutare la moralità di diversi metodi di controllo delle nascite è confermato, ma l’unico criterio menzionato è il rispetto per la dignità della persona:

L’insegnamento della Chiesa aiuta a vivere in maniera armoniosa e consapevole la comunione tra i coniugi, in tutte le sue dimensioni, insieme alla responsabilità generativa. Va riscoperto il messaggio dell’Enciclica Humanae Vitae di Paolo VI, che sottolinea il bisogno di rispettare la dignità della persona nella valutazione morale dei metodi di regolazione della natalità (82).

Citando poi San Giovanni Paolo II, Francesco sottolinea la responsabilità primaria degli sposi nel gestire la propria fertilità:

La paternità responsabile non è “procreazione illimitata o mancanza di consapevolezza circa il significato di allevare figli, ma piuttosto la possibilità data alle coppie di utilizzare la loro inviolabile libertà saggiamente e responsabilmente, tenendo presente le realtà sociali e demografiche così come la propria situazione e i legittimi desideri” (167).

Ricordando così l’insegnamento della Chiesa sul controllo delle nascite, il Santo Padre compie una sintesi che è sia cattolica che totalmente aperta a nuovi sviluppi. Questa sintesi induce infatti una prospettiva unica sul giudizio morale su tutti i metodi di controllo delle nascite. Almeno a livello pastorale, questo porterà a un cambiamento di prospettiva. Ciò è reso ancor più chiaro dal fatto che una serie di affermazioni seguono lo stesso trend, ad esempio:

In effetti, la grazia del sacramento del matrimonio è destinata prima di tutto “a perfezionare l’amore dei coniugi” (89).

Al punto che l’elemento amoroso e perfino erotico dei rapporti sessuali viene sottolineato varie volte:

San Giovanni Paolo II ha respinto l’idea che l’insegnamento della Chiesa porti a “una negazione del valore del sesso umano” o che semplicemente lo tolleri “per la necessità stessa della procreazione” (150).

Pertanto, in nessun modo possiamo intendere la dimensione erotica dell’amore come un male permesso o come un peso da sopportare per il bene della famiglia, bensì come dono di Dio che abbellisce l’incontro tra gli sposi. Trattandosi di una passione sublimata dall’amore che ammira la dignità dell’altro, diventa una “piena e limpidissima af ermazione d’amore” che ci mostra di quali meraviglie è capace il cuore umano, e così per un momento “si percepisce che l’esistenza umana è stata un successo” (152).

Nel quinto capitolo, sull’amore fecondo, come abbiamo detto, il Santo Padre non affronta direttamente la questione del controllo delle nascite, ma in modo più personale offre una splendida meditazione sull’accettazione della vita, con un avvertimento speciale nei confronti del concetto di “figlio desiderato”, che quando reso un assoluto può portare a considerare un figlio non come un dono di Dio che è sempre benvenuto ma come un oggetto indesiderato.

La scelta di diventare genitori presuppone la formazione della coscienza

Dopo queste citazioni del Magistero, papa Francesco risponde all’invito del Sinodo a cercare nuovi metodi pastorali (199), dedicando poi una pagina (sulle 260 del testo) alla questione del controllo delle nascite. In questa pagina (che citiamo quasi completamente), prende innanzitutto la via tradizionale per aprire meglio a una nuova prospettiva pastorale. Inizia con il documento finale del Sinodo:

L’accompagnamento deve incoraggiare gli sposi ad essere generosi nella comunicazione della vita. “Conformemente al carattere personale e umanamente completo dell’amore coniugale, la giusta strada per la pianificazione familiare è quella di un dialogo consensuale tra gli sposi, del rispetto dei tempi e della considerazione della dignità del partner. In questo senso l’Enciclica Humanae Vitae (cfr 10­14) e l’Esortazione apostolica Familiaris Consortio (cfr 14; 28­35) devono essere riscoperte al fine di ridestare la disponibilità a procreare in contrasto con una mentalità spesso ostile alla vita […]. La scelta responsabile della genitorialità presuppone la formazione della coscienza, che è “il nucleo più segreto e il sacrario dell’uomo, dove egli è solo con Dio, la cui voce risuona nell’intimità” (Gaudium et Spes, 16). Quanto più gli sposi cercano di ascoltare nella loro coscienza Dio e i suoi comandamenti (cfr Rm 2,15), e si fanno accompagnare spiritualmente, tanto più la loro decisione sarà intimamente libera da un arbitrio soggettivo e dall’adeguamento ai modi di comportarsi del loro ambiente” (222).

Poi il pontefice cerca di dare piena forza all’insegnamento del Concilio Vaticano II:

Rimane valido quanto af ermato con chiarezza nel Concilio Vaticano II: “I coniugi […], di comune accordo e con sforzo comune, si formeranno un retto giudizio: tenendo conto sia del proprio bene personale che di quello dei figli, tanto di quelli nati che di quelli che si prevede nasceranno; valutando le condizioni sia materiali che spirituali della loro epoca e del loro stato di vita; e, infine, tenendo conto del bene della comunità familiare, della società temporale e della Chiesa stessa. Questo giudizio in ultima analisi lo devono formulare, davanti a Dio, gli sposi stessi” (222).

Viene quindi ribadito che, in conformità al progetto del Creatore, l’insegnamento sul dominio della fertilità (cfr. Gn 1, 28) appartiene agli sposi come coppia e, nel Nuovo Patto, come ministri del sacramento del matrimonio. Ciò implica che i pastori devono sicuramente informare il giudizio degli sposi, ma che non dovrebbero in alcun modo cercare di sostituirlo con le loro direttive.

La scelta dei metodi da usare

Introducendo la questione della scelta dei metodi con l’espressione “d’altra parte” e affrontandola in un totale di appena sei righe, il Santo Padre la rende un argomento secondario. La risposta alla domanda che acceso tanti dibattiti è semplice: la decisione della coppia dev’essere illuminata dall’“incoraggiamento” pastorale a usare metodi “naturali”:

D’altra parte, “il ricorso ai metodi fondati sui ‘ritmi naturali di fecondità’ (Humanae Vitae, 11) andrà incoraggiato. Si metterà in luce che ‘questi metodi rispettano il corpo degli sposi, incoraggiano la tenerezza fra di loro e favoriscono l’educazione di una libertà autentica’ (Catechismo della Chiesa Cattolica, 2370)” (222).

Da parte nostra, comprendiamo che questo “incoraggiamento” pastorale in favore dei metodi “naturali” è di una natura tanto elevata quanto l’incoraggiamento che il Signore ha dato al giovane ricco: “Se vuoi essere perfetto…”. Ma forse stiamo facendo avere a questo testo troppe implicazioni.

La contraccezione è allora permessa o proibita?

Come abbiamo visto, l’esortazione promuove i “metodi naturali” di pianificazione familiare, e più in generale si riferisce almeno cinque volte alla Humanae Vitae. Quando analizziamo i testi e il loro contesto, tuttavia, vediamo che questa promozione e questi riferimenti sono sempre fatti da un punto di vista specifico, e i termini “permesso” o “proibito” non vengono mai usati.

L’esortazione non presenta né nella parte dottrinale né in quella pastorale i “metodi naturali” come gli unici metodi “autorizzati”, e seleziona attentamente i criteri che devono portare a privilegiare un metodo rispetto a un altro. Nell’esortazione, inoltre, non troviamo avvertimenti, condanne o divieti di metodi che non siano quelli “naturali”. Non può sicuramente trattarsi di una svista, e ancor meno di uno scivolamento verso un qualsiasi relativismo morale, una posizione che papa Francesco condanna:

Oggi è facile confondere la genuina libertà con l’idea che ognuno giudica come gli pare, come se al di là degli individui non ci fossero verità, valori, principi che ci orientino, come se tutto fosse uguale e si dovesse permettere qualsiasi cosa (34).

No. Il Santo Padre non sostiene in alcun modo lo slogan “proibito proibire”. Per averne una prova, leggete la condanna dell’aborto (e dei metodi contraccettivi abortivi), toccante quanto ferma. Francesco sa come mettere i puntini sulle “i”, come non scendere a compromessi e condannare e proibire quando è necessario:

È così grande il valore di una vita umana, ed è così inalienabile il diritto alla vita del bambino innocente che cresce nel seno di sua madre, che in nessun modo è possibile presentare come un diritto sul proprio corpo la possibilità di prendere decisioni nei confronti di tale vita, che è un fine in sé stessa e che non può mai essere oggetto di dominio da parte di un altro essere umano. (…) Perciò “a coloro che operano nelle strutture sanitarie si rammenta l’obbligo morale dell’obiezione di coscienza” (83).

Va notato il deciso promemoria dell’obbligo morale all’obiezione di coscienza.

Non è in discussione quando si parla di contraccezione.

Si può poi notare che anche su argomenti “difficili”, su cui i media non aspettavano altro che di lanciarsi, il papa non ha esitato, sostenendo allo stesso tempo una maggiore apertura nell’assistenza pastorale, per confermare la sostanza delle salde posizioni della Chiesa. Ecco qualche esempio a cui possiamo far riferimento:

Sui matrimoni misti: […] la condivisione dell’Eucaristia non può essere che eccezionale e, in ogni caso, vanno osservate le disposizioni indicate.

Sulle unioni omosessuali: […] non esiste fondamento alcuno per assimilare o stabilire analogie, neppure remote, tra le unioni omosessuali e il disegno di Dio sul matrimonio e la famiglia. Non è accettabile che le Chiese locali subiscano delle pressioni in questa materia…

Sul divorzio: Il divorzio è un male.

Sulla pena di morte: la Chiesa rigetta fermamente la pena di morte.

Se il Santo Padre avesse voluto condannare formalmente o semplicemente mettere in guardia contro l’uso della contraccezione l’avrebbe fatto, ma non è stato così. Dall’altro lato, non ha detto formalmente che l’uso della contraccezione non è più proibito, ma è facile comprendere perché su questo argomento Francesco rifiuti di essere intrappolato nella logica del “permesso” e del “proibito”. I tomisti diranno giustamente che il papa vuole sostituire la “legge morale” con la “virtù morale”, la crescita della grazia.

In tutta l’onestà intellettuale basata sulla fede, sembra quindi legittimo concludere questa breve revisione critica dicendo che l’esortazione apostolica Amoris Laetitia segna non l’abrogazione ma l’eliminazione, implicita ma reale, del divieto assoluto della contraccezione per le coppie cattoliche.

Capire cos’è in ballo

Per discernere l’obiettivo ma anche i limiti di quello che è un cambiamento in uno spirito di continuità, dovremmo tener conto del fatto che la Amoris Laetitia è rivolta in primo luogo ai pastori, ai quali il Santo Padre dà linee guida e direttive. Quando dice cosa si dovrebbe o non si dovrebbe fare, usa spesso la parola “noi”. Sul controllo delle nascite, le sue linee guida pastorali sono tanto brevi quanto chiare: il controllo delle nascite non è una questione in sé, le coppie dovrebbero essere accompagnate, rispettando e favorendo l’unione della loro vita di modo che possano “costruire famiglie solide e feconde secondo il piano di Dio” (6). Come parte di questa missione con le coppie sposate, i pastori non devono trarre “conclusioni eccessive da alcune riflessioni teologiche” (2) e non dovrebbero mai dimenticare che spetta in ultima analisi agli sposi, insieme, compiere le proprie scelte e compierle davanti a Dio, tenendo conto in primo luogo del bene della loro comunità di vita e d’amore. Quest’ultimo punto è nuovo ed essenziale, ed implica il fatto che in certe circostanze sia legittimo che il bene della comunità di vita e d’amore abbia la precedenza su eccessive conclusioni teologiche che sottolineano in modo quasi esclusivo il dovere della procreazione (36).

In questo modo, l’esortazione mette in guardia contro le compensazioni dovute al clericalismo:

Stentiamo anche a dare spazio alla coscienza dei fedeli, che tante volte rispondono quanto meglio possibile al Vangelo in mezzo ai loro limiti e possono portare avanti il loro personale discernimento davanti a situazioni in cui si rompono tutti gli schemi. Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle (37).

In breve, quando nella sua esortazione apostolica Amoris Laetitia papa Francesco affronta la questione del controllo delle nascite, non è mai in termini di “permesso” o “proibito”, ma in termini di incoraggiamento, giudizio in coscienza e, se necessario, di una via da seguire, saldamente radicata nella realtà verso una perfezione evangelica attraverso l’amore coniugale.

Questo apre la porta a una pastorale positiva, accogliente, che rende possibile un approfondimento graduale delle esigenze del Vangelo (38).

Un insegnamento audace che porta profeticamente all’ecumenismo

Sulla Humanae Vitae, il patriarca di Costantinopoli Atenagora I, amico di Paolo VI, affermò che capiva e approvava pienamente la profonda intenzione dell’enciclica, ma vi rinveniva dei dettagli che invadevano in modo superfluo la sacra intimità degli sposi. Per quanto riguarda il controllo delle nascite, le Chiese orientali ricordano prevalentemente ai loro seguaci il significato dell’amore vero e la sua fecondità naturale e soprannaturale, ma lasciano la scelta dei metodi (non l’aborto, ovviamente) al consenso degli sposi. Per illustrare questo atteggiamento pastorale, nella formazione dei sacerdoti viene ricordato un adagio tradizionale: “Quando la coppia si ritira nella stanza nuziale, tutto quello che fa in nome del rispetto reciproco e dell’amore è santo, e non è affare dei chierici”.

Nella sua esortazione apostolica, papa Francesco spera che le sue riflessioni teologiche e pastorali sul matrimonio e la famiglia promuovano una vera riconciliazione con i nostri fratelli separati delle Chiese orientali, ed è sicuramente fondamentale che in questa questione cruciale in cui l’insegnamento viene soffocato dallo spirito del mondo la Chiesa respiri con entrambi i suoi polmoni. Possiamo dire che ora si presenta l’occasione e che è un bene che alla preghiera di Gesù “Siano una cosa sola” si risponda su un aspetto importante della dottrina sul matrimonio. I cristiani di buona volontà non potranno che gioirne.

E stiamo davvero gioendo! Per concludere sulla questione della procreazione responsabile, l’esortazione apostolica sottolinea la priorità pastorale di non uccidere la gioia, perché la fecondità dell’amore non è un problema, ma una grazia e un’opportunità. È per questo che

va evidenziato sempre che i figli sono un meraviglioso dono di Dio, una gioia per i genitori e per la Chiesa. Attraverso di essi il Signore rinnova il mondo (222).

E per finire:

Si tratta di far sperimentare che il Vangelo della famiglia è gioia che“riempie il cuore e la vita intera” (200, citazione dalla Evangelii Gaudium)

 

[Traduzione dall’inglese a cura di Roberta Sciamplicotti]

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